L’Iran, l’Arabia Saudita, la “nuova guerra fredda” e Barack Obamaa
Chiamatela controrivoluzione, io preferisco chiamarla “normalizzazione”.
Quello che è certo è che le rivolte nei paesi arabi di questi mesi, associate anche alle rivelazioni di Wikileaks – che hanno tolto il velo di ipocrisia sullo scontro Iran-Paesi arabi del Golfo – hanno determinato una reazione più o meno scomposta nelle leadership dei paesi coinvolti.
La reazione principale è consistita — come è ovvio — nel tentare di limitare i danni continuando a perseguire i propri interessi.
A un certo punto si è capito che questi interessi erano più forti, molto più forti delle rivolte: vedi in Bahrain, in Siria, in Libia.
Il fatto è che con le rivolte gli interessi sono venuti allo scoperto definitivamente, così come sono venute allo scoperto le strategie di destabilizzazione o repressione messe in atto da chi questi interessi persegue.
L’Arabia Saudita ha tentato in tutti i modi di bloccare (o, a cose fatte, sfruttare) le rivolte, e se volete leggere qualcosa in merito ci sono questi due articoli (da 2 punti di vista diversi): How Saudi Arabia Inhibits Democracy and Progress in the Arab World e Saudi Arabia Defies Mideast Upheaval as Guardian of Status Quo.
L’Iran, che è una Repubblica islamica, ha cercato di far passare per “islamiche” delle rivolte che di islamico non avevano niente (senza riuscirci). Inoltre ha sguinzagliato i propri agenti in Bahrain e in Siria. Nel primo caso mescolandoli con i rivoltosi “in quanto sciiti” e nel secondo semplicemente aiutando al-Asad a fare la macelleria che sta facendo.
Il confronto diretto fra Sauditi e Iraniani si è verificato in Bahrain ed ha assunto i connotati del settarismo religioso. Questo schema, seguendo Jadaliyya, si riproduce oggi anche in Kuwait, dove non c’è alcuna rivolta ma una ampissima minoranza sciita (il 30%). La situazione che Mona Kareem descrive in Kuwait autorizza il conio di un nuovo termine: sciafobia, ossia “fobia per gli sciiti”.
Questa “sciafobia” si inquadra a sua volta nel concetto di “nuova guerra fredda” fra Iran e Arabia Saudita, coniato da Bill Spinder e Margaret Coker sul Wall Street Journal, un nuovo assetto in cui i due protagonisti regionali si armano fino ai denti e si fanno guerra “per interposta persona” sulla linea di frontiera che li divide (principalmente in Iraq).
E contemporaneamente fomentano quello scontro interconfessionale che — fra l’altro — il cavallo di battaglia di al-Qaida.
Ci sarebbe molto da dire sull’inappropriatezza di questa definizione* ma ciò di cui voglio discutere è il grande rimosso, e cioè che:
- questo nuovo assetto espropria i contenuti delle rivolte arabe e li mette al servizio degli interessi di entrambe le due potenze regionali;
- questo nuovo assetto, purtroppo, è avallato dalla comunità internazionale: è ciò che “i cervelloni che ci comandano” hanno pensato per noi.
Mi spiego, seguitemi.
In Bahrain l’eventuale successo della rivolta avrebbe determinato la nascita di un paese democratico a larga maggioranza sciita, la qual cosa non faceva piacere né all’Arabia Saudita (una democrazia confinante), né tantomeno all’Iran (un paese sciita arabo davvero democratico).
In Siria gli Iraniani aiutano, anche logisticamente, al-Asad nel reprimere la rivolta e i Sauditi stanno a guardare, senza batter ciglio, perché non sono assolutamente interessati a vedere una Siria democratica o libera.
In paesi come la Tunisia e l’Egitto, dove la rivolta ha avuto successo, gli Iraniani si limitano a inviare i propri osservatori (hanno poco appeal da quelle parti) e non fanno nulla contro l’attività saudita in quei paesi, almeno per adesso.
Ciò avviene perché Iran e Arabia Saudita nel nuovo contesto si giovano l’uno dell’altra, almeno per ora: scontrandosi, anche sul piano religioso, esistono.
E per scontrarsi come si deve devono essere gli unici due veri attori regionali in campo, per questo sono solidali nella repressione.
Ora. Se le rivolte nei paesi arabi sono radicalmente alternative a quello scontro-incontro — sono “naturalmente” sia antiraniane che antisaudite — la comunità internazionale parteggia per l’uno o per l’altro paese, creando una “frattura” fra partigiani dell’Iran e partigiani dell’Arabia Saudita che proprio non dovrebbe esserci perché in termini di libertà e democrazia, in termini di spazzatura che spargono sul pianeta, l’Iran e l’Arabia Saudita sono fra i paesi peggiori al mondo (peggio i sauditi, però).
Il grande rimosso del discorso del 19 maggio di Barack Obama è l’Arabia Saudita: non parlandone il Presidente americano ha di fatto preso posizione a suo favore in questa “nuova guerra fredda” che non dovrebbe esistere.
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[vedi nei commenti]* Niente di meno appropriato dal punto di vista delle dimensioni dello scontro — la guerra fredda era globale, qui parliamo di un confronto regionale — e dal punto di vista della cronologia — il confronto fra Iran e paesi arabi del Golfo esiste da decine di anni, perché oggi dovremmo chiamarlo “guerra fredda?”.
Attenzione, il termine “guerra fredda” è applicato, sin ab origine, a conflitti locali-regionali (“guerra fredda” tra Turchia e Grecia, tra Equador e Perù, ecc. ecc.) e, a maggior ragione, dove questi paesi si facevano poi delle guerre per interposta persona.
Quindi direi che è appropiatissimo in questo caso, a maggior ragione pensando che questi paesi sono leader di due blocchi, uno ampio attorno all’Arabia Saudita (che cerca di includervi persino il Marocco) ed uno molto più ridotto attorno all’Iran (in pratica solo la Siria), che però parte avvantaggiato dal maggior peso demografico ed industirale, con un hard power interno molto più elevato di quello saudita e da questi riequilibrato alleandosi con USA e, de facto, Israele.
Le guerre fredde vengono spesso vinte dal soft power, né l’Iran, né l’Arabia Saudita ne hanno molto, spero crollino tutte e due alla svelta.
;-) corretto
Mi dispiace ma l’arabia Saudita non e’ paragonabile all’Iran e lo dimostra gli Emirati arabi Uniti.L’Arabia Saudita e’ la parte piu’ ricca e desertica degli Emirati Arabi Uniti ma se cadra’ non sara’ come l’Iran proprio per il motivo che cade a differenza dall’Iran.L’Iran viene sostenuto dall’Opposizione di Mussawi che e’ Islamista. In Arabia Saudita no e molti sono cacciati dall’Arabia Saudita. Dove pensi che vada a lavorare il povero? in Arabia Saudita e non negli emirati Arabi Uniti?non li vogliono i poveri.ci sono regole e leggi da seguire sempre e doverosamente,oppure via!tutti schiavi dei Sauditi a differenza dell’opposizione di Iran che crede nel proprio Islamismo disarmato perche’ lo proclama fino alla propria fine. Il Presidente dell’Iran e’ molto amico anche dei Oppositori.
anche a me sembra corretta la definizione, soprattutto quando i vari attori cercano di appropriarsi delle varie rivolte e guerricciole che gli girano intorno (ci aggiungerei i legami con hizballh, l’ambiguità rispetto ai palestineros, l’afghanistan, ecc.). Inoltre è ora fredda perché almeno fino all’89 era stata molto calda (sempre per interposte persone).
D
Qui un commento al discorso di Obama, e un accenno al post di Lorenzo
http://www.america2012.it/?p=3886