[Leggo, apprezzo e rilancio – previa autorizzazione – da “Il mondo di Annibale”]

Nel bel mezzo della “primavera araba”, Ca’ Foscari fa sapere che un’istituzione saudita finanzierà con quattrocentomila euro la neonata Scuola di relazioni internazionali, fiore all’occhiello dell’università veneziana guidata Carlo Carraro. In più, s’apprende che Abdel Aziz Sager, fondatore e presidente del Gulf Research Centre – il pensatoio elargitore del finanziamento – è accolto come membro onorario nel corpo accademico dell’ateneo.

Il Gazzettino scrive che l’iniziativa «avrebbe suscitato più di un mugugno anche in seno all’ateneo». Se si tratta solo di qualche «mugugno», è andata di lusso per l’università di Venezia. In altri tempi o, di questi tempi, altrove, ci sarebbe stata una sollevazione. L’Arabia Saudita è tra i paesi con gli indici negativi più elevati sul pianeta in fatto di diritti umani calpestati e di regole democratiche elementari violate. Solo per parlare dei tempi recenti, è stata bocciata una riforma che avrebbe consentito alle donne di votare nelle amministrative. Già, perché le donne non votano in Arabia Saudita oltre che non è consentito loro di guidare l’automobile. Inoltre, non contente di usare in casa il pugno di ferro contro ogni forma di richiesta di riforme democratiche, le forze militari saudite sono intervenute nel vicino Bahrein per soffocare una rivolta nata pacificamente e fatta volutamente degenerare – con la complicità di Riyadh – in conflitto tra sunniti e sciiti.

Al Gazzettino, il responsabile della scuola, Matteo Lagrenzi, spiega che il finanziamento non arriva direttamente dall’Arabia, ma è erogato da una Fondazione che ha sede a Ginevra. Insomma, c’è una triangolazione che evita l’imbarazzo.

Ma davvero lo evita, o non è la classica pezza d’ipocrisia peggiore del buco?

Venezia ha una storia di relazioni con l’Oriente, vicino e lontano. Per conservare il prestigio storico e per rinnovarlo, dovrebbe osservare con grande attenzione i risvolti anche simbolici di operazioni rivolte a quel mondo. Non si può pensare di fare cassa, sorvolando sulle implicazioni di certe iniziative, solo perché oggi le università devono trovare il modo di autofinanziarsi, specie se vogliono espandersi e irrobustirsi in un ambiente sempre più competitivo a livello globale, com’è oggi quello accademico. Ma proprio per questa ragione, bisogna chiedersi come risuona un’iniziativa del genere non in un paese come il nostro ipnotizzato dalla sua autorefennzialità ma nel mondo più vasto, e in quello arabo e islamico nella fattispecie. Peraltro tutto questo non interessa una singola istituzione veneziana, ma l’intero “sistema Venezia” di cui Ca’ Foscari è parte e dentro il quale dovrebbe agire responsabilmente.

di Guido Moltedo

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Nel bel mezzo della “primavera araba”, Ca’ Foscari fa sapere che un’istituzione saudita finanzierà con quattrocentomila euro la neonata Scuola di relazioni internazionali, fiore all’occhiello dell’università veneziana guidata Carlo Carraro. In più, s’apprende che Abdel Aziz Sager, fondatore e presidente del Gulf Research Centre...