Mali tuareg vs Mali islamico
Entrare nel particolato del conflitto dell’Azawad, regione del nord del Mali recentemente conquistata per intero dal MNLA (Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad) non è un compito facile.
Sappiamo che la forza militare del MNLA cresce in corrispondenza della caduta di Gheddafi in Libia, per effetto dell’immissione di armi libiche di contrabbando nell’area, e che consistenti gruppi di armati che ora sono presumibilmente nel MNLA erano al servizio di Gheddafi stesso e sono scesi in Mali dopo la disfatta del regime libico.
Alcune fonti ritenevano, anche, che questi combattenti avessero intenzione di combattere al-Qaida nel Maghreb Islamico.
Sappiamo anche che l’MNLA, una volta conquistato tutto il territorio dell’Azawad ha dichiarato l’indipendenza dell’Azawad.
Da qui in poi tutto diventa molto più nebuloso, perché entrano in campo questi miliziani islamisti di Ansar al-Din, un’organizzazione salafita jihadista nuova di pacca (iniziano a operare in marzo) capitanata da Iyad Ag Ghaly, un personaggio che merita di essere brevemente descritto.
Ag Ghaly partecipò ed anzi fu uno dei protagonisti della rivolta tuareg in Mali nel 1990, una rivolta che si chiuse con un cessate il fuoco nel 1996, dopo il quale il leader “normalizzò” i rapporti col governo maliano entrando addirittura a far parte dello staff diplomatico maliano in Arabia Saudita.
Sì, in Arabia Saudita, dove Ag Ghali ebbe una “ri-conversione” all’islam decisamente radicale, tanto che fu espulso dal Regno per sospetti legami con terroristi di al-Qaida.
Jeremy Keenan, un professore della School of Oriental and African Studies della London University, afferma che Ag Ghali ha solidi rapporti con i servizi segreti algerini e diversi leader di al-Qaida nel Maghreb Islamico e le notizie che arrivano dal terreno sembrano tutte confermare che questi Ansar ad-Din stiano remando contro il MNLA (sembra anche che Ag Ghali abbia provato a guadagnare la leadership del movimento senza riuscirci).
Laddove l’MNLA si dichiara un movimento secolare e nazionalista, oltre che democratico, gli Ansar ad-Din lanciano proclami islamisti, sventolano bandiere nere con la shahada molto simili a quelle di al-Qaida e dichiarano di non essere interessati all’indipendenza dell’Azawad ma all’istaurazione di un regime islamico:
E inoltre iniziano a diramare comunicati, subito ripresi dai siti che monitorano il jihadismo mondiale, in cui dichiarano che stanno applicando la shari`a. L’ultimo (vedi qui) ordina alle donne di Kidal di non uscire in strada senza velo, di evitare ogni “promiscuità” fra uomi e donne, di smettere di fumare e altre amenità del genere.
Secondo Keenan gli Ansar ad-Din entrano nelle città conquistate dal MNLA, sostituiscono le bandiere e iniziano a fare proclami.
Secondo l’agenzia di stampa cinese, Xinhua, la cosa è avvenuta anche a Timbuktu, l’ultima delle città conquistate, ma in maniera un po’ diversa:
Un residente ha detto: “Gli islamisti [lunedì 1 aprile] sono entrati a Timbuktu questa mattina e hanno cacciato i combattenti del MNLA. Hanno tirato via e bruciato le bandiere del MNLA e hanno issato la bandiera del Mali. Vicino alla bandiera nazionale hanno piazzato un’altra bandiera con le parole: Allah akbar”. L’uomo ha aggiunto che i nuovi occupanti della città hanno chiesto ai cittadini di continuare a vivere normalmente.
Come se non bastasse alcuni parlano della presenza di diversi generi di jihadisti nella città di Gao: dozzine di combattenti della Boko Haram, l’organizzazione jihadista nigeriana vicina ad al-Qaida, uno dei leader di al-Qaida nel Maghreb Islamico, Mokhtar Belmokhtar, combattenti del MUJAO (Movimento per l’unità del Jihad in Africa Occidentale), la branca “dissidente” di al-Qaida nel Maghreb Islamico conosciuta in Italia per essere ritenuta responsabile del rapimento di Rossella Urru in uno dei campi profughi saharawi che si trovano a Tindouf, nel sud-ovest dell’Algeria.
Insomma Gao sarebbe diventata, sotto il controllo del MNLA, una specie di grande contenitore di gruppi jihadisti e/o qaidisti (anche in competizione l’uno con l’altro, come AQMI e MUJAO) laddove proprio il MNLA denuncia una campagna di disinformazione dell’agenzia di stampa francese, la AFP.
Molto complicato, complicatissimo. Anche perché dietro a tutto questo si trovano gli interessi americani, francesi, algerini e il succitato Keenan continua a ripetere a chi lo intervista che il terrorismo nel Sahel è più o meno una creazione a tavolino che serve alle grandi potenze per avere la scusa di entrare nell’area.
Certamente, come sottolinea la ricercatrice Hélène Claudot-Hawad, la presenza di personaggi ambigui come Iyad ag Ghali (che secondo lei sarebbe complice dei servizi segreti maliani, e la testimonianza raccolta dall’agenzia di stampa cinese ne rappresenterebbe in qualche modo una conferma) ci segnala che non siamo di fronte a quella “alleanza fra tuareg e al-qaida” che molti media, semplificando, danno per certa e che osservatori più attenti ritengono invece un’assurdità.
Soprattutto, e questo vale per tantissime altre situazioni, è bene non fermarsi all’etichetta “al-Qaida” quando si analizza una situazione in cui sono implicate formazioni salafite-jihadiste di qualche genere.
https://in30secondi.altervista.org/2012/04/16/mali-tuareg-vs-mali-islamico/In 30 secondial-qaida,al-qaida nel maghreb Islamico,algeria,ansar al-din,azawad,boko haram,Hélène Claudot-Hawad,Iyad ag Ghali,jeremy keenan,mali,mnla,Mokhtar Belmokhtar,Movimento Nazionale di Liberazione dell'Azawad,Movimento per l'unità del Jihad in Africa Occidentale,MUJAO,rossella urru
Ho parlato proprio ieri con dei Tuareg, incontrati al concerto dei Tinariwen (che tra l’altro non hanno mancato di inneggiare alla libertà dell’AZAwad tra una canzone e l’altra, con bandiere e simboli). Mi hanno confermato che i gruppi islamisti sono una sorpresa che si sono ritrovati praticamente pochi giorni fa, mentre la loro azione, che non è mai stata una vera e propria una lotta, ma una rivendicazione sostenuta dall’orgoglio, più culturale che nazionalistico, è diventata lotta armata efficace quando sono arrivati, come dicevi, i reduci di Gheddafi. Non si tratta solo di armi: molti Tuareg erano inquadrati nell’esercito libico (io avevo conosciuto un capitano di artiglieria); non c’era un corpo specifico, ma Gheddafi si appoggiava molto su di loro perché storicamente abili nel combattimento (avevano fatto la guerra ai Francesi) e più affidabili degli altri gruppi, giacché sostanzialmente esterni all’intreccio tribale-clanistico della Libia, come del resto di tutti i paesi dell’area.
I Tuareg con cui ho parlato hanno saputo di queste sigle dalla stampa europea.
La sharia, l’emirato islamico, il jihad in generale è qualcosa che è assolutamente alieno dallo spirito dei nomadi del deserto e anche, storicamente, dalle loro rivendicazioni territoriali e di autonomia. La stessa fede musulmana è vissuta con modalità del tutto “sahariane”. Mi dicevano che, tra quelli che conoscevano loro, il precetto del corano era seguito alla lettera, soltanto da pochissime persone, in particolare da alcuni in Azawad che lo avevano fatto semplicemente per avere più di una moglie, oppure da emigrati in Francia. Ma un Tuareg “integralista” è veramente una cosa strana anche per loro.
E sottolineo. I Tuareg non erano “mercenari di Gheddafi”, erano soldati regolari dell’esercito libico. C’è una bella differenza.
Giusta la precisazione di Zerko, che però merita un approfondimento, i tuareg non erano i mercenari di Gheddafi, ma Gheddafi storicamente ha sempre dato una casa a tutti gli sconfitti del grande gioco shaariano (sarawi e tuareg in testa) sia in legioni a se (sopratutto tra gli anni ’70-’80), sia inserendoli nel suo esercito.
Quindi non “mercenari”, ma “truppe straniere” si, spesso reclutate tra gli esuli e gli ex guerriglieri, proprio per i motivi sottolineati da Zerko, con in più la possibilità di essere utilizzati come eventuale quinta colonna nei paesi vicini in caso di crisi.
Ed ora sono rientrati in massa.
La seconda cosa che mi preme invece sottolineare è come i tuareg del Mali siano molto più un opposizione poltica che militare, e questo prosegue da anni.
La svolta “militare” è la conclusione di due decenni di immobilismo, siccità, repressione, ma anche una soluzione “estrema”, motivata forse più dalla crisi libica che da esigenze endogene.
Insomma soluzioni politiche egiziane-tunisine-yemenite si scontrano con soluzioni libiche-siriane, e queste ultime, militari e violente, sembrano sempre più seducenti.
(va comunque considerato come l’esercito stesso del Mali è interetnico e recluta diversi tuareg, mentre non tutti i tuareg sono nazionalisti).
Il MNLA a prima vista appare discretamente armato, addestrato e disciplinato, e persino relativamente ben organizzato, ma è minuscolo. Forse meno di 2000 effettivi in armi con una certa difficoltà a reclutare, o a amantenere qualità nel reclutamento. (almeno secondo Slate Afrique)
Per questi motivi, sopratutto in ambiente urbano, gruppi tutto sommato piccoli come Ansar eddine, Aqmi, Mujao ecc. ecc., sopratutto se arrivano un po’ di volontari di Boko haram e mercenari vari, possono batterlo.
In defintiva i regolari maliani, con decine di migliaia di soldati regolari, non riuscivano a controllare il nord-est del Mali (e in realtà controllano poco più delle città), quindi figuriamoci come riescano a controllare il territorio poche centinaia di guerriglieri.
In aggiuta il colpo di stato in Mali e la crisi di credibilità del governo non aiutano a risolvere la situazione in tempi brevi.
Tutto è molto complicato e sento la necessità di parlarne con un/una specialista.
Verissimo. Sull’esiguità dei numeri, sia del MLNA che degli altri gruppi coinvolti a vario titolo e sulla “massa critica” per compiere una liberazione/rivoluzione/quellochesivuole, va considerato che l’Azawad ha popolazione scarsissima e dispersissima, quasi tutta nomade in un territorio vasto e desertico. Scenari di conflitti o sollevamenti del tipo visto finora non sono possibili. E’ inevitabile che si profili qualche cosa di inedito.
insomma, questi jihadisti-qa`idisti sarebbero un po’ come i black-block: laddove si profilano mobilitazione e casini, si va a fomentare nel tentativo di instaurare un utopico stato islamico, ma facendosi altresì strumentalizzare da chi può ricavarne un guadagno.
Bella roba.
D