[In un’intervista ad al-Arabiya del 15 luglio 2010 Omar bin Laden, il tormentato figlio di Osama dichiarava che:

  1. quando Bush vinse le elezioni Osama ne fu contentissimo perché “This is the kind of president he needs – one who will attack and spend money and break the country.””
  2. suo padre vinse nel momento in cui gli americani attaccarono l’Afghanistan: “My father’s dream was to bring the Americans to Afghanistan. I was surprised the Americans took the bait,” Omar said. “I was still in Afghanistan when Bush was elected,” he continues. “My father was so happy. This is the kind of president he needs – one who will attack and spend money and break the country.”

Valerio in questo post ci spiega perché Omar aveva ragione.

Quella “al terrore” non è stata una guerra. O meglio: per voler fare una guerra all’indomani dell’11 settembre, l’amministrazione americana l’ha persa in partenza.

Con ciò si potrebbe concludere, usando un pizzico di dietrologia e ipotizzando la non idiozia di quell’amministrazione, che Bush e la sua cerchia volevano fare la guerra “per la guerra”: non importava contro chi, non importava con quali conseguenze. Non importava, forse, nemmeno vincerla. Vi consiglio questo pezzo di Mattia Toaldo per ragionare su quest’ultimo elemento.

Buona lettura]

Del senno di poi son piene le fosse.

È facile dare giudizi su ciò che è già accaduto, quindi chiedo venia se lo faccio anche io.

Ricorrono oggi i 10 anni dal 11/9/2001, una vita intera.

Voglio provare a ragionare, a posteriori certo, su quello che sarebbe stato strategicamente sensato, per l’impero americano, fare a partire dal 12 settembre.

La mia è, come al solito, una semplice analisi strategica, amorale come solo la strategia può essere.

Dopo tutto Machiavelli è uno dei maestri.

Quindi se qualcuno si dovesse sentire offeso chiedo mille e mille volte scusa.

Sun Tzu riteneva che per vincere in guerra bisognasse opporre il vuoto al pieno e il pieno al vuoto, l’acqua alla spada e il vento alle lance.

L’11/9 Osama Bin Laden oppose un pieno al vuoto, attaccò bersagli indifesi con notevole successo ed efficacia.

La risposta degli USA fu di contrapporre al pieno un pieno, ovvero due lunghissime e costosissime guerre.

Era la risposa migliore?

Oggi credo sia chiaro quanto fosse limitata e sbagliata, anche al di là di tutte le questioni etiche e al dovere al pacifismo (che sento molto forte), qualcuno (nel mio piccolo pure io) se ne era accorto anche all’ora, ma ora abbiamo molti più elementi d’analisi per dirlo.

Quindi vi propongo un decalogo sulla risposta a quell’enorme attentato terroristico

  1. Il problema è il terrorismo, ma ti conviene circostanziarlo, portarlo ai minimi termini. Quindi il tuo problema è, diciamo, Bin Laden e la parte più ridotta possibile del suo entourage. Non più di un centinaio di persone in tutto. In modo che sia un problema risolvibile. L’ideologia che anima il terrorismo può passare di moda con calma, mentre il nemico che hai deciso di battere deve essere battuto in maniera manifesta. Più ingigantisci il tuo problema, più diventa invincibile.

  2. Bin Laden vive in Afghanistan? Benissimo chiedi all’Afghanistan di estradarlo fino alla nausea, intanto allaghi quella nazione di informatori per scoprire dov’è, corrompi tutti i funzionari governativi che puoi corrompere, ecc. ecc. Ma non considerare mai gli amici del tuo nemico dei nemici, altrimenti aumenti i suoi alleati. Anzi cerca di fare in modo che i suoi amici diventino suoi nemici.

  3. Se e quando scopri dov’è lo arresti, anche in barba al diritto internazionale, l’11/9 ti da un minimo di libertà d’azione. Ma fallo con rispetto e chiedendo scusa al governo del paese che lo ospitava, sottolineando come condizioni eccezionali abbiano richiesto soluzioni eccezionali. Umiliati. Per fare questo lavoro prenditi tutto il tempo che ti serve, in questo sta la differenza tra uno statista e un politicante, non stai facendo questa operazione per vincere le elezioni, ma per risolvere un problema. Più tempo ci vuole più opponi il vuoto al pieno. Inoltre ricordati che quello che vale per Bin Laden non vale per il suo portaborse.

  4. Non disperdere le tue forze in azioni che non siano funzionali alla tua vittoria contro Bin Laden e il suo entourage, ma concentrati esclusivamente contro questo obbiettivo, anche se può richiedere anni di tempo. Quindi: niente invasione dell’Afghanistan (che anzi è l’errore degli errori), figuriamoci un invasione dell’Iraq. Opponi al pieno di Bin Laden un vuoto, in apparenza, piuttosto, il nulla e l’attesa. Aspetta e costringilo a fare una mossa, assumi una posizione apparentemente difensiva.

  5. Serve una buona narrazione da contrapporre a quella avversaria, quindi serve innanzi tutto capire cosa i tuoi avversari dicono di vero di te, e quindi occorre rianalizzare quella parte di te per capire se hanno ragione su qualche cosa, magari cambiarla per negare la loro vittoria. Magari cambiare la tua politica nel Medio Oriente, a partire dalla questione israelo-pelestinese ti toglierebbe un handicap importante, il che non vuol dire abbandonare Israele, ma controllarlo e favorire la nascita dello Stato palestinese. Puntare al disgelo tra Iran e Arabia Saudita era nei tuoi interessi. Oggi, non avendolo fatto, è fuori dalle tue possibilità: è l’Arabia Saudita che ti detta l’agenda e tu non puoi quasi influenzarla.

  6. La tua azione deve allargarsi al mondo, il mondo deve agire in tua vece, quindi non processi tu stesso Bin Laden, né lo uccidi, ma fai in modo che sia imputato presso un tribunale internazionale. Tu non devi essere il suo nemico, perché lui ha scelto te come suo nemico, il suo nemico deve essere un altro. Non dargli la soddisfazione di dover cambiare il diritto internazionale, in maniera eccezionale, in suo onore, fai in modo che sia giudicato ancora meno importante di quel che merita. Se dici alla gente che il modo migliore per battere il terrorismo è continuare la vita di tutti i giorni (ed è vero) comportati di conseguenza, non usare metodi eccezionali come normali, non violare la legge, non commettere rendition, torture, non aprire carceri speciali. I terroristi vanno processati come criminali, non catturati come nemici.

  7. Colpiscilo alle spalle, a cominciare dalla logistica e dalla finanza, colpisci il segreto bancario, i flussi di denaro incontrollabili, il riciclaggio (cosa che tra l’altro avrebbe impedito agli evasori e ai mafiosi di arricchirsi), rifletti se i tuoi vecchi alleati servono o non sono ambigui in questa lotta, e quindi serva cambiarli o spingerli al cambiamento. Colpiscilo dove non fa notizia, dove non si vede la lotta, dove non può opporre dei pieni al tuo pieno. Sopratutto aspetta i suoi errori.

  8. Miyamoto Musashi affermava che per vincere devi pensare innanzi tutto a come pensa il tuo nemico, capire qual’è la sua strategia, immedesimarti ed essere lui per tornare ad essere te stesso con maggiore consapevolezza. Vuole costringerti in mille guerre locali, farti spendere miliardi di dollari, far salire il prezzo del greggio, strangolare la tua economia, spossarti in conflitti limitati, diffondere l’intolleranza religiosa, costringerti a sostenere dittatori, limitare le tue libertà e i tuoi diritti civili, diffondere l’islamofobia? Bene fai l’esatto contrario.

  9. Mostrati debole e bisognoso di aiuto, sii vittima se vuoi essere un buon carnefice. I tuoi avversari non sono dei tuoi nemici, i nemici sono onorevoli, sei obbligato a rispettarli e non si può essere vittima di un nemico, perché il nemico ha il diritto di colpirti tanto quanto tu hai il diritto di colpire lui. Essere considerato tuo nemico è ciò che gratifica Bin Laden, è una sua vittoria. I tuoi nemici devono essere considerati criminali, in modo simile a come si considerano criminali gli esponenti delle grandi organizzazioni mafiose, dovrai imputarli di reati, dovrai essere specifico. Una vittima può chiedere alla legge di fare giustizia, può chiedere alla legge di farsi carnefice.

  10. Più importante di tutto: i terroristi, da quando sono nati, si proclamano soldati e affermano di star combattendo una guerra, i governi invece li giudicano criminali e non combattono contro di loro guerre, ma oppongono azioni di polizia. Quindi non combattere delle guerre, ma comportati come in una azione di polizia. Circoscrivi il problema: il terrorismo è terrorismo e l’11/9, nelle sue macroscopiche proporzioni, non è Pearl Harbour e non merita la stessa risposta. È in questo modo che l’occidente affronta il terrorismo da circa 200 anni, di solito ha funzionato. Solo Israele affronta il terrorismo come se fosse una guerra, non mi sembra abbia ottenuto grandi vittorie. In questi casi i soldati è meglio lasciarli dove devono stare, in caserma.

Probabilmente applicando questo decalogo avremmo impiegato una decina d’anni a processare (non uccidere) Bin Laden (ma quanti ne abbiamo impiegati nell’altra?), ma avremmo evitato 2 guerre, qualche centinaio di migliaia di morti, una crisi petrolifera, una crisi finanziaria, ecc.

Anzi questa via sarebbe costata meno da tutti i punti di vista, umano, ambientale, economico.

Le guerre degli USA hanno solo rafforzato la Cina e il BRICS.

L’America non può essere sconfitta dalla piccolezza di Al- Qa’ida, dopo tutto l’11/9, malgrado sia il più grave attentato terroristico di tutti i tempi, dal punto di vista militare è poco più di una puntura di zanzara. Gli USA rischiano di essere sopraffatti, invece, dal peso titanico della lotta che essi stessi hanno ingaggiato.

I soldati, tolti dalle caserme, diminuiscono il loro valore di deterrenza e di equilibrio di potenza, indebolendo l’impero americano. Ovvero la minaccia dell’uso della forza è più forte dell’uso della forza e la battaglia che vinci senza combattere è quella che vinci davvero.

In Afghanistan ci sarebbero ancora i Talebani, ma, a parte il fatto che ci sono ancora, con un po’ di fortuna, prima o poi, la rivoluzione sarebbe arrivata anche lì.

In Iraq forse ci sarebbe ancora Saddam, anzi sarebbe stato negli interessi degli USA eliminare l’embargo sul petrolio e limitarlo alle armi.

In quel paese, oggi, ci sarebbero molte meno macerie, anzi forse ci sarebbe un paese abbastanza ricco e pacificato, in piena primavera araba.

Inoltre il prezzo del petrolio sarebbe salito (è fisiologico, c’è il picco), ma non avrebbe mai superato i 100 dollari al barile, con tutto quello che ne consegue per l’economia mondiale.

In Medio Oriente tutti gli sforzi diplomatici americani sarebbero stati rivolti alla ricerca di pace e compromessi tra i grandi attori regionali, l’America godrebbe quindi ancora di un certo prestigio e sarebbe ancora in grado di influenzare l’Arabia Sudita, al contrario di oggi.

Gli USA non sarebbero stati costretti ad appoggiare qualsiasi governo stesse combattendo contro qualsiasi gruppo “terroristico”, né avrebbero dovuto definire “terroristi” tutti i loro avversari.

Quindi gli USA non avrebbero appoggiato decine di impresentabili dittature nord-africane, medio-orientali e centro-asiatiche, non avrebbero perso la faccia decine di volte e non si troverebbero con una polveriera pakistana in piena ebollizione, avrebbero risparmiato qualche centinaio di miliardi di dollari e qualche migliaio di vite, non dico che si sarebbe evitata la crisi (che è insita e figlia del modello di sviluppo liberista), ma sarebbe stata ben diversa.

Prima o poi i responsabili del 11/9 sarebbero stati presi, non più lentamente di quanto sia accaduto con due guerre.

Valerio PeverelliLost Osama9/11,america,guerra,guerra al terrorismo,omar bin laden,osama bin laden,stati uniti
Del senno di poi son piene le fosse. È facile dare giudizi su ciò che è già accaduto, quindi chiedo venia se lo faccio anche io. Ricorrono oggi i 10 anni dal 11/9/2001, una vita intera. Voglio provare a ragionare, a posteriori certo, su quello che sarebbe stato strategicamente sensato, per l'impero...