Il testo che segue, pubblicato in arabo da un anonimo sul sito All4syria.info (all4syria.info/Archive/56755) e poi ripreso su vari siti (ad esempio qui) e Facebook è importante per diversi motivi. Ci dice molto:

  1. su un evento riportato dai media in maniera poco dettagliata
  2. sui cittadini di Aleppo e l’importanza che danno alla loro città
  3. sulla propaganda del regime
  4. sulla percezione che un “non combattente” ha dell’Esercito Siriano Libero

Preliminarmente. Il centro storico di Aleppo ha una storia millenaria. Si svolge attorno alla cittadella, che si erge su una collina ed è circondata da un fossato. Sulle vie strette e intricate si strutturano diversi mercati (suq), generalmente coperti, nati attorno a comunità specifiche, a mestieri o a specifiche mercanzie vendute (ce ne sono 37). Sono disseminate di caravanserragli (khan), luoghi di sosta e punti di riferimento per mercanti e viaggiatori, da cui alcuni suq prendono il nome.

Per facilitare la comprensione delle dinamiche ho fatto questa googlemap, che potete consultare cliccando qui.

Ecco il testo (con qualche quadra di spiegazione).

Chi ha appiccato il fuoco nella Grande moschea e nei suq della città?

Era gradualmente tornata alla normalità la vita dei suq della città dopo le vacanze per la ‘Ayd al-Fitr [la festa della rottura del digiuno, alla fine del mese (lunare) di Ramadan, che quest’anno cadeva il 18 agosto], non c’erano presidi militari di nessun genere all’interno dei suq.

Le forze dell’esercito regolare controllavano la Cittadella e le zone prospicienti fino a Khan al-Wazir, stavano dentro alla Moschea degli Omayyadi [o Grande Moschea], avevano appostato i loro cecchini sulle torri della Cittadella, sul minareto della Moschea degli Omayyadi e su tutti gli edifici circostanti più alti.

Le forze dell’Esercito Libero Siriano, la Liwa’ al-Tawhid [Battaglione del Tawhid, il Tawhid è l’unicità di Dio, uno dei capisaldi della teologia musulmana], controllava il quartiere della Kallasa, a sud dei suq della città.

Dopodiché le forze dell’ESL hanno iniziato a procedere verso al-‘Aqaba ed al-Jallum, avvicinandosi ai suq della città. Quindi i cecchini dell’esercito regolare si sono piazzati all’entrata del Suq al-Zirb, che arriva [dalla Grande Moschea] fino al fossato della Cittadella, e sulla Porta Qibli [cioè quella in direzione della Mecca, verso cui si prega, a sud] della moschea degli Omayyadi, che si affaccia sui suq [coperti]. In questo modo le forze di sicurezza riuscivano a sorvegliare l’asse del Suq al-Zirb, con il Suq al-‘Attarin da una parte e l’asse del Suq al-Mahmas dall’altra, bloccando la possibilità di movimento in questa parte dei suq della città. I commercianti hanno chiuso i negozi e nei suq è cessato qualsiasi movimento. Sono iniziati i bombardamenti ad al-Jallum, nei luoghi dove era posizionato l’Esercito Libero e, di conseguenza, ha preso fuoco ed è stato distrutto il Khan al-Jalabi.

L’Esercito Libero si è mosso sull’asse Bab al-Antakya/Khan al-Jumruk, non potendo andare in direzione del Suq al-Mahmas/Suq al-‘Attarin/Suq al-Zirb perché i cecchini li coprivano completamente dalle loro postazioni della Grande Moschea e del Suq al-Zirb.

Incendi sono scoppiati nel Suq al-Zahrawi, che costituisce l’ingresso dei suq a Khan al-Wazir. Lì l’Esercito libero non era presente e non c’è stato scontro. Prevale l’idea secondo cui in quel suq si siano verificate rapine, coperte poi con l’incendio dei negozi.

Incendio nei suq della città

Poi sono iniziati gli incendi nel Suq al-Zirb e nel Suq al-‘Abi, prima in zone circoscritte, e queste erano aree completamente coperte dai cecchini dell’esercito regolare.

L’Esercito libero ha esortato i proprietari delle botteghe a entrare e portar via le cose dai loro negozi temendo saccheggi e incendi dolosi e assicurandosi di verificare la loro identità per evitare l’infiltrazione di ladri. Il 28 settembre 2012 sono scoppiati nei suq diversi incendi di grandi dimensioni in luoghi diversi e distanti fra loro, iniziando dal Suq Istanbul che si trova sull’asse Khan al-Wazir-Grande Moschea, una zona non raggiunta dall’Esercito libero e sotto il controllo totale dell’esercito regolare. Allo stesso tempo scoppiava l’incendio sull’asse Suq al-Zirb/Suq al-‘Abi/Suq al-‘Attarin, portandosi via tutte le botteghe. Nonostante che i suq della città siano stati dotati pochi anni fa di condutture d’acqua che terminano sul fossato della Cittadella dove un camion dei pompieri può stazionare sulla strada (è difficile entrare con le macchine nel dedalo di vie strette dei suq) e pompare l’acqua in queste tubazioni che raggiungono la maggior parte dei suq, i cecchini dell’esercito regolare appostati nel castello non hanno permesso che ciò avvenisse. Niente si è mosso, nonostante vi fossero soluzioni alternative come ad esempio la rimozione delle porte e lo svuotamento di alcune botteghe che stavano sulla linea dell’incendio prima che il fuoco arrivasse in modo che le fiamme non trovassero di che alimentarsi e dunque terminassero, o anche far esplodere una piccola parte del suq in modo da spezzare la linea del fuoco.

L’incendio della Grande Moschea

La presenza dei cecchini sulla porta qibli della Grande Moschea, che guarda il Suq al-Hibal, il Suq al-Sarmatiyya e il Suq al-Mahmas, costituiva un grande ostacolo per l’avanzata dell’Esercito Libero. L’unica possibilità che aveva di avanzare era di far saltare quella porta per far sì che dal cumulo delle macerie il cecchino non avesse la possibilità di puntare all’interno dei suq. Non è vero ciò che si racconta riguardo a un buco praticato nel muro qibli della moschea per provare a entrarvi. Si sa che queste mura hanno uno spessore di più di due metri e sono fatte di grandi e antiche pietre: le immagini riprendono la porta qibli esplosa, non un buco nel muro qibli. Poi ho visto che la notizia dell’esplosione della porta era stata colta dalle agenzie di stampa del regime come un’occasione per mettere in cattiva luce l’Esercito libero presso la cittadinanza aleppina. Ho capito che i cambattenti erano caduti in una grossa trappola quando ho saputo che le forze dell’esercito regolare si erano ritirate dalla moschea appiccando il fuoco nella parte nord (denominata Hijaziyya), non essendoci tracce di combattimenti attorno all’incendio, il ché prova esser stato appiccato volontariamente, mentre l’Esercito Libero ha abboccato all’amo: ho pensato che l’esercito regolare si sia tirato fuori per mancanza di rifornimenti, anche se le linee di rifornimento da Pizza Sab’ Bahrat erano completamentente aperte. L’assalto alla moschea è stato un passo sconsiderato e non studiato, sapendo che la corte della moschea era esposta al tiro dei cecchini dell’esercito regolare appostato nel castello e di quelli che si trovavano sui tetti degli edifici più alti sul lato della strada dietro alla moschea, cosicché circolare per i suoi corridoi era suicida. Dopo aver constatato di essere sotto il tiro pesante dei cecchini l’Esercito Libero non ha potuto far altro che ritirarsi. A quel punto sono tornate le forze del regime: i media attribuivano l’incendio e le devastazioni all’Esercito Libero.

Certamente l’entrata delle forze dell’Esercito Libero nei suq della città e nella Moschea Omayyade, che per i cittadini di Aleppo e il mondo intero costituiscono un grande valore, non ha nessuna motivazione militare ed è stato un fatale errore, non giustificabile, soprattutto in presenza delle esperienze passate con le forze del regime, che non mostrano in nessun luogo alcun rispetto per i luoghi sacri né per i resti archeologici.

Video:

Khan al-Jalabi:

Bimaristan Arghun:

Fiamme nei suq:

Nella Moschea degli Omayyadi:

Nei dintorni della Moschea degli Omayyadi:

[Lorenzo Declich] Lorenzo Declichsyrianaislametro,Prequel
Il testo che segue, pubblicato in arabo da un anonimo sul sito All4syria.info (all4syria.info/Archive/56755) e poi ripreso su vari siti (ad esempio qui) e Facebook è importante per diversi motivi. Ci dice molto: su un evento riportato dai media in maniera poco dettagliata sui cittadini di Aleppo e l’importanza che danno...