Le navi iraniane, i venti di guerra
Il 6 febbraio scorso una flotta di navi da guerra iraniane arriva nel posto di Jedda, in Arabia Saudita.
Secondo quanto dice PressTV, la televisione iraniana, queste navi stanno facendo una specie di tournee “promoting friendly relations and sending the message of peace and friendship to regional countries” (fonte).
La flotta è partita il 27 gennaio (2 giorni dopo la rivolta egiziana) e secondo l’edizione dell’Iran Daily di quel giorno gli scopi della missione, diretta nel Mar Rosso e nel Mediterraneo: “aims to offer practical training to some students of Imam Khomeini University and facilitate access to relevant regional information for the Navy”. La marina militare iraniana inseriva questa missione all’interno di un’operazione, nata nel 2008, per ” help protect Iran’s merchant shipping from the persistent threat of piracy in the strategic waterway”.
Ovviamente ciò che le fonti ufficiali iraniane dicono è una cosa e ciò che la marina militare iraniana fa è un’altra. Anche se non saprei dire cosa esattamente fa.
Devo però rilevare il fatto che le navi siano attraccate a Jedda è qualcosa di molto singolare perché, come immagino sappiate, Iran e Arabia Saudita sono nemici, e questo è il primo attracco del genere nella storia.
Decrittarlo è cosa da spy literature.
Cosa significa? C’è chi dice che siamo all’alba di un nuovo assetto geostrategico.
Volendo essere maligni si può pensare che l’Arabia Saudita, per fare uno sgarbo agli Stati Uniti – che in questi giorni appaiono essere dalla parte dei rivoltosi in tutto il mondo arabo – abbia mandato un segnale del tipo: potremmo anche fare un patto col diavolo.
D’altronde la stessa Arabia Saudita si diceva pronta a dare all’esercito egiziano i soldi che gli Stati Uniti non gli avrebbero più dato nel caso in cui Mubarak non avesse accettato di andarsene (qui).
Un’Arabia Saudita che è solidale col re del Bahrain, insieme a tutto il Consiglio di Cooperazione del Golfo, mentre gli Stati Uniti, anche in Bahrain, stanno condannando la condotta del regime.
Il tutto però sembra improbabile. Un Iran amico dell’Arabia Saudita vorrebbe dire un’Arabia Saudita ufficialmente succube dell’Iran dal punto di vista culturale, religioso e militare.
Certo, in questo momento i due paesi sono dalla stessa parte nel voler soffocare le rivolte pro-democrazia, ma questo forse non basta anzi: sicuramente non basta.
E ci si mette anche Wikileaks a rivelare che i sauditi gonfiano di petrolio i loro giacimenti per motivi di politica dei prezzi (un fatto però già ben noto a tutti: tutti i paesi petroliferi gonfiano i dati sul loro petrolio, si veda ad esempio in questo libro di cui ho scritto qui)
L’Arabia Saudita ha una partneship commerciale con gli Stati Uniti impressionante, un flusso di denaro assolutamente macroscopico (vi indico questo sito per farvi un’idea), nuovi contratti militari da 60 miliardi di dollari, e un corridoio aereo a disposizione degli israeliani per un eventuale attacco all’Iran.
Inoltre l’Arabia Saudita e l’Iran dovrebbero risolvere alcune cosucce non da poco, prima fra tutte la questione degli sciiti sauditi, una vecchissima storia di repressione che rimonta almeno al 1979, al tempo dell’assedio alla Mecca di Juhayman dei massacri di sciiti del papà dell’attuale despota della Al Sa`ud.
Senza contare l’opposizione ultrasalafita interna al regno, brodo di coltura di al-Qa`ida, che mai accetterebbe una cosa simile, anche in rapporto al fatto che, non dimentichiamolo, i sauditi sono i (contestabilissimi) “Custodi dei due luoghi Sacri dell’islam”, Mecca e Medina.
Certo, se Iran e Arabia Saudita si mettessero insieme saremmo davvero di fronte a un cambiamento epocale, ma ciò verosimilmente non succederà.
E se succedesse dovremmo prepararci a un mondo nuovo, in cui i 2 attori summenzionati, unendosi, diventano ufficialmente i Cattivi (cosa che entrambi i paesi non possono permettersi).
Ma andiamo oltre, risalendo il Mar Rosso: gli iraniani hanno chiesto all’Egitto l’autorizzazione per passare attraverso il Canale di Suez e a DEBKAfile (uno spysite vicino ai servizi segreti israeliani) sono sicuri che le navi si fermeranno a Beirut o in un porto siriano e scaricheranno armamenti per Hezbollah.
La qual cosa sarebbe evidentemente una provocazione perché non è con le navi che fino ad ora gli iraniani hanno fornito armi a Hezbollah.
L’evenienza, comunque, è solo immaginata: ciò che si sa per certo è che una delle due navi è equipaggiata con 4 missili e nell’eventualità, improbabilissima, che gli iraniani decidessero di usarli, i danni che potrebbero arrecare sarebbero a dir poco ininfluenti.
La categoria della “provocazione”, però, è tenuta molto in considerazione sia da Israele che dall’Iran, in questo assolutamente speculari (vedi ad esempio il massacro della Mavi Marmara). E quindi se davvero queste navi incrociassero di fronte a Israele e la marina israeliana decidesse di andarle a stuzzicare, quei 4 missili potrebbero essere lanciati davvero e un vento di guerra potrebbe avvolgere l’intera area, cancellando l’altro vento, quello delle rivoluzioni popolari.
Un’apocalisse che andrebbe a vantaggio anche del terzo soggetto interessato da questa mia analisi: Israele.
Comunque: sulle prime gli egiziani hanno detto di no agli iraniani (e io ho commentato così) ma poi – sembra – hanno concesso l’autorizzazione.
Ciò viene visto come un segnale del fatto che gli equilibri geopolitici stanno rapidamente cambiando, con Mubarak questo non sarebbe successo: dal 1979 non c’è traccia di navi militari iraniane nel Mediterraneo.
Che dire?
Vedremo. Intanto faccio notare che gli egiziani hanno agito in base alle leggi del diritto internazionale, e in particolare in base alla Convenzione di Costantinopoli del 1888 sul Canale di Suez:
Il via libera può essere negato per navi militari appartenenti a un Paese in guerra con l’Egitto. Queste regole, insieme al trattato di pace, hanno consentito la navigazione di decine di navi della marina militare israeliana l’anno scorso, così come il passaggio delle navi da guerra occidentali durante la guerra in Iraq, ha ricordato Wahab [il portavoce dell’autorità del Canale, Mahmoud Abdel Wahab, n.d.r.]. Il responsabile per il dipartimento della navigazione del Canale, Ahmed el Manakhli, ha spiegato che nel caso in cui il Canale avrà l’autorizzazione, le due navi da guerra iraniane effettueranno il passaggio, così come hanno fatto 113 navi cargo iraniane l’anno scorso. Wahad ha precisato che l’autorità del Canale non accetta pagamenti per il passaggio nella valuta iraniana, sottolineando che le valute riconosciute sono il dollaro, l’euro, la sterlina britannica e lo yen giapponese (fonte).
Il via libera, avrebbe potuto essere negato in caso di evidente pericolo nucleare, chimico o batteriologico.
Veniamo, in chiusura, al post che ho scritto qualche giorno fa: la mia analisi non teneva conto di tutto ciò che ho scritto oggi.
Non sono bravo a fare spy literature, ma quando è necessario ci provo.
https://in30secondi.altervista.org/2011/02/19/le-navi-iraniane-i-venti-di-guerra/https://in30secondi.altervista.org/wp-content/uploads/2011/02/article-1357931-0d3ce6ee000005dc-147_468x286.jpghttps://in30secondi.altervista.org/wp-content/uploads/2011/02/article-1357931-0d3ce6ee000005dc-147_468x286-150x150.jpgFuori misuraarabia saudita,canale di suez,egitto,iran,israele
Tempo di rivoluzione. La forza dei cittadini oppressi di tutto il mondo sta cominciando a sfogarsi e nessuno la può fermare. No, nemmeno la bruta violenza di pistole e mitra. Gli ideali per cui questa gente è scesa in piazza non muoiono a pistolettate e quando le pallottole finiscono, ci saranno ancora più persone in piedi, a migliaia, ancora più forti.
Tunisia, Egitto, Yemen, Iran, Lybia, Algeria, Iraq, Giordania, Bahrain. Tutte le proteste che stiamo vedendo in questi giorni, noi, comodamente seduti sulla poltrona di casa, sono un unico grande avvenimento, che dovrebbe far svegliare anche l’italiano più assopito dal gossip politico in cui è sommerso quotidianamente e di cui si nutre passivamente. I cittadini di questi Paesi, oppressi dalla tirannia e governati con malvagità durante decenni, vogliono essere liberi e rispettati ed in questi giorni stanno unendo le loro forze, uno per uno, facendo germogliare un seme.
Il loro cammino è in corso, mentre io sto scrivendo e mentre tu starai leggendo, un’altra pietra sarà lanciata con tutta la forza da uno di loro, il più lontano possibile, con rabbia e con gioia. La gioia di ribadire alcune cose fondamentali: siamo uomini liberi, con una vita che dev’essere rispettata dagli altri, con il diritto ad avere una famiglia ed un Paese libero da ogni tirannia, in cui poter condividere le idee e far crescere i propri progetti.
Queste rivoluzioni sono solo l’inizio di una nuova era.
No, non sto esagerando: con la volontà di esprimere i concetti di forza, coscienza e libertà, gli uomini e le donne che stanno protestando per il loro bene, quello delle proprie famiglie ed il proprio Paese, stanno dando l’esempio di quello che è l’uomo oggi. Un uomo rimasto oppresso dalla tirannia per anni ed anni, che ora ha detto basta e che vuole riprendersi la vita.
Dall’altro lato ci sono le forze maligne della tirannia e di chi la spalleggia, pochi uomini ma ben armati.
Tutt’attorno ci sono quelli che mi fanno più paura: i depressi benestanti dei Paesi ricchi o semi ricchi d’Europa, America ed Asia, quelli che si accontentano di quello che gli si dà, come sorci in gabbia, quelli che fanno il loro dovere e che da qualche generazione si sono dimenticati quali sono i diritti e le vere responsabilità di cittadini e uomini liberi. Insomma, dove l’oppressione è stata violenta e diretta, ora le pietre si stanno lanciando con forza. Dove il potere della tirannia si è mascherato da sistema economico terrorizzante e sistema politico sorridente, cioè in tutti gli stati che si fanno chiamare i Grandi, le persone sono diventate fantasmi depressi e deprimenti, senza forza, né ambizioni, né coraggio.
A tutte queste persone, sia alle deboli, spaventate ed ingannate, che alle arrabbiate, sfruttate e torturate, è dedicata questa rivoluzione.
http://buenobuonogood.wordpress.com/2011/02/19/si-la-rivoluzione/
questo post mi sembra ben più succoso di quello (a caldo) dell’altro giono sullo stesso argomento.
A questo punto propongo un paio di ipotesi.
– La missione ha il solo scopo di mostrare i muscoli, o meglio di affacciarsi fuori dal Golfo e vedere cosa succede (vedete? anche noi sappiamo cotruire navi e non solo riciclare i catorci che ci passano gli altri).
– La missione coglie al balzo la palla della difesa dalla pirateria, non solo somala (hai visto mai che una nave di aiuti umanitari diretta a Ghaza venga assalita da pirati? meglio difenderla).
– L’attracco a Jedda è forse semplicemente un atto dovuto di cortesia marinara…
Ma su questo solleciterei il nostro esperto Champlooman a intervenire! ;)
D
OT: fra le cose che mi aspettavo di sentire nella mia vita, quella di essere sollecitato come esperto marinaresco è fra le più sognate e meno attese.
La prima cosa che vorrei segnalare è che la strategia navale iraniana non può (per ora e per un pò) permettersi attacchi in mare aperto. Ovviamente. Quindi tutti gli eventi di questi giorni attorno a queste due navi è di valore simbolico-morale, e in particolare un segnale. Ma questo è troppo evidente. Fa comodo un pò a tutti, all’Egitto perchè aumenta il suo peso contrattuale con tutti gli altri paesi, all’Iran, internamente, il gesto è molto apprezzato, a Siria e Libano (si legga fra le righe) perchè il loro alleato ora ha mezzi più sviluppati. Nulla di più però. Come ho già scritto, la strategia navale iraniana è di tipo difensivo e assimetrico, ovvero colpisce con navi di dimensione limitata, o limitatissima, con missioni ad alto rischio, il nemico. C’è chi ha letto dietro questa strategia, una visione sciita della guerra navale.
Per quanto riguarda con l’Arabia Saudita, sorpresa delle sorprese, i rapporti fra i due paesi sono notoriamente pessimi, ma notoriamente politically correct in sede di discorsi e relazioni pubbliche. c’è di mezzo il hajj che porta tanti soldi, e gli iraniani sono parecchi. ma una storia delle relazioni fra i due paesi (vedi: IRAN’S PERSIAN GULF POLIC From Khomeini to Khatami, Christin Marschall) chiarisce come questi due paesi amino far finta di migliorare i propri rapporti per poi mandare tutto in fumo. so che non è proprio una spiegazione da scienze politiche però è il riassunto breve dei loro rapporti. Certo che come capacità navale l’Iran nel golfo rappresenta la seconda potenza dopo gli USA. Il fatto è che gli USA sono alleati con tutti i peasi del golfo eccetto l’Iran.
e così chiudo
grazie, puntuale come sempre!
D