Ieri, di fronte alla stazione Ostiense (Roma), si riunivano un migliaio di persone per una manifestazione organizzata dal Consiglio Nazionale Siriano in Italia.

Chiedevano la fine dei massacri, libertà per la Siria, la caduta del regime.

Contemporaneamente un gruppo di persone della rete No War manifestava davanti all’Ambasciata saudita.

Chiedevano di fermare l’aggressione alla Siria da parte di agenti esterni (Qatar, Arabia Saudita, NATO, al-Qaida) e dicevano “no alla guerra umanitaria”.

La prima era una manifestazione “di popolo” nel senso che c’erano molti siriani, c’erano bandiere rosse e bandiere della pace.

La seconda era una manifestazione “d’opinione” nel senso che non c’erano tutti questi siriani, non c’erano bandiere ma insegne pacifiste sì.

I pacifisti erano in entrambe le manifestazioni, due generi di pacifisti diversi –pare– che avevano due opinioni diverse sul pacifismo. C’è una polemica dietro.

Come scrive Emanuele Giordana:

Tutto è cominciato con un messaggio di Flavio Lotti il 10 febbraio scorso che invitava il pacifismo italiano ad aderire a una manifestazione, domenica prossima a Roma, indetta dalla sezione italiana del Consiglio Nazionale Siriano (Cns), importante gruppo – forse il più noto – dell’opposizione al regime di Assad. Lotti, coordinatore della Tavola della pace, spiegava che la situazione è circondata da un’informazione che spesso diventa “strumento di guerra” ma che se “abbiamo bisogno di capire, riflettere, discutere” è anche necessario “agire”. Alla manifestazione hanno aderito i gruppi più importanti del movimento: Libera, Articolo21, Cgil, Arci, Acli, Beati, Terra del Fuoco e molti altri.

Nelle stesse ore, una sessantina di associazioni non meno pacifiste, capeggiate da Peacelink, una delle più antiche formazioni arcobaleno italiane, diffondeva un Appello nel quale, citando “una crescente campagna mediatica spesso basata su resoconti parziali e non verificabili”, chiedeva all’Onu di “agire immediatamente per fermare ogni tentativo di intervento militare straniero contro la Siria e di favorire una vera mediazione”. Apparentemente le cose non sembrano in contraddizione ma solo qualche giorno dopo i distinguo sono venuti alla luce.

Con una “Lettera aperta” sul 19 febbraio” una decina di associazioni e reti (tra cui Peacelink ovviamente ma anche Ong importanti come “Un ponte per”) si sono dissociate “nettamente dalla manifestazione indetta dal Cns” non potendo “condividere le ragioni di quanti aderiscono a quella piattaforma”. Il motivo è il rifiuto del rischio di “un’altra guerra ‘umanitaria’ che, come in Libia, sotto la pretesa di proteggere i civili ha scatenato invece la ferocia dei bombardamenti”. I firmatari ritengono poi che il contestatissimo veto di Russia e Cina alla risoluzione Onu del 4 febbraio abbia scongiurato questa “minaccia”. Spaccatura insomma: gli uni per evitare di essere al solito accusati di stare zitti (“Dove sono i pacifisti”? è il refrein di chi li detesta), gli altri per il timore che un eccesso di pressione finisca a tradursi in un ennesimo conflitto (fonte).

Se avessi dovuto scegliere (ovvero: se nella vita avessi modo di gestire il mio tempo come voglio, cosa che non è) a quale manifestazione andare, avrei avuto seri problemi.

Il Consiglio Nazionale Siriano è solo una delle opposizioni, la più forte all’estero, la più legata al movimento dei Fratelli Musulmani siriani: gente che non trovo simpaticissima e che, in questo momento, sta facendo bene i propri conti per guadagnarsi una posizione di rilievo nella nuova Siria.

Tuttavia è l’organizzazione che più in Italia ha saputo catalizzare l’attenzione, in un panorama sordo e cieco. Come dice ancora Giordana:

Non si se avete letto della diatriba sulla manifestazione per la Siria che si tiene a mezzogiorno oggi a Roma. Ho deciso di andarci. Ci sono mille buoni motivi e molti distinguo da avanzare e tutto quel che volete, ma una strage in atto è una strage in atto. Può darsi che sfilare non serva a fermarla ma, certo, stare a casa non la ferma di sicuro. Ci vado e spero che serva a qualcosa. Con tutto il tempo, dopo, per discutere come andare avanti (fonte).

Dall’altra parte, sapendo come vanno a finire “gli aiuti esterni” in situazioni del genere, ci sono validissime ragioni per chiedere la non-ingerenza di potenze straniere in Siria.

Ma considerare “salvifico” il veto di Russia e Cina senza esercitare uno straccio di critica agli interessi in Siria di questi due efferati e repressivi regimi rischia di inficiare la critica agli “aggressori esterni”. Anche Cina e Russia, dal mio punto di vista, sono aggressori esterni: conducono la loro battaglia con mezzi diversi dai loro antagonisti, ma la loro attitudine è simile.

Inoltre non mandare neanche una frasetta di critica ad al-Asad è vergognoso. I morti che fa al-Asad sono meno morti di quelli che fa l’Esercito di Liberazione della Siria o chi per lui?

In breve, sarei andato ad ambedue le manifestazioni e a nessuna delle due, e questo mi porta a un ragionamento sui pacifisti.

Il fatto è che la pace in questo momento non è il problema.

Il problema in questo momento è la libertà, la democrazia, la giustizia sociale.

Il problema è il presente della Siria, luogo in cui si consuma una carneficina di gente pacifica, e anche il futuro della Siria, luogo sul quale tutti gli attori locali e non stanno facendo i loro conti usando diverse armi.

Fare un ragionamento sulla Siria chiedendosi “qual’è la posizione giusta di un pacifista in questa situazione?” è un esercizio estetico di cui, davvero, nessuno ha bisogno.

Lorenzo DeclichIn 30 secondipacifisti,siria
Ieri, di fronte alla stazione Ostiense (Roma), si riunivano un migliaio di persone per una manifestazione organizzata dal Consiglio Nazionale Siriano in Italia. Chiedevano la fine dei massacri, libertà per la Siria, la caduta del regime. Contemporaneamente un gruppo di persone della rete No War manifestava davanti all'Ambasciata saudita. Chiedevano di fermare...