Nel dibattito accesosi sulla minaccia di roghi di libri e la messa in atto di proteste violente contro tale minaccia, sono uscite riflessioni spesso a sproposito (fra l’altro e se ne è parlato qui e qui e altrove), oltre ad esser state messe in giro, volontariamente o involontariamente, vere e proprie falsità.
Falsi ideologici si direbbe in avvocatese.
E qui infatti voglio impostare un discorso che forse mi attirerà gli strali di molti, ma che può essere un modo “trasversale” per guardare a certi fatti. E che, perdonatemi, richiederà più di 30 secondi.

Da oltre un decennio è stata messa in giro la favola dello “scontro di civiltà” che vedrebbe opposti Occidente e Islam, grandezze fra l’altro non omogenee.
E abbiamo più volte ribadito di non credere a questo scontro. Ma proviamo a cambiare terminologia e proviamo a parlare di “scontro fra ideologie“.
Intendendo qui con ideologia un complesso di valori e costruzioni intellettuali che avvolgono e fomentano quello che è il vero scontro, la cui natura, in genere, è politica e/o economica.

Non c’è dubbio che, ad esempio, ai tempi della guerra fredda lo scontro era principalmente politico fra due blocchi facenti capo a USA e Russia, ma vi era anche un forte scontro fra ideologie — capitalismo e socialismo — di portata quasi planetaria.

L’idea che voglio introdurre è che non di rado anche le religioni possono trasformarsi in ideologie. E che in quest’ottica si possono avere scontri fra ideologie anche religiose.

Ora qual è l’ideologia dell’Occidente che si starebbe scontrando (con una qualche altra ideologia)?
A mio avviso le ideologie che contraddistinguono il cosiddetto “Occidente” sono il capitalismo e la democrazia rappresentativa (con il suo corredo di diritti umani e civili).

Concentriamoci su uno degli aspetti di queste ideologie: la libertà di espressione.
Per le democrazie occidentali è praticamente un dogma.
Un dogma con le sue eccezioni (a volte l’ideologia dominante vieta o osteggia l’espressione di un’ideologia avversa). Un dogma con le sue contraddizioni (pensate a una specie di stringa g di Goedel: è teoricamente possibile esprimere un’opinine blasfema rispetto al dogma stesso?). Ma pur sempre un valore indiscutibile e incontestabile.

E questo si riflette, giustamente, anche sulla libertà di espressione religiosa, anch’essa divenuta “sacra”. Ciò porta a una incredibile e incontrollabile proliferazione delle “chiese autocefale” — per usare un termine dell’ortodossia cristiana — dalle posizioni più variegate. Ho provato a contare ad esempio le sette di derivazione cristiana nate e diffusesi negli USA negli ultimi due secoli, ma è peggio che contare le pecore. Il dato importante è che se in totale raggiungono una buona percentuale di coloro che si definiscono cristiani, raramente ciascuna di esse supera l’un per cento di coloro della popolazione americana.

A questo punto bisogna fare una parentesi storico-religiosa. Il proliferare delle chiese “personali” è un effetto alla riforma protestante del XVI sec.. O forse no. Si può infatti sostenere che l’idea di un cristianesimo che delega a un unico vertice giudicante e interpratante [le scritture], ossia l’idea di un clero gerachizzato e sacramentalizzato, sia esclusiva del cattolicesimo romano.
Tutte le altre religioni monoteistiche non lo conoscono. Nemmeno l’ebraismo (almeno dalla distruzione del tempio in poi non si hanno più “sacerdoti” ma solo “maestri”), e nemmeno l’islam (dove si hanno solo imam o shaykh). Per loro natura, queste religioni sono in sé profondamente democratiche, sul piano umano.

E veniamo ora al punto: Parsi si chiede “Ma quanti «reverendi Jones» ci sono nel mondo islamico e quanto grande è il loro seguito?” (vedi qui).
La domanda è giusta, ma contiene una dose di retorica che distorce la prospettiva. Perchè in USA ci sono tanti «reverendi Jones» che sono capi della propria chiesa personale e che possono esprimere la loro religiosità grazie alle libertà democratiche (e fiscali) garantite dal “regime democratico”.
Ma per altre ragioni anche nell’islam vi sono miriadi di imam e, in un certo senso, di madhhab (oltre ai quattro ufficiali).
Nell’islam, infatti, la libertà di espressione religiosa è molto ampia. Si può dire che abbia gli stessi limiti della libertà di espressione nella democrazia (ossia, basta che non sia blasfema). E anche lì la validità di una “scuola” o “corrente” è fondamentalmente data dal numero di seguaci che riesce ad affiliare all’ideologia che producono.

Ideologia, per l’appunto, non religione in senso stretto.
A volte si tratta di ideologie violente, settarie, esclusiviste, millenariste, a volte sono estremamente spiritualiste, popolari, pacifiste, riformiste.

Quanti sono i seguaci dei vari «reverendi Jones» che esistono in Occidente e nel Mondo Islamico?
Probabilmente pochi rispetto a quanti invece si riconoscono in altre correnti o in altre chiese (o madhhab) più consistenti. Solo che quelli che fanno più rumore, chissà perché, sono i più estremisti.

Una delle conseguenze di questo ragionamento sembra infatti essere che “la democrazia, o la libertà di espressione, genera estremismi”. Ma attenzione a fare il passo successivo.

Eppure c’è un altro tipo di «reverendi Jones» che è prodotto sì dalla ideologia democratica ma da quella laica. E che mi preoccupa maggiormente, proprio perché laica e non ammantata dalla sacralità della religione. E che per questo riesce ad apparire più lucida e più logica.
Ed è quella che fa riferimento a radici culturali, etniche, spesso razziali. E che trasforma i conflitti ideologici in “scontri di civiltà”.
Ma a questo punto mi fermo e lascio a voi il compito di individuarla.

D

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