[Ho ottenuto da K. Selim l’assenso a pubblicare i suoi articoli in italiano come e quando voglio su “Tutto in 30 secondi”. Lo ringrazio. I link sono miei]

L’età della politica

I Magrebini esistono, sì. A dispetto delle frontiere chiuse e sorvegliate spesso con severità. E, diciamolo, si prova addirittura meraviglia quando si pensa a come si è evoluta la situazione in Tunisia. Una rivoluzione democratica seria che sembra essere riuscita a superare il livello della fase violenta: è una cosa che fa sognare.

I Tunisini, e condividiamo il loro dolore, sono in lutto per il centinaio di morti, il prezzo pagato da questo maestoso e irreprimibile movimento della società verso la libertà, la dignità. Il rispetto della vita umana fa sì che anche un solo morto sia di troppo. La storia, sembra, ha esitato un po’ quando i pretoriani di Ben Ali hanno tentato di soffocare la rivoluzione con i saccheggi e la violenza. L’atteggiamento dell’esercito, combinata con una auto-organizzazione della popolazione a livello di quartiere, hanno impedito questo salto verso l’insicurezza generale.

Oggi, il braccio di ferro fra la società e ciò che resta del regime di Ben Ali si svolge sul terreno politico, si può ragionevolmente pensare che i rischi di disordini violenti si siano notevolmente ridotti. E ciò rende meravigliosa questa rivoluzione. Di più per noi, in Algeria, dove dopo il 1988 gli slanci della società verso il cambiamento sono stati repressi a un costo esorbitante. I Tunisini, grazie all’ostinazione dei militanti politici e a una tradizione sindacale che è rimasta intatta nonostante la caporalizzazione, hanno trovato il modo di tenere lontana la loro rivoluzione da un caos securitario che avrebbe funzionato come argomento per la contro-rivoluzione. Lo svolgersi degli eventi dimostra che vi è stato più di un tentativo in tal senso, ma che questi non hanno avuto successo contro una società che, al momento giusto, è stata in grado di mettere in campo la sufficiente capacità di inquadramento politico di base.

Si è scoperto, incidentalmente, grazie alle peripezie calcistiche della squadra algerina, che l’identità magrebina è persistente nell’opinione pubblica, malgrado vi sia stato uno straordinario sforzo dei potenti per renderlo inoperante o ridurlo a paccottiglia burocratica: vedi ad esempio l’UMA [L’Unione del Maghreb Arabo, n.d.t.]. Si riscopre un sentimento di indicibile ammirazione e di fierezza che i tunisini suscitano in tutta la regione. Si constata, sebbene al negativo ma in maniera sincera, nel colonnello Moammar Gheddafi, il cui governo ha messo sotto osservazione il nuovo corso in Tunisia.

L’entusiasmo nell’opinione pubblica è dovuto al fatto che i tunisini  sono appena entrati nell’età della politica e hanno cessato di essere sudditi per diventare cittadini. E’ questo passaggio, inevitabile, all’età della politica che dispiace ai regimi e li rende distanti, ostili alla Rivoluzione del gelsomino. Tuttavia, anche se il contagio politico non può diffondersi come una epidemia di influenza, è già lì, in silenziosa incubazione. La Tunisia, democratizzandosi, ha fatto un balzo gigantesco per sé e per il resto del Maghreb. Nel caso di quel successo che vogliamo, i percorsi verso la cittadinanza che si forgiano in Tunisia possono aprire, finalmente, una prospettiva reale nel Maghreb.

Questa crepa nello smalto nordafricano annuncia la promessa di un Maghreb dei cittadini.

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L'età della politica I Magrebini esistono, sì. A dispetto delle frontiere chiuse e sorvegliate spesso con severità. E, diciamolo, si prova addirittura meraviglia quando si pensa a come si è evoluta la situazione in Tunisia. Una rivoluzione democratica seria che sembra essere riuscita a superare il livello della fase violenta:...