Se i disertori fanno un attentato
Sarò di vecchia scuola ma per me l’uso del terrore come arma contro chiunque è una dichiarazione di fallimento, una resa.
Se davvero l’attentato di Aleppo è rivendicato dai disertori di al-Asad ciò significa che questi hanno perso o meglio, si sono definitivamente consegnati nelle mani di chi, da fuori la Siria, sta giocando con la vita e la morte di milioni di persone.
E che il gioco di al-Asad si è rivelato vincente.
https://in30secondi.altervista.org/2012/02/10/se-i-disertori-fanno-un-attentato/In fiammealeppo,attentato,siria
Sarò di vecchia scuola ma per me l'uso del terrore come arma contro chiunque è una dichiarazione di fallimento, una resa.
Se davvero l'attentato di Aleppo è rivendicato dai disertori di al-Asad ciò significa che questi hanno perso o meglio, si sono definitivamente consegnati nelle mani di chi, da fuori...
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Concordo anche sulle virgole.
Oltre tutto in Siria se la lotta si trasforma definitivamente in una guerra a vincere saranno quelli con i cannoni più gorssi, ovvero Assad ed i suoi.
Il regime correrebbe molti più rischi se ci fossero state diverse grandi manifestazioni la domenica dopo messa, oppure se si fossero ribellate più comunità alawite. Se invece questa diventa una rivolta dei militari disertori (sunniti e sud-occidentali in stragrande maggioranza) appoggiati ed allettati dai sauditi, finirà con il solito bagno di sangue.
La Siria non è la Libia, per popolazione, densità abitativa, dimensioni dell’esercito, peso delle aree urbane, geografia, saldezza del regime, consenso, demografia, economia, reddito medio, ecc. ecc.
Trombetta lo dà già come autoattentato, ça va sans dire.
Be’, la fonte di Trombetta è affidabile.
Chi? “un medico da campo raggiunto via Skype dall’ANSA” (cit)? Il neonato (evviva, un altro!) “Supremo consiglio della rivoluzione, una delle sigle degli attivisti in rivolta” (cit)? Gli specificissimi “attivisti anti-regime” (ultra-cit)? il “sito del Centro di documentazione delle violazioni in Siria, legato ai Comitati di coordinamento degli attivisti anti-regime”? I “Comitati di coordinamento locali degli attivisti, che forniscono sul loro sito una lista dettagliata delle vittime” (stra-cit)? “testimoni citati dall’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus)” (ri-cit)? Un “video amatoriale, pubblicato in rete dall’Esercito libero siriano (Esl)”? Se queste sono fonti affidabili mi propongo anch’io come inviato ANSA per la Siria, da Zagarolo.
Mi riferisco al caso specifico: 14:30 (ora di Aleppo, le 13:30 in Italia): Il colonnello siriano Riad al Assaad, sedicente comandante dell’Esercito libero siriano (Esl) formato dai disertori che si sono uniti ai manifestanti anti-regime, ha accusato tramite la tv panaraba al Arabiya il governo di Damasco di esser dietro al duplice attentato compiuto stamani ad Aleppo nel nord del Paese e smentisce con forza la “finta” rivendicazione fatta a France24.
Affidabile? Un “sedicente” citato da Al Arabiya? Come Rockerduck citato da Papersera.
Assad fa l’unico gioco di cui è capace il suo gruppo: reprimere (o cercare di farlo) senza pensare a conseguenze.
I regimi autoritari come il suo non sono capaci di sfumature o di marchingegni sottili per arrivare ad un fine, che è sempre e solo la conservazione del potere; in ossequio al suggerimento di Richelieu quando vide il cadavere di Concini fatto a pezzi dalla folla e appeso per i piedi (ma guarda tu la storia…) “Amico: quando prendi il potere devi guardare bene di non perderlo mai!”.In questo Assad è assolutamente prevedibile e (se vogliamo) schietto e meno capace di sottigliezze e doppi messaggi.
Il fatto che invece la cosiddetta “comunità internazionale” (ora = USA/NATO+CCG) abbia nella simulazione proprio la sua condotta specifica degli affari internazionali lo si è visto chiaramente in Libia. Ma che questa simulazione sia diventata ormai il tratto fondamentale della stessa ONU è qualcosa che in parte sfugge, in parte rifiutiamo di ammettere. La dottrina r2p è il condensato della simulazione e che essa sia diventata la linea politica dell’ONU (lo si vede in tutti gli ultimi casi, culminando con la disgustosa risoluzione 1973) è qualcosa di epocale. Nel senso di abominevole, per cui l’ONU è diventato un acceleratore, e non un freno, ai rapporti di pura forza nella soluzione delle controversie.
Che la Siria dovesse diventare una nuova Libia è stato detto subito, quando l’ineffabile Rasmussen disse che “il modello libico è efficiente, pronto per essere applicato ad altre realtà”.
Che la Siria fosse ormai diventata ostaggio di questo gioco “libico” più che di Assad, è emerso, non so se ve ne siete accorti (Trombetta non di sicuro), il 31 gennaio: il portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite dei diritti umani, Rupert Colville, dichiarò (in una conferenza stampa, non al pub del palazzo di vetro): “sembra esserci una escalation molto pericolosa e allarmante, anche alla periferia di Damasco”, esortando “le autorità siriane a porre fine alle uccisioni e anche i combattenti dell’opposizione a prendere precauzioni per evitare uccisioni non necessarie”.
Capito? L’ONU riconosce ai “combattenti” (quindi ci sono dei combattenti) le uccisioni “necessarie”. A me è venuta la pelle d’oca; non so a voi.
Non siamo più all'”Enduring freedom” targata USA, siamo all'”Enduring Lybia” targata ONU.
A questa aberrazione universale io preferisco Assad, che è semplicemente meno pericoloso per tutto il pianeta terra.
E adesso ribeviamoci pure le veline del Cns, Ondus, Els!
E’ vero, Zerco. Ciò che succede in Siria è molto più sofisticato, come dice anche Valerio. Una grossa differenza con la Libia è l’entità del dissenso di piazza, in Siria molto maggiore (in Llibia un vero movimento è stato ammazzato nella culla). In ٍSiria la NATO non può entrare con la facilità con cui è entrata in Libia. Di qui l’orrenda carneficina degli ultimi giorni. Quello che davvero mi colpisce è l’estremo cinismo di tutti gli attori in campo.
La cosa preoccupante è la “profezia autoavverante” della situazione siriana.
Ovvero 10 mesi fa il movimento siriano era schietto, genuino e non etero diretto, aveva dei limiti macroscopici (ovvero era regionale e quasi monoconfessionale, più maschile che femminile, giovanile al nord e più intergenerazionale nel sud-ovest ecc.), ma era decisamente popolare e “patriottico”.
Ed era essenzialmente pacifico.
Oggi invece è sempre più diretto da alcune potenze dell’area (Arabia Saudita tra tutte), sempre meno laico (ma questo dipende sopratutto dallo sbilanciamento della repressione, i gruppi laici, democratici, interconfessionali e di sinistra erano un po’ più piccoli, meno militanti, e sono stati distrutti dalla repressione per primi con grande determinazione) e sempre più egemonizzato dalle esigenze militari dell’esercito di disertori.
I quali fanno la guerra, né più né meno, con tutti gli orrori del caso, e con il modello libanese incombente.
Inoltre hanno un modello di militanza molto differente (segretezza, capacità cospirativa, elitarismo, addestramento, machismo) da quello necessario per un movimento di massa.
Quindi ieri c’è stato un attentato, rivendicato prima dai disertori, e poi negato ed attribuito ad Assad stesso.
Ambedue le ipotesi sono plausibili, ma ragioniamo un po’ su questo.
Ancora sei-sette mesi fa l’idea che l’opposizione siriana piazzasse una bomba non era plausibile, oggi si.
Quindi la strategia della tensione da parte del regime era evidente e manifesta, mentre oggi la possibilità che in Siria vi siano cellule terroristiche “genuine”, magari salafite, che organizzano attentati è più che una possibilità.
Ancora sei-sette mesi fa le accuse di Assad di eterodirezione ed appoggi stranieri all’opposizione erano propaganda, oggi no, o comunque non sono solo propaganda, visto che tanti stanno rimestando nel torbido.
Quindi quando Assad parlava di Mossad e di Israele ci facevamo una grassa risata, mentre oggi quando DEBEKA file parla di Qatar e Gran Bretagna, oppure di campi d’addestramento in Libia, ci viene il sospetto che questa notizia possa essere vera.
E ribadisco, le guerre civili sono difficili da vincere e per vincerle bisogna diventare violenti, amorali, cinici, bisogna essere capaci di uccidere a sangue freddo e senza rimorsi di coscenza. Mentre le rivoluzioni possono essere fatte anche da idealisti non violenti, usando magari come manuale (l’Egitto insegna) Gene Sharp, e come modello Martin Luther King e Ghandi. Ed i rivoluzionari non devono diventare un elité di giovani assassini (prevalentemente maschi) addestrati, privi di scrupoli e capaci di uccidere un vecchio amico.
Il che è un utile discrimine per capire come governeranno una volta andati al potere.
Perfetto: e fornisco un altro utile discrimine per capire come costoro andranno al potere. Si chiama Libia, oppure Irak… Afghanistan… Kosovo… Costa Avorio… Somalia… Algeria… Ogni volta è la stessa storia: si impongono cambiamenti di regime dall’esterno con svariati pretesti, li si giustifica con questa o quella “dottrina” filosofica, si distrugge un paese in modo che si potrà risollevare in cinque o sei generazioni, poi ci si dimentica e si è pronti a rifare la stessa cosa con il regime successivo, dicendo “ma no, prima abbiamo sbagliato, anche se le intenzioni erano giuste, adesso è diverso perché quello lì è veramente peggio degli altri”. Avanti, sotto un altro!
Però Zerko non dimentichiamoci di 2 cose:
1) Questi giochini sporchi si possono fare se e solo se il regime è veramente impresentabile presso il suo stesso popolo, così impresentabile che moltissime persone normali preferiscono il rischio di catastrofe all’inazione. (ovvero Assad se l’è cercata, da anni, Homs aveva già conosciuto i carri armati vent’anni fa, e lui avrebbe fatto molto meglio ad andarsene in esilio a maggio, prima che tutto degenerasse).
2) Non è detto che la Siria diventi una nuova Libia solo perché ci sono somiglianze, più apperenti che sostanizali, tra le due situazioni. Perché mentre in Libia c’erano 2 nazioni che volevano intervenire a tutti i costi (Francia e UK) per la Siria non vedo la fila di stati pronti a partire. Magari mi sbaglio, ma più in là di un piccolo appoggio “coperto” non vorranno andare. Anche perché nel caso di una “rapida” (improbabilissima) vittoria dei ribelli la nuova Siria sarà, con ogni probabilità, imprevedibile sullo scacchiere israelo-palestinese.
La fai molto facile nel pensare che tutti questi cambiamenti di regime siano avvenuti “dall’esterno”, la maggior parte sono avvenuti anche con l’appoggio di forze esterne, ma quell’ANCHE è molto importante. Nel caso siriano per esempio il regime di Assad, vado come vada, è finito, per una semplice ragione di popolarità. Ma un nuovo regime non è ancora cominciato, e nessuno può catapultare dall’esterno un nuovo sistema, anche se magari (anzi più che magari) qualcuno prova a influenzare e forzare il cambiamento in una direzione a lui più o meno favorevole.
Ma sono comunque i siriani che si stanno ammazzando tra di loro, e quello che succede è cominciato ed è successo per decisione di gruppi di siriani, contrapposti, in cui “l’occidente” conta relativamente, ed anche l’Arabia Saudita (che invece pare stia investendo parecchio, così come l’Iran) si è aggiunta a cose fatte, ed ha potuto solo scegliere su chi puntare.
Ho i miei dubbi che i ribelli dell’esercito siriano possano battere i regolari, ma non è impossibile, e se lo faranno saranno loro i vincitori, magari saranno degli emeriti imbecilli che governeranno la Siria peggio dei baatisti, ma non sarà un proconsole americano come in Iraq.
Quando sono stato io in Siria c’era Hafez el Assad. Era peggio di Bashar, più autocrate (culto della personalità secondo forse solo a Kim Il Sung), più furbo, più antipatico, forse più intelligente come capo di stato. Nel complesso la Siria era un paese più chiuso e impermeabile, ma ti posso assicurare che il regime godeva di appoggio generale per due principali motivi: l’economia di stampo socialista, in un paese nel quale l’agricoltura e la pastorizia sono prevalenti, si doveva preoccupare solamente di mantenere i prezzi controllati e le risorse il più possibile ugualmente distribuite per la cittadinanza urbana di Damasco e Aleppo. Questo veniva assicurato. Lo spezzettamento clanistico-religioso del corpo sociale (stile Libano), politicamente rischioso, faceva sì che la gran parte dei gruppi rinunciasse alla propria autonomia affidandosi a un gruppo (alawita, più forte nell’esercito) in favore della sicurezza, per non cadere appunto nella guerra civile. Per questi due motivi Assad padre aveva, più che il consenso (che non è un concetto adatto alla realtà mediorientale) il il favore dei siriani: di quelli che contano politicamente, per il secondo motivo, della popolazione per il primo motivo. Qui sta un nostro errore fondamentale: vedere le società mediorientali, etnicamente, socialmente, politicamente religiosamente molto più differenziate della nostra al loro interno, anzi con delle profonde fratture, regolate da concetti come “consenso”, “bene comune”, “nazione”. E pertanto, a mio parere, la gente comune della Siria come di altre realtà del medioriente, il beduino, il contadino di Deri Ez Zor, il commerciante di Aleppo yta la sicurezza e la libertà sceglie la prima.
Bashar El Assad, secondo me, è stato fin troppo intelligente impedendo per dieci anni dopo la morte del padre che si riaprissero le fratture tra i gruppi e la Siria diventasse come il Libano.
Ora le fratture si sono riaperte: l’ansia di libertà del popolo non c’entra niente. Ci sono altri gruppi che vogliono prendere le redini in mano e pur di farlo sono disposti a tutto: anche ad avere un proconsole americano. Assad è una vittima del suo ruolo, i veri criminali sono chi approfitta dell’apertura di queste divisioni per fare a pezzi il paese e impossessarsene. E questi sono fuori dalla Siria, sono più pericolosi perché hanno una macchina già bella pronta e rodata per farlo, fatta di cacciabombardieri con i motori sempre accesi, forze speciali, agenti segreti, portaerei, bombe a guida laser, televisioni, giornali, agenzie di stampa, opinionisti, filosofi, soldi. Povero Bashar!
Attenzione, però, Zerco. I dieci anni di Bashshar non sono passati senza che nulla succedesse. Suo padre viveva in un altro mondo, Lui ha inaugurato “nuove politiche” liberiste (all’interno del paese) che hanno ridotto se non azzerato quel livello di redistribuzione di cui parli e che aveva permesso al padre di mantenere il conflitto sociale sotto il livello di guardia (http://www.jadaliyya.com/pages/index/349/neoliberal-pregnancy-and-zero-sum-elitism-in-the-a). Ha impoverito il paese, in altre parole, prendendo troppo per sé e per i suoi amici. Non credo nella sua buona fede, in breve. Detto ciò non condivido il tuo “eccezionalismo mediorientale”, ma questo è un argomento che tralascio. Quanto ai gruppi che vogliono prendersi il potere non vedo differenze rispetto ad altri paesi. D’accordo su cannoni, televisioni etc etc, ma anche questo è un altro discorso.
P.S.
E l’internazionalizzazione della crisi è però un fatto “biunivocamente”. Anche l’idea che Assad, messo alle strette (anche perché oggettivamente l’opposizione sta diventando “di massa”, anche se chi effettivamente combatte è “d’eliè” o “d’avanguardia” se preferite) e con problemi di disciplina nell’esercito, ricorra all’aiuto dell’Iran e di altre organizzazioni non è affato incredibile. Mentre sei-sette mesi fa era possibile, ma non ne aveva reale bisogno.
@ Lorenzo
Sì, verissimo su Bashar: con “abbastanza intelligente da resistere dieci anni” intendevo più rimarcare la mia sorpresa personale; dopo avere visto la Siria di Hafez ritenevo che il redde rationem potesse arrivare ben prima. Non mi sono comunque spiegato al meglio: io non vedo affatto alcun “eccezionalismo mediorientale”, sono troppo scettico per vedere alcun eccezionalismo di nessun tipo al mondo. Intendevo dire che nel riferire i motivi e le ragioni di questo conflitto non si mette in luce (per scarsa conoscenza o – più facilmente – per propaganda) la natura composita della società araba mediorientale e la particolare “chimica” dei legami interni al corpo sociale di quell’area, meno politici e più tradizionali, meno legati alla praxis, direi, e più al nomos, senza fare di questo una valutazione o gradazione di merito. Era solamente per dire che appiattire questo conflitto (come fa Trombetta da Beirut e tutto il “complesso informativo-militare-industriale”) al meccanismo “tiranno contro popolo”, “oppressore armato contro oppressi disarmati” è in questo caso ancora più fuorviante di altri, anzi, interessato e propagandistico. Poi, come diceva Watzlawick, anche quegli altri hanno perfettamente ragione, dal loro punto di vista.