Questo articolo, uscito su “Tendances de l’Orient”, la pubblicazione in francese della Wikala skhbar al-sharq al-jadid, un’agenzia di informazione libanese, e riportato da Voltaire.net, dà per assodata una teoria – certo un po’ cospirativa – per cui nel mondo arabo v’è in programma una partnership fra Washington e i Fratelli Musulmani:

I disordini che scuotono la regione araba veicolano gli elementi di un piano statunitenese elaborato per contenere lo scacco strategico di Washington in questi ultimi 10 anni e in modo da proteggere Israele prima della fine del ritiro dall’Iraq, in Dicembre. E’ chiaro che una parte delle trame che oggi emergono, sono state intrecciate negli ultimi 2 anni, in coordinazione tra l’Amministrazione Obama e i suoi principali partners internazionali e regionali.

Una delle idee principali studiate in questi ultimi anni si articola attorno principio della normalizzazione delle relazioni tra gli Stati Uniti e i Fratelli Musulmani. L’esperienza turca ha proposto un modello di coesistenza che si barcamena fra l’adesione alla Nato e le relazioni con Israele e l’America, sempre prendendo in considerazione i sentimenti pro-palestinesi dei turchi. Ankara ha saputo trovare l’equilibrio tra il timore della sua base popolare verso lo Stato ebraico e le considerazioni strategiche legate alle relazioni con la Nato e gli Stati Uniti. Ma senza arrivare al punto da prendere iniziative che modificherebbero radicalmente i rapporti di forza regionali a vantaggio dell’asse della Resistenza, incarnato dalla Siria, l’Iran, l’Hezbollah e l’Hamas.

Per i lettori in italiano segnalo la traduzione integrale qui (un po’ ballerina, ma insomma).

I Fratelli Musulmani, come non mi stancherò mai di dire, sono una forza politica in massima parte conservatrice e in linea con l’idea che questo mondo possa andare avanti senza che il sistema economico attuale cambi di una virgola.

Cosa su cui non sono d’accordo con gran parte di coloro che hanno promosso le rivoluzioni, o come le volete chiamare, degli ultimi mesi (vedi: Arabi e comunisti, Il movimento dei lavoratori egiziani c’è (e voi ci siete?), I lavoratori di Mahalla, i media, la rivoluzione egiziana, I criminali e le rivoluzioni, Il “noi” che non accetto più, Primavera araba e ritorno al futuro).

La più macroscopica delle verità che affannosamente ci si è precipitati a nascondere in questa sorta di “ritorno al futuro” che molti chiamano — a mio modo di vedere erroneamente — “controrivoluzione” è proprio il fatto che i rivoltosi sono per molti versi figli del “movimento di Seattle” del 1999 (chiedo venia per l’approssimazione dell’intitolazione, vedi qui ).

E che laggiù, ultimamente, stanno apparecchiando un qualcosa che con le aspirazioni dei rivoltosi non ha nulla a che vedere.

Cospirazione o non, i Fratelli Musulmani sono attualmente una garanzia per chi nel mondo arabo vuole fare soldi, o andare a fare soldi, per il mondo della finanza “islamica” o meno.

Non facciamo finta che non sia così per poi ritrovarci fra vent’anni a dire: “uh, ma guarda un po’”. Non è necessario essere comunisti per dirselo francamente questa cosa.

L’alternativa ai tiranni, per chi in questo momento detiene il potere economico, non è il sindacalismo di base, e mi da ridere anche solo all’idea di doverlo sottolineare.

Il mio immodesto contributo, in questo campo (guardate tutti i link più questo), gravita tutto intorno alla costatazione dell’esistenza di un nuovo referente economico affidabile nei paesi di cui stiamo parlando, che questo referente è già ben connesso con il mercato globale, che questo referente si trova in campo “islamico” e promuove quello che chiamo “islamercato” (vedi per prima cosa: Gli attori del mercato “islamico” e i calcoli di Washington) coniugato con una tiepida democrazia demoislamica che tiene tutti a casa davanti alla TV e nutre quei popoli di merce “islamicamente corretta”.

Il mio discorso va oltre i Fratelli Musulmani. I quali, fra l’altro, sono in parte avulsi da esso.

E’ vero, però, che in luoghi come la Siria, le ispezioni di Washington su un’opposizione credibile ad al-Asad  sembrano concentrarsi in maniera quasi ossessiva sui Fratelli siriani.

E’ vero che i network che supportano l’islamercato, come ad esempio al-Jazeera, sono i maggiori sponsor di personaggi come Yusuf al-Qaradawi, il “fratello musulmano televisivo” del quale scrivo molto, e da molto tempo.

Un personaggio del quale anche Hollywood si è interessata, qualche tempo fa.

Il caso di una vera e propria “partnership” politica fra Fratelli e Washington – che in questa forma trovo improbabilissima – non farebbe altro che svelare qualcosa che è già in campo da diverse settimane: la reazione dei reazionari di tutto il mondo al vento di cambiamento delle rivolte arabe, i cui contenuti non solo sbugiardano il discorso del conflitto di civiltà, ma evidenziano – anche – le intenzioni di chi tesse la trama economica di questo mondo.

Pensateci, non è una cosa da poco.

 

 

Lorenzo DeclichIslamercatoal-qaradawi,fratelli musulmani,islamercato,rivolte,stati uniti
Questo articolo, uscito su 'Tendances de l'Orient', la pubblicazione in francese della Wikala skhbar al-sharq al-jadid, un'agenzia di informazione libanese, e riportato da Voltaire.net, dà per assodata una teoria - certo un po' cospirativa - per cui nel mondo arabo v'è in programma una partnership fra Washington e i...