Oggi Il Giornale esce con un articolo sul lavoro del Comitato per l’Islam Italiano che assomiglia più a un messaggio cifrato che a un servizio informativo.

Certo, non ci si può aspettare correttezza da Il Giornale

Ma chiarezza sì, e questo articolo – a causa dei troppi omissis resi obbligatori dall’intento propagandistico del pezzo – finisce per divenire illegibile.

Passo al commento interlineare:

Sembrava una leggenda, quella dell’islam moderato. Invece sia sul piano sociale sia su quello istituzionale, sta diventando una realtà sempre più radicata.

Non sembrava una leggenda, o perlomeno: le due destre italiane ambiguamente saltellavano attorno al concetto di “islam moderato” (peraltro di difficile definizione), talvolta affermando “non può esistere un islam moderato” (Magdi Allam version) ed altre che “l’islam moderato è l’antidoto all’islam radicale” (Sbai version). Di fatto “islam moderato” è un concetto politico e non religioso. L’avvento di un “islam moderato” sul piano sociale e istituzionale indicherebbe la presenza di un islam politico organizzato in Italia. La qual cosa non mi risulta. O meglio: l’unico “islam moderato” italiano nel senso di una organizzazione islamica con intenti politici dalle intenzioni (realmente o apparentemente) pacifiche è – comunque la si giudichi – l’Ucoii (vedi oltre).

Se fino a pochi mesi fa era un gruppo di intellettuali laici a proporre idee e iniziative culturali, slegate dall’associazionismo tout court e lontane anni luce dal radicalismo di certe moschee, oggi i musulmani moderati si organizzano sul territorio; aprono sedi dove discutere strategie e partecipano attivamente alle politiche di quei centri per l’immigrazione in cui l’islam politico ha attinto con successo per quasi dieci anni.

Bene, racconta.

«È in atto una ristrutturazione in questo campo», spiega al Giornale Gamal Bouchaib, presidente del Movimento musulmani moderati, che vanta oltre 250 adesioni nonostante sia nato appena due mesi fa.

Le adesioni del Movimento musulmani moderati sono più o meno ferme dal 29 Dicembre 2009, data di fondazione del movimento (fonte), a oggi. Da dicembre a giugno passano 5-6 mesi, a quanto mi risulta, non 2.

Insieme con altri esperti, Bouchaib sta lavorando alla realizzazione di quelle che, inizialmente, sembravano soltanto delle ipotesi; come la creazione di un albo degli imam o il censimento delle moschee presenti sul territorio italiano, che invece sembrano essere in via di definizione.

Entrambe – condivisibili o meno – sono strategie ben conosciute a livello italiano ed europeo. Invece di presentarle come grandi iniziative visionarie sarebbe il caso di entrare nel merito e capire “come” le si intende realizzare.

Nei primi giorni di luglio, infatti, il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, dovrebbe convocare la seconda riunione del Comitato per l’islam italiano.

Bene, una notizia, finalmente.

Un organismo in cui, a detta dei membri, si riesce a lavorare «con serenità».

Una serenità così patente che Mario Scialoja, uno dei suoi membri, come scrive anche Karima Moual, si è dimesso a soli due mesi dalla sua costituzione.

Dunque che cosa è cambiato rispetto al passato? Il Viminale ha sostituito il criterio della rappresentanza con quello della «competenza» per arrivare a delle proposte utili per tutti.

Competenza? Scialoja si è dimesso proprio per protestare contro l’incompetenza dei membri del Comitato.

Alcuni intellettuali hanno attaccato il Comitato, ma ad oggi sembra essere l’unico organismo in grado di fare delle proposte realizzabili nell’interesse della comunità.

Bene, noto che le ragioni di questi intellettuali sono spiegate con cura. Il Comitato è “l’unico in grado…” solo in quanto è l’unico esistente.

«Ad esempio – dice Gamal Bouchaib, membro interno – non possiamo più tollerare la modalità esagerata con cui si continuano ad aprire moschee. Negli ultimi anni c’è stato un aumento inflazionato e abbiamo concluso che l’andamento non può più mantenere questa crescita, perché non dà una sua dignità neppure al culto, non si può pregare in un buco».

Il problema, lo ripeto, è sul metodo, non sul merito: con quali criteri censirete le moschee?

Una frase condivisa da quasi tutti i membri, che sembra allontanare i dubbi espressi dall’ambasciatore Mario Scialoja, il quale aveva evidenziato la laicità eccessiva di alcuni componenti del Comitato. L’accusa sembra però superata, «e se la proposta di scrivere un albo delle moschee andrà in porto sarà il primo passo verso l’autonomia dei musulmani», dice Bouchaib.

Questo periodo è privo di senso.

Il ministero dell’Interno monitora lo stato delle cose ed è consapevole di quel che è accaduto finora.

Il Ministero è consapevole. Il Ministero dice un po’ “I understand”, come il protagonista di “Oltre il giardino

Dell’empasse in cui è finita la Consulta islamica istituita nel 2005, al tentativo fallito di dare vita a una rappresentanza della comunità musulmana.

I tentativi non sono falliti. Sono stati fatti fallire (leggi tutta la storia seguendo i miei post in merito, il primo in ordine di tempo è l’ultimo della lista).

Ecco perché il lavoro che stanno svolgendo gli esperti diffonde ottimismo.

Aridaje con questi esperti.

Non si vogliono bandire le moschee,

Ah, ecco…

ma dare la possibilità di gestire un luogo di culto nel rispetto delle leggi e dei canoni urbanistici di ogni Regione, Provincia o Comune.

Vabbene. Questo, come dicevo, è assolutamente auspicabile. Ed aspettiamo da troppo tempo ormai.

Questi sono i criteri che compariranno nel prossimo documento del Comitato, che porrà l’attenzione anche sulla provenienza dei finanziamenti alle moschee.

Bene, aspettiamo i documenti.

Gradualmente, anche i moderati stanno trovando radicamento nelle città. Non amano le moschee, ma dicono: «Stiamo cercando di dislocare su tutto il territorio dei centri dei moderati perché puntiamo a trovare l’unità anche sotto l’aspetto dello statuto». Per aderire bisogna infatti accettare un documento, che i membri del movimento stanno promuovendo di città in città attraverso i centri polivalenti di immigrati, «con cui stiamo cercando di collaborare per ottenere più consenso possibile».

Vedi sopra.

Consenso significa allontanare i musulmani dalle moschee gestite dall’Ucoii, circa 130 su 735.

L’articolo non spiega che cosa sia l’Ucoii. Si tratta dell’organizzazione di musulmani  più importante e rappresentativa d’Italia. La precedente “Consulta” di fatto fallisce perché si è voluto estromettere l’Ucoii da essa in quanto organizzazione definita “radicale” (vedi nei post che ho linkato in precedenza, anche sulla radicalità dell’Ucoii). Quanto a quel “130 su 735” non sappiamo davvero nulla, ma sta di fatto che qui il giornalista non può dire: “stiamo creando della fuffa per mettere questi nostri amici in condizione di sembrare legittimati a parlare di islam italiano”, quindi si mette un po’ a svisare, depistando l’attenzione.

Esistono infatti delle moschee autonome che non aderiscono più all’Ucoii – spiega Bouchaib –. Stiamo cercando di collaborare con tutti, anche con loro».

Questi sono dei repetita, i quali però non iuvant: quel delle moschee non corrisponde con il dato (130 su 735) fornito in precedenza.

Si badi bene, qui io non sto perorando la causa dell’Ucoii, non mi interessa proprio (altrove ho spiegato il mio punto di vista). Sto solo cercando di spiegare l’operazione di lobbying de “Il Giornale”.

Non aderire allo statuto, vuol dire che stanno cercando un’altra modalità di approccio alla società.

Non ho capito.

Le proposte che il Comitato per l’islam italiano sta portando avanti con una certa concretezza vanno anche a toccare il ruolo degli imam. La formazione dovrà essere strutturata all’interno delle università italiane, arricchendo il modello di studi.

Qualcuno mi spieghi cosa significa “arricchire il modello di studi”

Corsi, master all’interno delle università.

Ah… e chi insegnerebbe ai futuri imam?

Non più sconosciuti provenienti da chissà dove.

Sì, sconosciuti proprio come gli estensori dell’articolo de “Il Giornale” che, ovviamente, è firmato “redazione”.

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Oggi Il Giornale esce con un articolo sul lavoro del Comitato per l'Islam Italiano che assomiglia più a un messaggio cifrato che a un servizio informativo. Certo, non ci si può aspettare correttezza da Il Giornale Ma chiarezza sì, e questo articolo - a causa dei troppi omissis resi obbligatori dall'intento...