[riprendo uno dei rari post di Melone, che ha avuto la forza di commentare la vittoria di Morsi alle presidenziali egiziane]

Un commento* sulla vittoria di Morsy, il candidato dei Fratelli Musulmani, alle elezioni presidenziali egiziane. Su Invisible Arabs leggo alcune considerazioni che mi lasciano perplesso. L’autrice sostiene innanzitutto che “[q]ualche cosa i militari faranno, per contenere Morsy”. Ma è stato già fatto tutto, altrimenti nulla di tutto questo sarebbe successo.

Morsy ha già il guinzaglio corto e le elezioni sono una farsa postmoderna, un insulto recepito e rifiutato esplicitamente da milioni di egiziani. Basta guardare l’affluenza alle urne e le schede annullate per rendersene conto. E questo senza prendere in considerazione le denunce di brogli e irregolarità, che se non erro non sono mancate.

In secondo luogo, analizzando i diversi attori in campo, l’autrice si sofferma sugli Stati Uniti per sgomberare il campo da ipotesi complottiste:

Una parola sul ruolo degli Stati Uniti. A Gaza gira la leggenda metropolitana, soprattutto da parte laica, che gli Usa abbiano sponsorizzato e diretto le rivoluzioni arabe, appoggiando in sostanza gli islamisti per questi cambi di regime. Sono convinta che non sia così, non foss’altro perché penso che oltreatlantico, così come nelle cancellerie europee, non si sapesse proprio cos’è l’islam politico.

Benissimo. Anzi no perché, complotti a parte, a Washington sanno benissimo cos’è l’Islam politico: quello radicale l’hanno creato loro, quello moderato l’hanno catechizzato al neoliberismo.

Il discorso vale soprattutto per gli Ikhwan, seguiti con attenzione almeno dall’exploit elettorale del 2005. In US si sono scannati per un decennio se considerarli “cinghia di trasmissione” oppure un “firewall” contro il terrorismo. Ed è ormai evidente che la prima opzione abbia prevalso sulla seconda. Basti pensare a papers come “The Moderate Muslim Brotherhood” oppure iniziative come quelle di Rand, volte a costruire “Moderate Muslim Networks”. Contatti e aperture politiche sono state registrate ben prima della rivoluzione. Già nel 2007 Seymour Hersh, per restare in ambito giornalistico, aveva parlato di “re-direction“. Esperti di Terrorism Studies come Pargeter, persino alcuni islamofobi d’assalto hanno gradualmente cambiato tono. La prima è arrivata a sostenere che gli Ikhwan erano ormai da considerare “part of the furniture” (ché un po’ di hubris non guasta mai). Nel 2008 un memo di Marc Lynch, pubblicato da Foreign Policy e indirizzato a Mahdi Akef, spiegava ai Fratelli “come parlare con l’America“. Nel frattempo il Carnegie Endowment for International Peace analizzava praticamente in tempo reale le bozze di programma fatte circolare dagli Ikhwan. Ci sarebbe poi da stendere un velo pietoso su un esercito di thinkerati/groupies khaleeji, ma lasciamo perdere …

È importante invece ricordare che non c’è nessuna cospirazione da svelare, né un pericolo teocrazia da scongiurare, né tanto meno una forza anti-imperialista da sostenere. Il vento è cambiato e chi doveva capire ha preso posizione, facendo tutto alla luce del sole. In generale il discorso degli Ikhwan articola un nazionalismo culturale e nativista, ma quando parlano di libertà intendono quella di mercato. Sono anni che ripetono che loro ricette per l’economia del paese parlando di stabilità, sviluppo del settore privato e attrazione di capitali dall’estero. Questo è il rosario del neoliberismo, gli Ikhwan propongono la versione in salsa islamica. La politica economica che ha raso al suolo il paese sotto Sadat e Mubarak non è in discussione. Bene fa, dunque, chi comincia a parlare semplicemente di “neoliberismo islamico”, perché proprio e solo di questo si tratta. Tutto il resto -dibattiti e quiz a premi su liberali vs. islamisti, laicità vs. religione, donne vs. uomini, democrazia vs. Islam – è fuffa.

*[postato il 24/06/12 e in moderazione su Invisible Arabs]

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Un commento* sulla vittoria di Morsy, il candidato dei Fratelli Musulmani, alle elezioni presidenziali egiziane. Su Invisible Arabs leggo alcune considerazioni che mi lasciano perplesso. L’autrice sostiene innanzitutto che “ualche cosa i militari faranno, per contenere Morsy”. Ma è stato già fatto tutto, altrimenti nulla di tutto questo sarebbe...