Uno dei motivi per cui l’accorpamento di tutti i moti di piazza arabi degli ultimi tempi sotto il titolo di “primavera araba” è sviante, è che ognuna delle piazze che dalla fine del dicembre scorso sono in fiamme porta con sé le proprie importanti specifiche.

E’ già molto difficile assimilare la situazione tunisina con quella egiziana, queste due con quella libica, queste tre con quella del Bahrain, queste quattro con quella yemenita e tutte e cinque con quella siriana. Se poi ci rivolgiamo all’Arabia Saudita vediamo che quasi nulla di ciò che si muove lì ha un reale corrispettivo altrove, ad esclusione della tempistica e di una sottile categoria di attivisti che pubblicano su internet ciò che avviene.

A dire il vero le manifestazioni di al-Qatif hanno qualcosa in comune con il Bahrain per il fatto che a rivoltarsi sono persone di confessione sciita. Ma anche qui è necessario fare dei distinguo: nel caso del Bahrain gli sciiti sono la  maggioranza della popolazione autoctona, vessata proprio in base all’appartenenza confessionale da un tiranno sunnita, il ché rende la loro rivolta legittima e comprensibile anche al di fuori dello schema del settarismo (fra l’altro i contenuti della rivolta del Bahrain non contengono rivendicazioni di tipo religioso). Gli sciiti in Arabia Saudita, invece, sono una minoranza, neanche il 10% della popolazione, sebbene vivano lo stesso tipo di discriminazioni. Le loro rivendicazioni, dunque, sembrerebbero in prima battuta meno “forti” ancorché — e vedremo perché — giustificatissime e anzi sacrosante, vista anche la qualità della repressione del Saudita.

Ciò che appare in qualche modo una stortura, in questo contesto, è proprio la sovranità saudita sull’area di al-Qatif che, come in molti fanno osservare, è anche l’area dove si concentrano i pozzi di petrolio del regno.

Storicamente denominata al-Hasa, la fascia orientale del Regno appartiene al crogiuolo socio-culturale del Golfo Persico molto più che a quello dell’Arabia interna. Un crogiuolo che gli attuali assetti geopolitici sono ben lungi dal riconoscere (anche i dirimpettai iraniani vessano le minoranze arabe, non importa se sciite o meno, che vivono attorno al Golfo) e che altrove, in paesi anche solo vagamente più democratici, troverebbe una sua visibilità a livello istituzionale.

Sulle minoranze sciite invece il regno saudita ha più volte esercitato e continua a esercitare una repressione feroce anche in relazione alla propria funzione (autoproclamata) di “campione del sunnismo mondiale”, avendo in gestione (anche qui in molti sensi “abusiva”) Mecca e Medina, le “città sante” dell’islam, e quindi essendo de facto i “Custodi dei Due Luoghi Santi”.

La più virulenta ebbe luogo nel 1979, in contemporanea con l’occupazione dell’ambasciata americana a Taheran (motivo per cui ebbe una eco decisamente distorta perché sembrava che tutti gli sciiti del mondo si stessero rivoltando) e negli stessi giorni in cui la moschea della Mecca, con al centro la Ka’aba, fu occupata (e poi sgomberata con una carneficina) dai seguaci di Juhayman (figura su cui qui non mi soffermo).

Tutto questo per dire che le proteste degli sciiti di al-Qatif hanno radici storico-culturali ben precise e che il collegamento con le proteste che hanno luogo in questi mesi in tutto il mondo arabo è per molti aspetti solo congiunturale: i contestatori di al-Qatif, soffrendo oltretutto dello stesso genere di “cancellazione” che subiscono in questi mesi gli sciiti del Bahrain, non avrebbero comunque avuto, in un altro contesto storico, la stessa visibilità.

Laddove è ovvio che le televisioni panarabe, l’una saudita (al-Arabiya) e l’altra qatarita (al-Jazeera) non danno alle manifestazioni di al-Qatif il risalto che danno in altri casi (anzi non mi risulta che vengano coperte, ma potrei sbagliarmi).

Rimane la profonda legittimità delle loro aspirazioni che, tutto lo fa pensare, non avranno soddisfazione.

 

Lorenzo DeclichIn fiammeal-qatif,arabia saudita,rivolta,sauditi,sciiti
Uno dei motivi per cui l'accorpamento di tutti i moti di piazza arabi degli ultimi tempi sotto il titolo di 'primavera araba' è sviante, è che ognuna delle piazze che dalla fine del dicembre scorso sono in fiamme porta con sé le proprie importanti specifiche. E' già molto difficile assimilare...