Michael Semple intervista per New Statesman un vecchio comandante talebano d’Afghanistan.

La sua identità rimane nascosta, ma sappiamo che è un veterano ed è stato a Guantanamo.

Dice:

Almeno il 70% dei talebani odiano al-Qaida. La nostra gente considera al-Qaida come una maledizione che ci è cascata dal cielo. Alcuni, addirittura, concludono che quelli di al-Qaida sono di fatto spie americane. In origine, i talebani erano naive, non conoscevano la politica, e hanno ben accolto al-Qaida nelle loro case. Ma al-Qaida ha abusato della nostra ospitalità. E’ stato a Guantanamo che mi sono reso conto di quanto sleali fossero i qaidisti… Per dirla tutta, alla morte di Osama [bin Laden] mi sono sentito sollevato. Con la sua politica ha distrutto l’Afghanistan. Se davvero credeva nel jihad doveva andarsene in Arabia Saudita e fare il jihad lì, invece di demolire il nostro paese.

Si imparano cose interessanti stando a Guantanamo.

Ma più che dal cielo al-Qaida è piovuta dagli Stati Uniti, via Arabia Saudita.

Lo dice Hillary Clinton, lo scorso marzo:

Traduzione [grazie P., neretti miei]:

“abbiamo una storia di fare dentro e fuori dal Pakistan. La gente che combattiamo oggi l’abbiamo finanziata 20 anni fa. L’abbiamo fatto perché eravamo impelagati nella lotta con l’URSS. Hanno invaso l’Afghanistan e non volevamo che riuscissero a controllare l’Asia centrale e ci siamo messi al lavoro. Reagan in collaborazione con il congresso, guidato dai democratici, ha detto: “Sai cosa? Una buona idea. Lavoriamo con ISI [servizio segreto pakistano, n.d.r.] ed esercito pakistano … grande! Portiamo pure qualcun altro dall’Arabia Saudita e altre parti, importando l’Islam di tipo wahhabita per battere l’URSS. Indovinate: l’URSS si è ritirata, hanno perso miliardi di dollari e alla fine l’URSS è collassata. Quindi c’è un valido argomento che dice: “non era poi un cattivo investimento, ma attenzione perché quello che abbiamo seminato raccoglieremo”. Così abbiamo lasciato il Pakistan e abbiamo detto: “Ci pensi tu agli stingers che abbiamo lasciato nel tuo paese [qui Clinton si riferisce ai missili stringers forniti ai mujahidin, n.d.r.], ci pensi tu alle mine sul confine e, ad ogni modo, non vogliamo avere niente a che fare con te e ti sanzioniamo pure. ” Così abbiamo smesso di trattare con esercito e ISI e adesso stiamo recuperando un sacco di tempo perso.

Tornando al talebano, non si può dire che sia diventato improvvisamente buono, ma insomma dimostra una relativa apertura di vedute.

Nel seguito dell’intervista rimarca il fatto che i talebani continuano a volere una teocrazia in Afghanistan, ma parla di “negoziati politici” con altre forze politiche afghane, e aggiunge:

I talebani sono noti per tre cose: il trattamento riservato alle donne, il pervicace rafforzamento di regole meschine come le barbe e le preghiere, le loro relazioni internazionali. La priorità, ora, dovrebbe essere invece la sicurezza. Ma sugli altri temi anticipo che ammorbidiremo le nostre politiche.

Dopo la poesia talebana arriva, dunque, anche la morbidezza talebana.

Quanto all’internazionale jihadista ciò che Hillary non dice, nel brano su riportato, è che il “giochetto” delle “brigate internazionali” pronte al jihad si è riproposto in diverse forme, in diversi luoghi, nella storia recente.

E che, con lo scorrere del tempo, queste persone assomigliano sempre più a dei mercenari, pagati dai soliti amici dell’America, gli Arabi del Golfo.

Mercenari che non combatterebbero mai alle dipendenze francesi, ad esempio, come quelli della Legione Straniera ma che, orfani di Osama bin Laden e al-Qaida “centrale”, necessitano solo di un qualche riferimento al jihad, e del giusto contesto (un ambiente genericamente “sunnita”) per sentirsi a posto con la coscienza.

Ho motivi ragionevoli per affermare questo. Il “movimento” di jihadisti di questi ultimi tempi da un paese all’altro, la biografia di alcuni famosi “arabi-afghani”, la presenza in alcuni teatri di finanziatori, occulti o meno, come il Qatar e l’Arabia Saudita, lo fanno pensare.

Lo vado dicendo da un bel po’, anche se sui numeri del fenomeno devo mettervi in guardia dai gonfiaggi delle propagande pro-gheddafiane o pro-siriane.

Per convincervi vi lascio con uno storico quanto pletorico “commento” di Valerio a questo post:

Esistono infiniti tipi di mercenari. Una prima distinzione da fare è quella tra mercenario “individuale” e “gruppo di mercenari” che in occidente viene definito “compagnia di sicurezza privata”.

La compagnia di sicurezza privata, che poi è la riedizione in termini post contemporanei di quello che io spesso studio, ovvero le compagnie di ventura del rinascimento, è spesso legata ad uno stato, e a chi fa la politica estera di quello stato.

Quindi è facile capire come va inteso il livello di “ideologia” in questo caso.

Mai e poi mai una compagnia di sicurezza privata, diciamo francese, opererebbe in appoggio di un governo nemico della Francia.

Le nazioni con un maggior numero di queste compagnie sono, se non erro, Francia, Inghilterra, Russia, Serbia, Stati Uniti, Sud Africa, Filippine, Israele, Ucraina, Colombia e ho sicuramente dimenticato molti altri.

Notiamo come in questo incompleto elenco abbondino gli stati dell’Est Europa, ovvero nazioni che nel 1989-1992 smobilitarono enormi eserciti (o conobbero cruente guerre interne), e molti stati spesso coinvolti in conflitti.

Anche questo agisce a livello “ideologico”, molte compagnie di ventura sono infatti formate con ex-militari, e tra gli ex militari insoddisfatti hanno il loro principale bacino di reclutamento.
(praticamente tutte le “agenzie di sicurezza privata” hanno tra i loro fondatori ex truppe d’élite, formatesi nei SAS, SBS, Legione Straniera, KGB, Berretti Verdi, Navy SEAL, Paràcommandos della Marine National, Specnaz-Spetsnaz, Vympel, Sayeret Golani ecc.)

Certo magari se si tratta di un ex Kaibil guatemalteco anni ’80 è così abituato a seppelire vivi i prigionieri per compiaccere un cacicco che non ha remore alcune a servire chiunque, narcos inclusi, il che non toglie che sia “ideologico”, legato ad una certa destra sud-americana e ai paramilitari.

I mercenari spesso hanno imparato il mestiere in una guerra in cui erano soldati regolari, ed hanno anche ereditato dei nemici, uno Specnaz che ha trascorso tutti gli anni ’80 a Kabul non tratta con i suoi nemici di ieri, che con ogni probabilità gli hanno ucciso amici e camerati.

Molti sud-africani che oggi sono mercenari in sud-africa non sono più benvenuti, facevano parte dell’apparato repressivo del passato regime, restano suprematisti bianchi, anti-comunisti viscerali come la stragande maggioranza dei reduci delle guerre africane della Legione Straniera. Nessuno di loro servirebbe volentieri in appoggio di un movimento rivoluzionario nell’africa sub-saharian, mentre sono disponibilissimi per puntellare i governi (o organizzano colpi di stato, nelle Comore hanno anche governato per un po’).

Un ex miliziano serbo che oggi fa il mercenario non si dimentica certo le bombe NATO su Belgrado o che i suoi nemici sono i “turchi”. Un nemico dell’America e/o dell’islam gli è simpatico, a prescindere, un alleato della Serbia o della Russia è sentito come un suo alleato. Inoltre un nemico degli USA sa che può reclutare un Serbo e non un Americano.

Insomma devono rischiare la pelle, uccidere, fare cose rischiose e tremende, lo fanno per denaro certo, ma non solo. In questo sono “ideologici”, e non sono semplicemente in vendita al miglior offerente.

Il problema ha una sua lunga storia. I “miei” mercenari italiani delle condotte quattrocentesche erano tutti omogenei per appartenenza faziosa, una compagnia era tutta guelfa (per esempio quelle del Colleoni o di Braccio Fortebraccio di Montone), un’altra era tutta ghibellina (per esempio quelle degli Sfroza o dei Colonna). I guelfi servivano più volentieri e prevalentemente per potenze guelfe (Venezia, Firenze, il Papa) quelli Ghibellini per potenze Ghibelline (Milano, Napoli).

Il discorso, grossomodo, regge ancora, le compagnie sono omogenee per origine, se una compagnia è formata da ex-militari di più nazionalità queste erano omogenne ideologicamente, per esempio molti mercenari sudamericani si sono formati in varie milizie paramilitari anti-guerriglia, non c’è nessun “elemento di sinistra” tra loro (mentre qualche ex-guerrigliero, pochi in verità, si è riciclato come mercenario, ma, guardacaso, per governi che considera anti-imperialisti).

Il discorso può essere applicato a tutti i gruppi di mercenari, anche a quelli meno “occidentalizzati” nel modello. Infatti molti gruppi africani sono nati come eserciti rivoluzionari sconfitti, golpisti falliti, ex-soldati sbalzati di sella da una rivolta, e non hanno dimenticato la loro rivoluzione, o la guerra di secessione per cui hanno combattuto, anzi per loro il mercenariato può essere una pausa tra due “vere” guerre, da farsi per il controllo della loro nazione.

I Sharawi che combattono per Gheddafi sono Sharawi nazionalisti, che mettono da parte armi, addestramento e soldi per l’indipendenza del Sahara occidentale. Provano simpatia per Gheddafi proprio perché lui li ha accolti, armati ed addestrati dalla fine degli anni ’80. Non andrebbero al servizio del Re del Marocco nemmeno se i Marocchini li coprissero d’oro.

I mercenari di Zimbabwe e Eritrea che combattono in Libia (a parte il fatto che alcuni potrebbero essere regolari, inviati lì dai loro rispettivi governi) appoggiano anche una dittatura che ha solidi legami di alleanza con i loro governi, che ha contribuito a rifornire ed armare da anni. Anzi probabilmente molti di loro sono stati anche addestrati in Libia anni fa.

Oppure sono membri di legioni straniere reclutate nel tempo, con pazienza, dai regimi, fidelizzate per proteggere il regime stesso da possibili colpi di stato, su modello vagamente mamelucco. Gheddafi era maestro in questo, reclutando nel mondo arabo per tutti gli anni ’80 e in quello africano dai primi anni ’90. In modo da avere un esercito privato (se possibile fanaticamente fedele) all’interno dell’esercito regolare, più laico e meno sicuro.

Fra i mercenari si sviluppano poi tutta una serie di legami, anche sentimentali, con le guerre che combattono e che hanno combattuto, con le potenze che li hanno appoggiati, con quelle contro cui hanno sparato ecc. ecc. Per non parlare del fatto che ogni gruppo di mercenari sviluppa contatti di collaborazione e di amicizia con pochi stati, e qui è reclutabile solo da questi, che poi magari passano il contatto ad un alleato.

Invece i mercenari ingaggiati “individualmente” sono un’altra cosa. Innanzi tutto bisogna dire che sono un fenomeno quasi esclusivamente africano, si tratta per lo più di poveracci, spesso senza esperienze militari di sorta, talvolta piccoli criminali comuni o persone attratte dalla possibilità di saccheggio, disperati, diseredati, giovani -giovanissimi maschi poveri e fisicamente prestanti, qualche volta reclutati a forza. Pessimi soldati da tutti i punti di vista.

Spesso anche privi di equipaggiamento e armamento moderno, proprio perché “mercenari fai da te”, senza divisa o disciplina. Vengono reclutati in fretta e furia in paesi come Nigeria, Niger, Mali Chad, da emissari dei governi che li vogliono utilizzare. Pare, addirittura, con annunci sui giornali, e agenzie specializzate nell’intermediazione [comprate questo libro, se vi capita, n.d.r.].

Una volta reclutati sono aggiunti come carne da cannone extra in altre formazioni più omegenee, oppure inquadrati da mercenari professionisti della loro nazionalità che devono formarli in corsa.

Questi ingaggi individuali sono “solo” criminali, privi della costruzione mentale imposta dal modello militare di riferimento, più imprevedibili. E spesso, se sopravvivono e conoscono le persone giuste, futuri mercenari “organizzati”.

Gheddafi ha aggiunto un po’ di questa gentaglia al suo gruppo di sgherri, e sono proprio questi quelli che più facilmente rischiano la cattura. Il che non implica la falsità della denuncia di Del Grande, molti neri arrestati dai ribelli erano solo migranti, non mercenari “fai da te”, ma distinguerli a prima vista è piuttosto arduo.

Esistono poi anche avventurieri e volontari ideologici, della prima categoria pare facciano parte alcuni poliziotti algerini e tunisini transitati in Libia di recente (dal lato gheddafi) e alcuni ex militari egiziani (dal lato ribelle). Alcuni avventurieri sono attratti da denaro e premi, altri anche dal gusto della guerra, però non è comunque solo questo.

Per fare un esempio storico un po’ remoto, durante la guerra civile spagnola ambedue le aviazioni reclutavano mercenari, e li pagavano più o meno la stessa cifra (molto alta, nel 1936 nessuno dei due aveva una vera aviazione e i piloti servivano), ma molti più avventurieri scelsero il lato repubblicano (gli italo-tedeschi che combatterono con Franco erano “volontari” per finta, in realtà piloti militari professionisti). Solo questione di soldi o simpatia per il governo legittimo? Insomma già devi ammazzare della gente, se lo fai per una causa che non ti sembra orribile magari riesci a dormire la notte, se la condividi puoi persino sentiriti un eroe.

 

Lorenzo DeclichLost Osamaafghanistan,al-qaida,arabi afghani,jihad,jihadismo,osama bin laden,palistan,talebani,wahhabiti
Michael Semple intervista per New Statesman un vecchio comandante talebano d'Afghanistan. La sua identità rimane nascosta, ma sappiamo che è un veterano ed è stato a Guantanamo. Dice: Almeno il 70% dei talebani odiano al-Qaida. La nostra gente considera al-Qaida come una maledizione che ci è cascata dal cielo. Alcuni, addirittura, concludono...