Rambo e i suoi fratelli
Visto che il mio precedente post ha suscitato dibattito, ve ne propongo un altro, molto più leggero.
Per par condicio si parlerà del problema delle trascrizioni di nomi occidentali in arabo. Problema altrettanto grave che ci riguarda marginalmente, ma che va affrontato. Se infatti si vuole che gli arabi stessi si preoccuppino di come trascrivere correttamente i loro nomi in carattarei latini (non dico in una lingua specifica), la preoccupazione dovrebbe essere biunivoca.
Sennonché anche qui agli arabi (e di riflesso ai non-arabi) il problema appare di semplicissima soluzione: i nomi stranieri si trascrivono come si pronunciano, senza ovviamente tener conto delle astruse grafie “etimologiche” di inglese e francese, ad esempio. L’unico problema è semmai che l’arabo, che possiede una serie estesissima di fonemi tutti suoi, non possiede invece alcuni dei fonemi delle altre lingue (per l’italiano ad es. p, v, ci, gni, gli), per non parlare di grafemi atti a trascrivere tutte le vocali.
Vi farò solo un esempio, forse anche divertente.
No, non il famoso biju, che non sono i bijoux francesi, bensì il pick-up più diffuso (fino a qualche anno fa) nei paesi arabi, ossia il Peugeot.
Il caso è un altro.
Quando visitai Aden, venni a sapere che Arthur Rimbaud, dopo aver pubblicato i suoi capolavori, a poco più di vent’anni lasciò la Francia per l’Oriente, dove fra le altre cose provò a vendere armi a bellicosi arabi e abissini, e risiedette per diversi anni proprio a Aden.
La mia Lonley Planet assicurava che il governo yemenita si era ripromesso di restaurare la casa dove il poeta visse per farne un museo o un memoriale.
Ma quando la trovai, l’insegna, molto colorata, diceva funduq rāmbū.
Che si potrebbe tadurre come “Hotel Rambo”. O forse “Hotel Rainbow” (arcobaleno)?
Ma no! Ma certo: è la pronuncia “corretta” di Rimbaud, che io nella mia ignoranza ho sempre pronucniato “rimbò” o “rembò”, ma che come spiega wikipedia, figura più o meno così: ræmboʊ, o, alla francese, ʁɛ̃bo.
A parte la barzelletta, guardate come l’insegna accanto riproduce (in caratteri latini) il nome dell’hotel per la caffetteria.
D
PS. Trsitezza delle tristezze o felicità delle felicità: dalla pagina dove ho trovato questa immagine sembrerebbe che questa casa sia in vendita!
https://in30secondi.altervista.org/2010/05/11/rambo-e-i-suoi-fratelli/https://in30secondi.altervista.org/wp-content/uploads/2010/05/maisonaden_1x22.gifhttps://in30secondi.altervista.org/wp-content/uploads/2010/05/maisonaden_1x22-150x119.gifPer la precisioneaden,arabo,Rimbaud,traslitterazioni
Anche via ‘Shamboliun” (che sarebbe Champollion) al Cairo non e’ male.
P.S. ingrandisci l’immagine che non si legge una mazza.
@Falecius: così è meglio? in ogni caso, segui il link e troverai un po’ di immagini…
D
Si, adesso va meglio grazie.
Interessante che sia in vendita (se è vero…) visto che nel 1995 i Ministeri della Cultura francese e yemenita hanno dato ufficialmente alla Casa Rimbaud il titolo di “spazio per il dialogo culturale”, in cui poeti e intellettuali potessero incontrarsi e sviluppare attitudini comuni. Durante un ciclo di seminari ivi svoltosi il poeta ‘Abed al-Amir sottolineava questo nuovo carattere di identità multiculturale e il ruolo della poesia come valore universale con le parole: “Non è francese, non è yemenita, è Bayt aš-ši‘r, la Casa della Poesia.
Non saprei confermare la notizia che sia in vendita (è quello che dice il link che ho segnalato).
Tuttavia, io l’ho visitata nel 2000 e non aveva nulla della Bayt aš-ši‘r: era un bellissimo albergo, restaurato in maneria anche un po’ kitsch, alquanto deserto data la cronica bassa stagione, e l’attrazione delle attrazzioni, ossia la stanza in cui dormiva Rimbaud era un ripostiglio in cui alloggiavano le cameriere…
Son passati dieci anni, mi piacerebbe sapere cosa ne è ora…
D
e pensare che adonis ha dedicato un saggio a rimbaud… che tristezza