Il principe al-Walid bin Talal non ci sta.

Compariva come finanziatore della Cordoba House, cioè quel centro culturale con sala di preghiera che tutti si sono affrettati a chiamare “moschea di Ground Zero” e che è presto diventato un casus belli dai contorni raccapriccianti (vedi qui), e lui si affretta a negare.

In effetti la sua relazione con l’imam Feisal Abdul Rauf non riguarda la Cordoba House, ma Muslim Leaders of Tomorrow, un’iniziativa che ha foraggiato con 300.000 dollari attraverso la sua Prince Alwaleed Kingdom Foundation.

Ora il Principe dice (neretti miei):

Sono contro l’istallazione di una moschea in quel posto particolare. E ti dico perché. Per due ragioni: prima di tutto quella gente deve mostrare rispetto, deve apprezzare, deve mostrare deferenza verso la gente di New York e non non deve provare ad agitare le acque dicendo “dobbiamo mettere una moschea in prossimità di Ground Zero […] Sono contro l’istallazione di una moschea lì in rispetto delle persone che lì ancora hanno una ferita aperta.

Più importante è il fatto che la moschea non è nel posto adatto perché una moschea deve stare in un luogo degno. Non può stare vicino a un bar o a uno strip club, non può avere un vicinato che non sia realmente raffinato e buono. L’impressione che ho è invece che questa moschea è stata inserita, quasi strizzata per stare lì. Quindi sono contro (fonte).

Qualche osservazione.

Al-Walid bin Talal dà per assodato che quella gente voglia mettere una moschea là dove i newyorkesi non vogliono perché lì hanno una ferita aperta relativa ai musulmani ma la realtà è molto diversa: i newyorkesi sono divisi sull’opportunità di inserire una sala di preghiera musulmana in un centro culturale di nome Cordoba House. E, a parte il fatto che la divisione è stata montata ad arte essendovi già lì da po’ di tempo una sala di preghiera musulmana, fra i newyorkesi ci sono diverse persone, musulmane o meno, che non hanno nulla contro la Cordoba House. Senza contare che, di fatto, fra quelli che al-Walid chiama “feriti” ci sono diverse famiglie musulmane.

Il Principe, insomma, sembra essere d’accordo con Pamela Geller e i suoi amici islamofobi, compresi i Tea Party: tutti i musulmani sono in qualche modo responsabili dell’11 settembre perché gli attentatori agivano in nome di un dio musulmano.

E la cosa non è assolutamente in contraddizione con le idee portate avanti dal network televisivo di cui al-Walid è secondo azionista (dopo padron Murdoch): Fox News.

Né con la delirante lista dei 500 musulmani più influenti al mondo, di cui è sponsor principale insieme al Re di Giordania e in cui compaiono, insieme a capi di Stato, Re, direttori di università islamiche e Ayatollah, anche Osama bin Laden, Ayman al-Zawahiri, Abu Omar al-Baghdadi e Anwar al-Awlaki.

Né con le attività “benefiche” che al-Walid promuove in tutto il mondo attraverso la sua fondazione.

Fatevi un giro:

Fra i miracolati di al-Walid ci sono anche le seguenti istituzioni universitarie:

  1. Prince Alwaleed Bin Talal Bin Abdulaziz Alsaud Center for American Studies and Research presso l’Università Americana di Beirut;
  2. Prince Alwaleed Bin Talal Bin Abdulaziz Alsaud Center for American Studies and Research presso l’Università Americana del Cairo;
  3. Institute of Arab and Islamic Studies all’Università di Exeter;
  4. Prince Alwaleed bin Talal Centre of Islamic Studies all’Università di Cambridge;
  5. Prince Alwaleed Bin Talal Centre for the Study of Islam in the Contemporary World all’Università di Edimburgo;
  6. Prince Alwaleed Bin Talal Center for Muslim-Christian Understanding all’Università di Georgetown;
  7. Prince Alwaleed Bin Talal Islamic Studies Program all’Università Harvard.

Tutto questo contribuisce alla costruzione di quell’inquietante “islam del potere” raffigurato nella lista, un islam in cui i leader di al-Qaida, essendo sia musulmani che influentidevono comparire (anche se sotto al titolo “radicali”), un islam che misura la propria esistenza in termini di rapporti di forza e quindi ignora del tutto la maggior parte dei musulmani che di forza ne hanno ben poca.

Un islam, e qui passiamo al secondo corno della dichiarazione di al-Walid,  che non si cura dei musulmani quanto del “decoro” delle moschee che va edificando.

Secondo il principe infatti una moschea non deve trovarsi là dove ci sono dei musulmani che desiderano un luogo dove riunirsi, ma in un’area sufficientemente pulita e ampia. Le moschee devono essere santuari, tributi alla ricchezza di qualcuno, testimoni di una immanenza politico-economica e non, come vorrebbe l’imam Abdul Rauf, qualcosa di molto vicino a un mall per musulmani.

Uf. Questa storia della Cordoba House sta diventando davvero straniante.

Da una parte c’è un Abdul Rauf che sposa in tutto e per tutto l’american way of life (vedi qui) e promuove un centroculturalemoschea american style, dall’altra un principe saudita di inaudita ricchezza che spende miliardi per costruire insieme ai suoi amici un neo-islam destrorso fatto di luoghi decorosi e scontri/incontri di civiltà.

E i cari vecchi musulmani, quelli a cui tutto questo non interessa, che fine fanno?

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p.s. Qui in Italia e altrove le spiegazioni del principe sono arrivate mozzate: il secondo e “più importante” motivo, cioè il fatto che una moschea deve stare nel “posto giusto”,  non viene riportato nei lanci di agenzia.

Lorenzo DeclichIslamercatoMille moschee9/11,abu omar al-baghdadi,al-qaida,al-walid bin talal,anwar al-awlaki,ayman al-zawahiri,cordoba house,cordoba initiative,feisal abd al-rauf,ground zero,gulbuddin hekmatyar,Institute of Arab and Islamic Studies,mullah omar,musulmani,new york,osama bin laden,pamela geller,Prince Alwaleed Bin Talal Bin Abdulaziz Alsaud Center for American Studies and Research,prince alwaleed bin talal center for muslim-christian understanding,Prince Alwaleed bin Talal Centre of Islamic Studies,Prince Alwaleed Bin Talal Islamic Studies Program
Il principe al-Walid bin Talal non ci sta. Compariva come finanziatore della Cordoba House, cioè quel centro culturale con sala di preghiera che tutti si sono affrettati a chiamare 'moschea di Ground Zero' e che è presto diventato un casus belli dai contorni raccapriccianti (vedi qui), e lui si affretta...