Due parole sulla Siria (un punto di vista militare)
La Siria sta scivolando verso la guerra civile?
Questa, purtroppo, è una possibilità.
Da un lato le forze dell’ordine hanno continuato a reprimere duramente le manifestazioni popolari.
Secondo l’ONU i morti sarebbero ben 3.000, secondo gli oppositori ieri ne sarebbero morti ben 19.
Oggi addirittura 40, ma è una cifra molto più alta del “normale”.
Non credo che si possa discutere con cognizione di causa di queste cifre, che sono ipotetiche.
Non so se i morti siano 1.000, 3.000, o 6.000, o solo circa 800 (!) come dichiarato da Assad, sappiamo invece che ci sono, e che manifestare in Siria non solo non è un diritto ma un’attività rischiosissima.
Anche il regime ha i suoi caduti (ed i suoi sostenitori, manifestare a favore del regime non è ancora rischioso, le manifestazioni, probabilmente sincere, di sostegno ad Assad sono molto grandi e non sono esagerate dalla propaganda come in Libia). I soldati morti, secondo il regime, sono ormai quasi 1.200.
Pochi giorni fa Robert Fisk, dalle pagine del The Indipendent, raccontava di un funerale di due giovani militari cui aveva assistito, mentre oggi intervistava una delle più importanti consigliere di Assad (inoltre, a differenza della Libia, qui i ministri ed i poltici non sono solo marionette), che, ovviamente ma non necessariamente mendacemente, ricordava come la rivolta stia riconfessionalizzando il paese e come costringa i sostenitori del regime a vivere nella paura di attacchi terroristici.
Pare che molti soldati, che non vogliono partecipare alla repressione o sono pentiti di averlo fatto, abbiano disertato ed abbiano iniziato a sparare prima sulla polizia, poi sui commilitoni.
In breve si è formato un gruppo militare, il FSA (l’acronimo è inglese, è noto anche come ALS, in francese, il senso è sempre esercito siriano libero ed il nome originale è الجيش السوري الحر) che prende a modello la rivoluzione libica (anche se, sotto sotto, ne condanna alcuni aspetti). Costoro hanno assorbito la parte più combattiva dei disertori, inclusi alcuni ufficiali.
Dicono di essere ben 10.000, ma è altamente improbabile.
Le tradizioni militari della Siria sono molto differenti da quelle ella Libia, l’esercito qui è sempre stato più forte, anche nel peso politico, gli alti ufficiali devono essere alawiti, membri del partito ba’th e aver studiato alla scuola di artiglieria (o almeno bisogna avere due su tre di queste caratteristiche per salire sopo il grado di tenente colonnello), ed esistono molti ufficiali subalterni insoddisfatti.
Il FSA, nato a fine luglio, sembra già molto ben organizzato, radicato nel territorio con 22 “battaglioni”, che hanno già disputato alcune località alla polizia e all’esercito.
Pare che altri gruppi di oppositori, civili, si stiano procurando armi, non solo per difendere i cortei e gli assembramenti dell’intifada popolare (che sono sempre meno numerosi, sia perché i sostenitori della rivolta non-violenta sono per lo più in galera, desparecidi, o esiliati, sia perché scendere in piazza vuol dire rischiare la vita), ma con intenti aggressivi verso l’esercito regolare, con l’inizio di azioni di guerriglia e attacchi contro obbiettivi politici.
Inclusi atti “terroristici”, come le eliminazioni mirate di comandanti della polizia, torturatori, politici di primo e secondo piano ecc.
Insomma il contesto va sempre più deteriorandosi, mentre le opposizioni siriane in esilio tendono a strutturarsi ed ad allearsi con l’occidente e gli stati del Golfo. Il raggruppamento principale (non il solo, ma quello più forte in esilio) è il CNS.
La Libia del CNT li ha già riconosciuti come governo legittimo della Siria.
Oggi in molte città della Siria gli oppositori in piazza, pare, abbiano chiesto una no-fly zone.
Cito dal sito di Repubblica:
“Non vogliamo il ripetersi dello scenario libico, ma cerchiamo modi per proteggere i civili tramite uno scudo arabo o internazionale – ha detto Muhammad Sirmini, membro del Cns, citato dalla stampa panaraba – La No-Fly Zone limiterà le opzioni militari del regime, faciliterà le azioni dell’Esercito libero siriano e incoraggerà nuove diserzioni”.
Fin qui i fatti.
Ora un minimo di analisi:
-Una no-fly zone in Siria non proteggerebbe i civili, che non sono minacciati tanto dall’aviazione quanto dalla polizia. (Ma ormai sappiamo che usiamo il termine no-fly zone per indicare un’altra cosa…)
-Incoraggiare la rivolta militare degli ufficiali liberi e dell’esercito libero siriano renderebbe la guerra civile, probabilmente già in corso, terribile
-Inoltre (problema tecnico) la situazione militare non prevede dei fronti, come in Libia, ma dei focolai di guerriglia, quindi l’aviazione non può interagire con loro facendoli vincere.
-Distruggere la sovranità siriana significa non solo violare il diritto internazionale, ma scherzare con il fuoco del conflitto medio orientale.
-Essere intervenuti in Libia ha sicuramente giovato alle forze rivoluzionarie, ma non ha né diminuito il numero di vittime civili (anzi probabilmente lo ha alzato, anche se è difficile fare un’analisi controfattuale con i dati disponibili), né favorito la parte moderata e progressista delle forze rivoluzionarie, bensì l’ala militare islamista e violenta.
-Il modello rivoluzionario proposto dalla Libia è differente, e peggiore, rispetto a quelli di Tunisia ed Egitto, richiede tempi medio-lunghi, molto sangue, moltissimo denaro e permette elementi di eterodirezione e di ingerenza straniera sul governo.
Quindi una no-fly zone sarebbe idiota.
Non solo perché è idiota bombardare a prescindere, ma perché è uno dei modi più sicuri per distruggere ciò che ancora c’è di buono nella rivoluzione siriana (ed è moltissimo), per consegnare il paese ad un conflitto che, vista la storia della Siria, potrebbe diventare presto confessionale e inter-etnico.
Comunque, ribadisco, non credo che le folle siriane saranno ascoltate dall’occidente (anche perché non ci sono più soldi in cassa), ma non metto la mano sul fuoco per un coinvolgimento diretto di altri paesi arabi.
Sopratutto credo che i governi occidentali non debbano né soffiare sul fuoco, né illudere i siriani che, se continuano a chiedere aiuto militare lo riceveranno.
Questa rivolta la possono vincere se decidono di combatterla come rivoluzione, e non come guerra civile, anche accettando che la vittoria potrebbe richiedere molto tempo.
Vale la pena di fare anche un po’ di ragionamenti di carattere prettamente strategico-militare sul rapporto costo-efficacia di una guerra in Siria.
Dubito che l’esercito siriano, con il suo corpo ufficiali così compatto, possa subire un processo di disgregazione superiore a quello che ha già patito.
Non vi sarà mai una situazione paragonabile a quella libica, in cui il regime doveva reclutare personale non qualificato e mercenari per tappare i buchi causati dalla diserzione; ed oltre tutto l’esercito siriano è 6 volte più grande di quello di Gheddafi, meglio armato, meglio addestrato, più preparato e più fedele al governo.
Anche in caso di no-fly che non degenerasse in un conflitto generale medio-orientale occorrerebbero tempi molto lunghi prima di sconfiggerlo, ed, alla fine, il paese sarebbe distrutto e dilaniato da un conflitto settario.
Infine, dato da non dimenticare mai, mentre tutte le forze di opposizione libiche, eccetto un sedicente gruppo anarchico tripolino, chiedevano l’intervento e la no-fly zone, in Siria questa viene chiesta solo dalla SCN, che sarà la più grande organizzazione d’opposizione siriana in esilio, ed ha in patria l’appoggio dei fratelli mussulmani, ma non è “l’opposizione siriana”, che anzi raggruppa le sue forze, sopratutto progressistem in altri gruppi, (Coordinamento Nazionale di Cambiamento Democratico per esempio, oppure il blocco Curdo-Assiro ecc.).
https://in30secondi.altervista.org/2011/10/29/due-parole-sulla-siria-un-punto-di-vista-militare/In 30 secondiguerra,in fiamme,siria
In Siria c’è già una guerra civile. La “comunità internazionale” (termine ormai divenuto quantomeno ominoso) ha una grande occasione storica: riscattarsi tenendosene fuori e lasciando le fazioni combattersi fino a quando il paese ritroverà (purtroppo con la violenza) il SUO equilibrio.
Purtroppo non sarà così: l’ingerenza occidentale in un modo o nell’altro ci sarà.
Obomba ha già detto che il modello libico è perfetto e va applicato tutto e subito. Non si sa niente di quello che succede: ma si nota che il lavorìo mediatico “alla libica” è già impostato e funzionante: notizie non verificabili provenienti da “attivisti” (magari con sede a Londra o Parigi) sono capillarmente diffuse dalle agenzie, c’è un CNQualcosa bello pronto che parla in inglese,
i corrispondenti (vedi Lorenzo Trombetta da Beirut per l’Ansa – e anche Limes – che fa due lanci al giorno copiando le veline degli “attivisti”) stanno già chiamando “lealisti” quello che è ancora un esercito regolare e una forza di sicurezza governativa.
Attenzione, le parole contano! Perché sono quelle (CNQ, AP, ANSA, AFP, NYT) che costituiranno la documentazione su cui si esprimeranno i TPI costituiti a bela posta, e il CDS Onu per applicare il più grande trucco del secolo: la dottrina del R2P, con una bela noflyzone chiesta ore rotundo dal CNQ, e dalle organizzazioni, sì, imperialiste.
Io lo dico subito Peverelli: sono stato in Siria, c’era ancora Assad vecchio, ho cercato di capire la mentalità (le mentalità) del paese, ho trovato la Siria uno dei posti più belli e interessanti al mondo, mi piacerebbe anche viverci e non voglio che faccia la fine della Libia e dell’Iraq, proprietà della Xservices, della Halliburton, della Footlocker della Veolia e della EDF, perciò quando Susan Rice si accingerà a scrivere una risoluzione tipo 1973, io considererò automaticamente Bashar El Assad (che non è un dittatore, come lo era invece suo padre) e il suo regime (autocratico, repressivo ma comunque rappresentante legittimo della maggior grande parte della popolazione e interprete abbastanza fedele della mentalità e società siriana) vittima dell’imperialismo e, immediatamente, antimperialista. In quella veste lo sosterrò. E tu?
Io no (mio fratello conosce abbastanza bene un siriano esule, su Assad “non dittatore” avrei da ridire).
Anche se ovviamente a) non sosterrò la pagliacciate della dplomazia USA-UK-Francia-Qatar, anzi direi che per impedire questa guerra, sopratutto prima che i cannoni tuonino (non voglio piangere sul latte versato), è necessario il massimo impegno di tutti noi. E per fare questo serve dare massima pubblicità a tutti coloro che, nell’opposizione siriana (e non son pochi) non vogliono una soluzione alla libica.
b)Se il “governo legittimo della Siria per la comunità internazionale” diventa il SCN (o CNS) stiamo freschi, nel senso che in Libia il CNT ha cercato (fallendo) di essere una sorta di CLN, ma il SCN (o CNS) è giù nato escludendo buona parte delle forze migliori dell’opposizione siriana. Questo bisogna dirlo e ripeterlo, il SCN rappresenta una grossa fetta delle opposizioni, ma non “le opposizioni” e nemmeno quelle che piaciono più a me, anzi è la fetta più confessionale, più filo-golfista, più, nei fatti, reazionaria. Una guerra fatta per sostenere il SCN è persa in partenza perché la società siriana (inclusi i cristiani, i curdi ecc.) è stufa del regime, ma non si farebbe governare dai fratelli mussulmani. Ci dovrebbe essere tutta un’area grigia (come in tutte le guerre civili) che tra il CNS (o SCN) ed Assad non sa cosa scegliere o preferisce Assad, ma che tra Assad e la libertà ha già scelto da un sacco di tempo.
c)In Siria Assad può essere ancora costretto alle dimissioni dalla folla, in maniera relativamente pacifica. Anzi la recrudescenza di guerra civile di questi ultimi mesi (diciamo dalla presa di Tripoli in poi)lo ha solo rafforzato, e più il clima si farà pesante e militarizzato, più lui risulterà saldo in sella. Viceversa (e questo lo sanno anche nelle cancellerie) anche se Assad riuscisse a riconquistare la calma nel paese, e per un anno non vi fosse nemmeno una manifestazione, il suo regime rimarrebbe debolissimo. Ogni concessione alla piazza lo indebolirebbe, ogni mancanza di concessioni lo indebolirebbe ancora di più, in una situazione senza uscita. magari ci vorrebbe qualche anno perch il suo regime si sfaldi, ma non decenni.
Mentre il perdurare di questa situazione, se si riuscisse a far prevalere l’opzione non violenta delle proteste (e la violenza è scoppiata, qui lo dico e qui lo nego, perché l’esperienza libica ha fatto scuola e perché non ci si ispira più alla Tunsia, e si spera nei bombardieri per risolvere i problemi interni) avrebbe comunque un effetto dirompente e destabilizzante che il regime non può regge indefinitivamente.
Certamente non è facile pensare che si riesca a reimpostare il movimento siriano sui binari non violenti, quando la polizia spara è difficile capire che lo scontro politico non violento è più funzionale alla vittoria della vittoria militare sul nemico/avversario. Servirebbe una leadership di altissimo livello morale, intellettuale, politico ecc. ecc., ma non c’è un Mandela siriano pronto all’uso.
Però non credo proprio che la NATO interverrà sulla Siria, le casse sono vuote, il livello di scorte di munizionamento, specie di precisione, è basso, la guerra “per entrare nella storia” (e far bella figura con una certa oppinione pubblica) l’abbiamo già fatta in Libia.
La Siria non è la potenza che era una volta, diciamo fino a fine anni ’70 (la modernizzazione delle forze amrate siriane negli anni ’80 lasciò molto a desiderare), ma ha ancora delle forze armate che richiedono un impegno molto maggiore rispetto alla Libia (o si corre il rischio di figuraccie), ed ha alleati potenti (Iran tra tutti, tra l’altro con un trattato formale e pubblico) Quindi questa volta ci vorrebbe l’impegno massiccio degli USA (in Libia non c’è stato, se non nel primo mese), solo che proprio in questi giorni si stanno “ritirando” dall’Iraq, e non credo proprio vogliano rischierare centiania di migliaia di uomini lì.
(anche perché Assad, alle prime bombe, può sempre mandare una divisione corazzata sul Golam e, sopratutto, un’altra verso Tikrit, non per vincere, ma per creare problemi diplomatici)
La Libia era “facile” da un punto di vista militare (eppure è stata il doppio più difficile delle previsioni, sia pure ottimistiche, della vigilia), la Siria non è “impossibile” come l’Iran, ma resta “difficile”, e costosa. Anche se non ci fossero inquietanti possibilità di estensione del conflitto a tutta l’area.
A, dimenticavo per Zerco, e per chiunque voglia essere particolarmente ben informato su quello che accade in Siria, oltre a The Indipendent (che tradizionalmente è il giornale britannico più inserito nella regione) consiglio caldamente il sito/blog SiriaLibano di Trombetta e soci, alcuni dei quali sono a Damasco e dintorni.
Vi lascio il link dell’ultimo aggiornamento, con alcuni video molto interessanti (e drammatici) su quello che accade a Homs in questi giorni.
http://www.sirialibano.com/short-news/homs-29-ottobre-2011-in-diretta.html
Scusa in che senso Bashar al-Assad non sarebbe un dittatore? Questa proprio non l’ho capita. Anche l’idea di un regime interprete della mentalità della società siriana mi pare molto superficiale, da propaganda. Almeno spiegaci quest’idea, non è la prima volta che la sento, ma proprio non ci arrivo.