La mossa iraniana: gold for oil
Nel 1944 la conferenza di Bretton Woods stabilì l’egemonia del dollaro: quella moneta da quel momento fu il riferimento unico per gli scambi commerciali mondiali.
Nel 1971 Richard Nixon dichiarò la fine del regime di cambi fissi: il valore del dollaro non era più agganciato al valore all’oro. Ma il dollaro rimaneva l’unità monetaria di scambio egemonica.
In particolare col dollaro si quotava il petrolio: nasceva l’oro nero (e con esso tutti i guai che abbiamo oggi nell’avere a che fare con un’economia mondiale che non può fare a meno di esso, né dei petrodollari, unica vera fonte abbondante di liquidità).
La notizia di oggi, non confermata (la lancia ieri DEBKAfile e viene ripresa oggi da diversi giornali online di analisi economica, vedi ad esempio qui e qui), è che l’India sta per pagare il petrolio iraniano in oro e non in dollari. I pagamenti avverrebbero attraverso due banche che non hanno relazioni d’affari con gli Stati Uniti, e dunque non sono esposte alle sanzioni americane: la UCO indiana e la Halkbank turca.
Tutto ciò si viene a sapere proprio nel giorno in cui l’unione Europea decide l’embargo totale del petrolio iraniano. Secondo Russia Today la Cina potrebbe seguire l’esempio dell’India. Ovviamente la cosa inquieta gli americani: metterebbe (parzialmente) al riparo l’Iran dalle sanzioni.
https://in30secondi.altervista.org/2012/01/24/la-mossa-iraniana-gold-for-oil/In 30 secondidollaro,india,iran,oro,petrolio
No, non si limiterebbe a mettere l’Iran al riparo dalle sanzioni, potrebbe essere l’inzio della fine per l’America, parecchi punti di PIL americano derivano solo dal fatto che il dollaro è la moneta di riferimento, ma ormai la Cina (e fino all’inizio della crisi l’area euro) possono farne a meno.
Solo che il crollo del dollaro come moneta di scambio internazionale danneggerebbe tantissimo chi da anni investe in questo, in primis l’Europa, l’America Latina e il Giappone (mentre l’altro investitore pesante, la Cina, si troverebbe tutto sommato meglio, visto che il remimbi diventerebbe una moneta di riferimento e di sostituzione).
Inoltre i detentori di grandi riserve di petrodollari, arabia saudita in testa, sono molto, molto esposti, se il dollaro perdesse il 30% del suo valore rishierebbero di fallire come stati.
Inoltre tutto questo avviene in una fase in cui il prezzo dell’oro sale a dismisura, raggiungendo, tra l’altro, la massima divaricazione storica con il prezzo dell’argento.
Se torniamo ad un sistema a base aurea o bi-tri metallica (cosa non così impossibile, sebbene improbabile, tra l’altro l’argento vale sempre meno, ma il terzo metallo, il rame, vale sempre di più) Russia, Australia, Sud Africa, Cina, Brasile ed altri paesi (sopratutto sud-americani e africani) con buone scorte risultano ulteriormente avvvantaggiati, mentre l’America fa default.
In realtà da un bel po’ l’Iran (ed altri paesi “anti-americani”) hanno capito che più che le bombe atomiche è il denaro il punto debole dell’America.
Esiste tutta una tradizione strategica di guerra sotteranea sulla moneta, tentata la prima volta nel XVII secolo (guerra di Candia, speculazione veneziana sulla moneta turca), che non sempre da i suoi frutti, anche perché il lavoro strategico-razionale si può solo innestare su un trend economico già esistente e deve essere aiutato da un clima irrazionale (ed una grande crisi economica sistemica e non ciclica come questa è perfetta).
Ed infatti se vi ricordate fu l’Iraq di Saddam il primo paese a offrire il petrolio non in dollari, e Chavez ha diversificato le monete di riferimento. Mentre la Corea del Nord è sospettata di avere una cospiqua riserva di dollari falsi (decine di miliardi), pronti ad essere immessi sul mercato con effetti destabilizzanti.
Per ora era una cosa fatta o per “malizia”, o perché, come nel caso iraniano, non si poteva fare diversamente (almeno in apparenza, ma credo che vi sia in questo anche la volontà di sostituire le riserve in dollari con riserve auree, che acquistano valore più in fretta); ma se il sistema prende piede vedremmo anche altri petrodollaristi passare all’oro o diversificare per mettersi al riparo da una crisi di valore del dollaro.
Causando con questo probabilemte una crisi del dollaro, che spingerà altri ad abbandonare questa moneta ecc. ecc. Questo effetto domino è quello più temuto tra gli analisti militari americani. Anche perché non è detto che entrare in guerra tuteli il dollaro, e, visto che fino ad ora sono stati abituati a risolvere tutto con i bombardieri, non sanno bene cosa fare.
Secondo me non è stata l’India ad offrire l’oro come pagamento del petrolio, ma l’Iran a pretenderlo, le riserve di dollari indiane sono più che sufficienti, visto che da quasi 15 anni la bilancia dei pagamenti avvantaggia l’India rispetto agli USA. Mentre l’India è un modesto produttore d’Oro. Capirei se il Perù, paese non troppo ricco ma con buone riserve aurifere, vende oro in cambio di petrolio, ma all’India non conviene, almeno non conviene quanto conviene all’Iran.