Protesta vs proposta
Fin qui mi sono esercitato, anche con un certo sarcasmo, sulle contraddizioni e le assurdità di questo mio paese al riguardo della “questione musulmana” (vedi qui). E’ ora dunque di proporre qualcosa.L’occasione l’ho avuta commentando il post su un articolo di Khaled Fouad Allam.
Ecco ciò che penso: le strade percorribili sono 2 a mio modo di vedere, tenendo conto che l’esperienza francese non è stata del tutto negativa:
- stabilire una base democratica ampia predisponendo i cicli elettivi di un Consiglio dell’Islam Italiano e chiamando alla partecipazione tutti i musulmani d’Italia;
- attuare una strategia che qualcuno definirebbe di basso profilo ovvero mettere alcuni paletti a livello centrale ispirandosi alla Costituzione della Repubblica Italiana e poi derubricare lo smaltimento delle esigenze specifiche a livello locale, contando sulla buona attuazione della legge ordinaria;
La prima strada, per me, è foriera di fraintendimenti ed errori per un motivo fondamentale: in Italia, oggi, al contrario che in Francia, dove l’integrazione di comunità immigrate è di lunga data, i musulmani italiani sono una percentuale esigua rispetto a tutti i musulmani che vivono in Italia pur non essendo italiani (vedi qui).
La rappresentatività di un Consiglio, dovendo tener conto in prima istanza dei cittadini e non dei residenti, risulterebbe quindi molto esigua.
E i problemi accennati da Khaled Fouad potrebbero divenire insormontabili con il risultato che non vi sarebbe l’emergenza di un islam italiano.
Detto questo, però, c’è da sottolineare che una legge ragionevole sulla cittadinanza potrebbe ribaltare l’analisi rendendo invece utile lo strumento del Consiglio così come l’ho descritto.
Motivo per cui ritengo la prima strada percorribile in progress ovvero qualora una legge sulla cittadinanza si faccia e nel momento in cui inizi a produrre un qualche risultato reale.
La seconda strada, invece, avrebbe il vantaggio dell’elasticità proprio rispetto alle diverse configurazioni delle comunità musulmane di oggi.
Ovviamente si dovrebbe puntare sulla capacità e la volontà delle comunità di auto-organizzarsi e di presentarsi presso le istituzioni con le credenziali richieste e con richieste che non aggirino o offendano in principi stabiliti a livello centrale.
Facciamo l’esempio degli imam. Se una comunità di musulmani è principalmente composta di cittadini marocchini e registrata come tale l’imam della moschea sarà quasi sicuramente marocchino e malikita.
In questo caso “le credenziali” che questo individuo dovrà mostrare di avere sono diverse da quelle che invece dovrà mostrare un Pallavicini nella sua moschea del Co.Re.Is.
Ed è certamente la comunità di cui fa parte, essendo espressione di reali bisogni, che avrà in sé gli strumenti per giudicare questa persona un imam degno di essere tale o meno.
Questo sistema avrebbe fra l’altro il merito di far emergere comunità reali e non immaginarie o immaginate da Consulte e Comitati. E “far emergere” significa anche “portare alla luce”, “mettere in chiaro”, “rendere trasparenti” quelle realtà.
Attraverso gli adeguati controlli e un monitoraggio su base scientifica il gioco è fatto: niente allarmi, niente abusi, solo un islam d’Italia che evolve e matura insieme all’Italia stessa.
E qui veniamo al nocciolo del problema: l’Italia è in grado di fare tutto questo? Un’operazione del genere richiede infatti un’amministrazione e un senso civico sviluppati, se non maturi, e l’Italia non può definirsi esattamente un paese ben amministrato e maturo dal punto di vista civico.
D’altra parte le scorciatoie sono inutili e dannose. Fare gli “imam di Stato” oggi, ad esempio, non farebbe che generare doppi binari e, sostanzialmente, poltrone.
Ma noi possiamo far meglio di paesi dove la democrazia non c’è.
Il primo passo, per chiudere, è creare un dispositivo, valido per tutti, che garantisca, coi parametri della democrazia e nell’ambito della Costituzione, l’emergenza di realtà auto-organizzate.
E questa sarebbe una buona notizia non solo per i musulmani.
https://in30secondi.altervista.org/2010/02/18/protesta-vs-proposta/In 30 secondicomitato per l'islam italiano,consulta per l'islam in italia,coreis,islam,italia,khaled fouad allam,musulmani
Delega alle comunità per la nomina degli imam che più li aggradano, e applicazioni delle leggi contro chi istiga a qualsiasi reato reale. E, magari, “corsi di formazione”, gruppi di incontro periodici (regionali, provinciali) per creare un dialogo fluido tra imam e stato laico. Non consulte religiose, ma al massimo consulte con personalità carismatiche e con leader di comunità, tutte, per discutere seriamente di integrazione lasciando da parte religioni ed altre questioni effimere.
Secondo me è l’idea di creare un “islam italiano” a essere in sè problematica: chi si lascia plasmare la propria religione da altri? All’interno della stessa chiesa, pur gerarchizzata da 2 millenni, esistono decine di modi di intendere le cose, ed il panorama si sta ancor più frammentando (fino alle religioni personali). Imporre un’unica linea, oltre ad essere velleitario, non fa che alimentare appunto le religioni da garage, che si alimentano a partire dal senso di esclusione (“manco in moschea siamo liberi”) e generano, forse, anche il “terrorismo”.
E poi, perchè concentrare il focus dell’integrazione sul discorso religioso (il più fluido e il più spinoso dal quale prendere la questione integrazione), creando “riserve indiane” e puntando tutti i riflettori su una – tra le tante – confessioni religiose? E’ davvero necessario?
Esatto :D
Ripropongo qui un commento che ho lasciato erroneamente ad un altro post, ma che aveva effettivamente più a che fare con questo.
Personalmente credo che le elezioni siano il modo migliore per eleggere i rappresentanti dell’Islam italiano. Sicuramente migliore di quello scelto da Maroni, dato che questo suo nuovo consiglio tutto ha dentro tranne che persone riconosciute essere attive a livello generale islamico (tranne Redouane, che conosco di nome ma del quale poco so a proposito delle attività in seno alla comunità) e arbitrariamente corrette (Panella che parla di Islam??? Ma per favore…). Magari sarebbe il caso di eleggere questi rappresentanti a livello italiano facendo modo che si candidino solamente coloro che hanno la cittadinanza, dato che questo requisito indica una permanenza sufficiente sul territorio tale da poter conoscere bene la realtà del paese. Marocchini, albanesi, pachistani o no a me, italiana, non interessa. L’importante è che siano corretti, e che siano persone oneste e praticanti. E che ci siano anche donne. Perchè i problemi più grandi sul territorio li abbiamo proprio noi. Aisha.
Il fatto è che i musulmani che risiedono in Italia sono in grandissima maggioranza non cittadini…
Vedo davvero complicata la proposta 1, per diversi motivi.
1. Come hai già fatto notare, molti musulmani residenti in italia non sono cittadini
2. Molti dei cittadini italiani che sono musulmani non sono registrati come tali in quanto convertiti.
3. Molti NON vogliono registrarsi come tali, data l’aria anti islamica che tira (e ne conosco diversi così)
4. Lo stato non ha alcuna intenzione di fare un censimento della religione dei suoi cittadini. Non sia mai che si scopra che i cattolici non sono il 97% come dichiarato
5. Secondo te se, per esempio, gli sciiti essere una minoranza tale da non avere rappresentanti, accetterebbero volentieri la situazione? Anche un gruppetto di una decina di persone deve potersi scegliere il rappresentante come meglio gli aggrada.
Per questo opterei, pur con molti dubbi, per la seconda ipotesi.
Dubbi o timori? L’operazione presuppone un impegno da parte dell’amministrazione italiana che forse non è in grado di sopportare…
Allora, se non i cittadini, meglio sarebbe far votare chi è sul territorio da tot anni. Non è giusto che un organismo governativo decida per una comunità che dimostra ogni giorno di più di non conoscere, nonostante noi si faccia mille e mille sforzi per cambiare la situazione…