Amo leggere Slavoj Zizek.

Talvolta non sono d’accordo con le sue analisi e talvolta mi infastidisce con le sue frasi un po’ criptiche (specialmente quando parla in lacanese), ma in genere trovo nei suoi scritti un respiro che altrove manca e che mi indirizza verso nuove riflessioni.

In questo “L’eredità dimenticata della cultura europea“, ad esempio, Slavoj ci ricorda che:

Ciò che fa dell’Europa moderna un elemento unito è che essa è la prima ed unica civiltà nella quale l’ateismo è stato interamente un’opzione legittima, e non un ostacolo all’adempimento delle funzioni pubbliche.

Mentre nel suo “Dalla tragedia alla farsa” osserva che:

Il capitalismo è il primo ordine socio-economico che de-totalizza il significato: non è globale in quanto a significato (non c’è una “concezione del mondo capitalista” globale. non c’è una “civiltà capitalista” in senso proprio; la lezione fondamentale della globalizzazione è precisamente che il capitalismo può adattarsi a ogni civiltà, da quella cristiana a quella induista o buddista). La dimensione globale del capitalismo può essere formulata solo in quanto a verità-senza-significato, cil il “Reale” del meccanismo di mercato globale. Il problema qui non è, come afferma Sorman, che la realtà è sempre imperfetta e che le persone hanno sempre bisogno di vagheggiare una perfezione impossibile. Il problema è il significato, ed è qui che la religione sta ora reinventando il suo ruolo, riscoprendo la sua missione di garantire una vita dotata di senso a coloro che prendono parte al funzionamento privo di senso della macchina capitalista.

Questo pensiero, fondamentale per capire di cosa parlo quando parlo di islamercato, “suona” bene con l’articolo di Oliver Roy che segnalavo qualche giorno fa sui nonsense del conflitto di civiltà e sul revival religioso come prodotto e strumento della globalizzazione.

Ai maratoneti di “Tutto in 30 secondi“, contestualmente, consiglio la rilettura di “Se l’islam è un mercato (2)“.

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Amo leggere Slavoj Zizek. Talvolta non sono d'accordo con le sue analisi e talvolta mi infastidisce con le sue frasi un po' criptiche (specialmente quando parla in lacanese), ma in genere trovo nei suoi scritti un respiro che altrove manca e che mi indirizza verso nuove riflessioni. In questo 'L'eredità dimenticata...