Una delle dinamiche di maggior rilievo nel mondo islamico contemporaneo è il confronto/scontro, fra quelli che potrei definire islam locale e islam globalizzato.

Mi spiego meglio. L’islam si è installato in diverse aree del mondo da secoli e, in ogni luogo, ha incontrato una situazione diversa, con la quale ha dialogato o si è scontrato. Un processo che, se guardiamo ad altre grandi religioni, appare più che normale.

Negli ultimi decenni – escludendo i vari prodromi di cui sarebbe lunghissimo parlare – questo islam “tradizionale”, collegato alle realtà territoriali e radicato nelle diverse società,  è minacciato da un altro islam – molto più forte economicamente e politicamente – che arriva attraverso canali non “canonici”, ad esempio le televisioni satellitari o le varie “agenzie” dei paesi del Golfo che si occupano di carità, sviluppo, educazione, finanza e anche politica.

I contenuti di questo islam “globale” sono, nel migliore dei casi, scollegati dalla realtà locali. Di fatto promuovono un vera e propria re-islamizzazione basata su canoni allogeni. E’ il caso della querelle sul niqab in Egitto, di cui ho trattato, in cui in gioco non era tanto la liceità o meno di un uso, quanto il fatto che quell’uso – tradizionalmente estraneo all’Egitto – poteva venire erroneamente inteso come un elemento di maggiore ortodossia.

Talvolta queste “agenzie” – in puro stile vetero-wahhabita – mirano scientemente all’eliminazione della tradizione locale e all’istallazione di un nuovo islam. Soprattutto se questa tradizione locale è forte, strutturata e compete sul piano politico.

E’ il caso della Somalia, dove è ormai da tempo sotto gli occhi di tutti la natura internazionale di diversi partiti islamici estremisti che prendono parte al conflitto, ad esempio lo Shabab (si veda ad esempio questo articolo).

Ma in Somalia – e questa è la notizia – una componente fondamentale dell’islam locale, i sufi, ha imbracciato le armi per opporsi alla deriva fondamentalista.

Si tratta di un altro “partito di ispirazione islamica”, l’Ahlus Sunnah Wal-Jama’at, ma questa volta i contenuti sono assai diversi da quelli che siamo ormai abituati a sentire. In una intervista apparsa su Nigrizia di questo novembre, il portavoce del gruppo, Sheik Mohamed Sheik Yusuf, afferma:

Nel nostro paese operano organizzazioni fondamentaliste straniere con diversi scopi, il primo dei quali è la creazione di uno stato islamico fondamentalista in Somalia. Queste milizie considerano gli islamici moderati dei traditori della parola del Profeta, mentre sono esse stesse a male interpretare il Corano. Hanno bruciato le nostre case, profanato le nostre tombe, ucciso i nostri fedeli. Abbiamo deciso di combattere per difendere le nostre vite, la nostra libertà religiosa. Il fondamentalismo islamico è un elemento estraneo alla cultura somala.

Vi consiglio caldamente la lettura dell’intervista.

L’unico dubbio che ho, riguarda il fatto di descrivere Ahlus Sunnah Wal-Jama’at come componente dell’islam moderato.

Appunto, mi sembra migliore la definizione di islam locale. Più analitica e meno soggetta a strumentalizzazioni. D’altronde, come nota quest’altro articolo, gli scontri fra fazioni – a marzo di quest’anno – hanno luogo proprio in occasione del Mawlid, il giorno della nascita del profeta Muhammad, il 1° dell’anno musulmano, una festa “popolare” molto seguita in Africa orientale e le cui celebrazioni – avversate dai jihadisti di oggi come dai wahhabiti storici – sono gestite tradizionalmente dalle confraternite mistiche, cioè i sufi, che da quelle parti appartengono soprattutto alla Qadiriyya e alla Ahmadiyya.

Lorenzo DeclichDoppio veloegitto,globalizzazione,hijab,islam,niqab,radicalismo,somalia,terrorismo,velo
Una delle dinamiche di maggior rilievo nel mondo islamico contemporaneo è il confronto/scontro, fra quelli che potrei definire islam locale e islam globalizzato. Mi spiego meglio. L'islam si è installato in diverse aree del mondo da secoli e, in ogni luogo, ha incontrato una situazione diversa, con la quale ha...