Ciò che Annunziata non dice
Su “La Stampa”, in “Sakineh dalla pietra alla corda“, Lucia Annunziata ci spiega che la giustizia americana esiste, quella iraniana no:
Non è perfetta, anzi è densa di discriminazioni di classe e di razza. Ma è un sistema che ruota intorno al pieno riconoscimento dei diritti del cittadino e ampio equilibrio di contrappesi perché essi vengano rispettati. Contrappesi interni – il tipo di processo -, ed esterni – la possibilità della opinione pubblica di sapere, conoscere, e dissentire.
Alla fine certo, una pena di morte è una pena di morte. Teresa Lewis e Sakineh hanno davanti a sé la fine della loro vita. Ma, almeno, ai nostri occhi rimarrà la differenza sul dubbio dell’innocenza, fra l’essere vittime o meno: per Teresa sappiamo che ha avuto la possibilità di potersi difendere, per Sakineh siamo certi di no. E siccome la giustizia garantisce (o meno) tutti noi, non è differenza da poco, per tutti noi, sapere di avere una certezza di giudizio nell’incerto mondo in cui viviamo.
Rifletto su 2 cose:
- Teresa Lewis è morta, e il fatto che abbia avuto la possibilità di difendersi non la riporterà in vita. La sostanza della pena di morte è che lo Stato uccide. Io non mi sento affatto sollevato per il fatto che Teresa Lewis ha avuto la possibilità di difendersi, se davvero l’ha avuta. A dir la verità a me questa sembra più una beffa che altro. Un posto civilissimo in cui, però, c’è anche una sola possibilità di essere ammazzati dallo Stato non mi rassicura per niente. In questo tutti i paesi in cui c’è la pena di morte sono uguali;
- Annunziata critica il regime iraniano per il fatto di porsi al di sopra della legge iraniana e, allo stesso tempo, afferma che l’Iran è “barbaro” perché lapida le sue donne.
Ciò che Annunziata non dice è che:
- in Iran c’è uno Stato di diritto. Con le sue storture e brutalità, d’accordo, ma c’è. La stessa Annunziata ricorda che la lapidazione è stata introdotta nel 1983 la qual cosa ci ricorda che uno Stato di diritto è riformabile (in un senso o in un altro);
- il caso Sakineh è evidentemente balzato agli occhi dell’opinione pubblica per motivi di propaganda anti-iraniana. Il regime iraniano ha risposto usando la stessa moneta: propaganda anti-americana.
Ciò non significa che Sakineh non debba essere salvata.
Ma non significa nemmeno che Teresa Lewis possa resuscitare.
Quanto a Lucia Annunziata:
- dimostra di aver fede nell’America (beata lei);
- non fa bene alla causa di chi si batte contro la pena di morte.
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Vedi anche:
https://in30secondi.altervista.org/2010/09/29/cio-che-annunziata-non-dice/In 30 secondiiran,la stampa,lapidazione,lucia annunziata,pena di morte,stati uniti
sentivo Frattini stamattina fare un ragionamento simile (sintetizzo): la giustizia americana si fonda sul diritto “laico-umano” mentre quella iraniana è figlia di una teocrazia di ispirazione religiosa, ergo…
Ma, la battuta nasce spontanea, se non sbaglio nei tribunali americani alle spalle del giudice c’è ancora scritto “in god we trust” e non “la legge è uguale per tutti”.
Sulla certezza della Annunziata, che l’imputata iraniana non si sia potuta difendere, indagherei.
D
Mohammed Mostafaei, il suo avvocato, non ha avuto vita facilissima. Gli hanno arrestato la famiglia. Lui è fuggito in Turchia, dove l’hanno arrestato per immigrazione clandestina… ma alla fine dovrebbe aver trovato rifugio in Norvegia.
In termini generali il problema è che si mischiano continuamente le carte e non si riesce a denunciare “chiaramente” una cosa che è una. La propaganda è brutta per questo.