Non chiamatela cooperazione allo sviluppo
Va bene, si possono anche fare accordi con le università saudite per scambio di studenti&co.
Anche perché, come scrivono nella notizia che riporto qua sotto, questi hanno i soldi e quindi zitti tutti.
Ciò che davvero non mi va giù è che la delegazione dell’Università di Pavia che è andata in Arabia era guidata dal Presidente del Centro Internazionale Cooperazione per lo Sviluppo (CICOPS).
Insomma le parole contano. E in Arabia Saudita non c’è niente “da sviluppare” in cooperazione, se non le libertà personali e la democrazia.
E di questi 2 argomenti il nuovo “protocollo” fra Università di Pavia e sauditi proprio non si parla.
https://in30secondi.altervista.org/2011/05/10/non-chiamatela-cooperazione-allo-sviluppo/In 30 secondiarabia saudita,centro internazionale cooperazione per lo sviluppo,cooperazione allo sviluppo,italia,università di paviaDal prossimo anno accademico, l’Università di Pavia accoglierà 35 studenti dell’Arabia saudita: 25 intenzionati a iscriversi a Medicina e dieci a Ingegneria: questi i numeri concordati con il protocollo d’intesa che si inserisce nel progetto KASP (King Abdallah Scholarship Program).
Pavia è la prima Università italiana a stringere accordi di cooperazione con l’Arabia Saudita in ambito di formazione e ricerca: un’opportunità da non perdere, emersa in occasione della International Exhibition & Conference on Higher Education di Riyadh, alla quale l’Università di Pavia ha partecipato con una delegazione guidata dal Presidente del Centro Internazionale Cooperazione per lo Sviluppo (CICOPS) Giambattista Parigi. Accanto al prof. Parigi, hanno firmato il protocollo d’intesa il Vice Ministro della Scholarship Affairs del Saudi Ministry of Higher education (MOHE), prof. Abdullah Abdulaziz al-Mousa, alla presenza anche del Ministro per l’Educazione Superiore, prof. Khalid al-Anqari e di tutte le autorità accademiche saudite. Il protocollo dettaglia le modalità di cooperazione fra le due Istituzioni al fine della preparazione di studenti sauditi – arruolati nel progetto King Abdallah Scholarship Program (KASP) – interessati a iscriversi alla Facoltà di Medicina, corso di laurea Harvey in lingua inglese. Per il prossimo anno accademico la richiesta è di 25 posti per Medicina e di circa una decina per le altre Facoltà, in particolare Ingegneria corso magistrale. La portata dell’accordo va molto al di là di uno scambio di studenti, in quanto costituisce il primo protocollo ufficiale siglato fra il governo saudita e una Università italiana. Il protocollo, in base a quanto discusso a lungo col Ministro, costituisce una sorta di “pilot study” per altre Università italiane. Analoghe esperienze sono già state avviate negli scorsi anni con Giappone e Irlanda. L’accordo prevede una cooperazione sia in abito di formazione (con scambio di studenti) che di ricerca. “L’addetto scientifico saudita – ha confermato il prof. Giambattista Parigi – ha garantito che, sulla scorta del protocollo appena firmato, sosterrà presso il Ministry of Higher education saudita l’opportunità di realizzare progetti di ricerca comuni fra la KSUniversity e Pavia. Considerando che il budget disponibile per la ricerca alla KSU è nell’ordine di 2 miliardi di dollari, e che la KSU si posiziona al 200° posto nello Shangai Ranking, la prospettiva è decisamente interessante”
via Accordo Università di Pavia e Arabia Saudita « Fidest – Agenzia giornalistica/press agency.
Ma,
potrebbe essere un cavallo di Troia non indifferente, non solo per il caso Arabia Saudita.
Comunque una cinquantina di persone che completano la loro formazione intellettuale in un paese dove la democrazia, sia pure in grave difficoltà, esiste ancora non è un male.
L’importante è che non siano principi della tentacolare famiglia Saud.
Piuttosto con tutto il patrimonio umanistico dell’Italia mi stupisco sempre un po’ che si venga qui a studiare medicina e ingegneria.
Se venissero a studiare scienze politiche o storia dell’arte sarebbe un super cavallo di Troia (ed un po’ con gli studenti Iraniani funziona…).
Ben detto, Valerio! Ma forse l’Iran ha già in partenza una diversa sensibilità artistica.
non credo si tratti di sensibilità, ma di opportunità: che ci vengono a fare gli iraniani a studiare materie scientifiche da noi sapendo che poi non c’è futuro? quelle vanno a studiarle in Us o altri posti “paludati”. oppure vengono da noi perché le ns università costano meno che in US, Uk ecc
Parlavo in astratto, Anna, e sono pienamente d’accordo: purtroppo è l’opportunismo che muove queste scelte a livello globale e locale, e l’Italia è oggi quello che è.
Dato che sono tirato in ballo personalmente, rispondo al prof. Declich e gli dico che ha perfettamente ragione. L’iniziativa con l’Arabia Saudita infatti esula dalle attività che portiamo avanti con il Centro Internazionale per la Cooperazione con i Paesi in via di sviluppo, che in particolare riguardano progetti in Congo, Uganda, Senegal, Costa d’Avorio, Zambia, Kenya, Malawi, Marocco, India, Palestina, Colombia, Guatemala, El Salvador, Ucraina. I dettagli sono nella pagina del CICOPS sul sito dell’Università.
Il problema è che in una Università relativamente piccola quale quella di Pavia i cirenei disposti ad andare in giro per il mondo a lavorare (magari divertendosi anche, of course) sono piuttosto pochini, e quelli che ci sono devono prestarsi ad assumere incarichi diversi (per la cronaca io sono un chirurgo pediatra prestato alla cooperazione, con 32 anni di Africa sul groppone qualche idea in merito mer la sono fatta): per il progetto in questione la mia denominazione più o meno ufficiale era quella di “Delegato del Rettore per i rapporti con l’Arabia Saudita”. Naturalmente non valeva certo la pena di stampare biglietti da visita ad hoc per questo incarico, e cosi’ alla giornalista ho dato quello di cui disponevo. Mi spiace per l’equivoco che ne è derivato, che esula dalla mia volontà.
Per quanto attiene la scelta delle materie di insegnamento (medicina – ingegneria – business administration), è una precisa indicazione contenuta nel programma KASP di borse di studio del governo saudita: anche senza sapere di latinorum hanno evidentemente colto il messaggio che “carmina non dant panem” ed hanno quindi privilegiato materie di cui sentono la necessità immediata. Per l’arte e per il “bello” in generale di cui l’Italia è scrigno, dovremo avere pazienza. Comunque, l’evento in cui venne firmato il protocollo di cui all’articolo, la International Exibition on Higher Education (IEHE) a Riyahd, è stato il primo evento in assoluto in Arabia in cui studenti “maschietti e femminucce” entravano insieme, e non in giornate distinte rigorosamente suddivise per sesso. E’ pur sempre un primo passo, no ? Piuttosto, quanto sarebbe da discutere e che dovrebbe indurci a riflettere è che alla IEHE erano rappresentate 370 Università di tutto il mondo, 65 UK, 42 USA, una quindicina a cranio per Germania, Francia, Spagna, un po’ meno Svezia ed Olanda, e TRE (diconsi TRE) italiane, S.Raffaele, Bologna e Pavia. Tra un po’, la mia attività per la cooperazione allo sviluppo dovrò rivolgerla non ad altri continenti, ma al nostro amato e scassatissimo Paese…
Scusate per lo sproloquio, e grazie per un cos’ interessante stimolo alla discussione.
Gian Battista