Thierry Meyssan sceglie con cura dove abitare.

Al tempo della guerra in Libia stava a Tripoli, nei palazzi di Moammar Gheddafi.

A guerra finita si è trasferito a Damasco, dove vive da due anni.

Ma, secondo quanto scrive su Megachip, conosce la Siria da dieci anni.

E domenica 3 novembre 2013, cadendo improvvisamente da un pero, ci viene a dire che “La Siria è cambiata“.

Non è cambiata dieci anni fa, dopo che la pallida “primavera di Damasco” fu soffocata dal giovanissimo figlio di Hafez al-Asad, Bashar, a suon di arresti.

Non è cambiata a partire dal marzo 2011, quando la gente, superando la paura, ha iniziato a scendere in piazza sapendo che sarebbe stata presa a fucilate.

E’ cambiata oggi, proprio oggi non si sa perché.

Forse perché a palazzo dicono che è il momento di chiudere il cerchio della propaganda, ora che la vicenda delle armi chimiche ha dato i suoi frutti e il senso comune mondiale si è consolidato sull’idea che “si sia evitata una guerra”.

Forse perché c’è bisogno di una verniciata d’immagine, c’è bisogno di rafforzare l’idea che, dopotutto, le cose “stanno andando per il verso giusto”.

Come ci informa il lungo catenaccio del pezzo:

La copertura mediatica della guerra in Siria si estende solo alle azioni militari, umanitarie e diplomatiche. Ma lascia da parte la profonda trasformazione del paese.

E  se lo dice uno che vive a Damasco, presumibilmente in centro città, cioè una delle pochissime zone della Siria che Bashar non ha bombardato, si può star sicuri che è vero.

Centoventimila morti, otto milioni fra sfollati e rifugiati non registrano per Meyssan una “trasformazione”.

Parlando di “azioni umanitarie”, dunque, noi non registriamo il profondo cambiamento di un paese.

Parlando di bombardamenti  sulla popolazione da parte dell’esercito di Bashar, che si rivelano indiscriminati quando devono colpire zone che sfuggono al controllo governativo ma mirati quando devono colpire scuole e ospedali in quelle stesse zone, noi “lasciamo da parte” la Siria profonda, quella che è cambiata.

Parlando dell’ignavia, dell’inazione, dell’ipocrisia della diplomazia sulla Siria non denunciamo che questa situazione viene lasciata marcire nell’indifferenza.

E se di copertura mediatica vogliamo parlare non si capisce perché “il mainstream” – e con lui Thierry Meyssan – ignori sistematicamente da tre anni le voci – certo flebili e imprecise – dell’attivismo siriano in patria, quelle voci che Bashar così come, da qualche mese, i qaidisti dello Stato Islamico di Iraq e Levante, fanno tacere a suon di arresti, assassini, torture.

E se poi vogliamo andare a vedere “la vita mediatica” che hanno le riflessioni di Thierry Meissan scopriremo che queste, dopotutto, non sono così “povere”.

Come scrivono su Megachip:

Questa “cronaca settimanale di politica estera” appare simultaneamente in versione araba sul quotidiano “Al-Watan” (Siria), in versione tedesca sulla “Neue Reinische Zeitung”, in lingua russa sulla “Komsomolskaja Pravda”, in inglese su “Information Clearing House”, in francese sul “Réseau Voltaire”.

C’è da chiedersi quale giornalista – o supposto tale – abbia la fortuna di essere tradotto simultaneamente in cinque lingue.

C’è da chiedersi chi si impegni in maniera così solerte a diffondere il pensiero dell’embedded di Bashar.

***

Ecco.

Adesso si suppone che inizi a decostruire l’articolo di Meyssan, ma sono già stanco.

La propaganda di Bashar ha vinto di nuovo, lavora ai fianchi.

Ma farò un ultimo sforzo, cercando di indirizzarvi sul modo in cui leggere – sempre che non vi venga il vomito prima, e allora vuol dire che già sapete, quindi non vale la pena di proseguire – questo gioiello di mistificazione, depistaggio, propaganda.

L’articolo usa categorie di pensiero proprie del “discorso di sinistra”.

Parla a quelle persone che, come si sottolinea nei titoli dei paragrafi, hanno a cuore cose come la libertà.

Di qui l’articolazione in temi:

La guerra secondo l’opposizione armata
La libertà di espressione
La libertà di coscienza
La libertà politica
Reazioni di classe

Thierry, in essi, tiene la barra dritta su una cosa sola: non accreditare in nessun modo l’unica opposizione siriana che manderebbe in pappa i suoi ragionamenti.

Questa opposizione siriana è rappresentata dai Comitati di Coordinamento Locali, che sono la colonna vertebrale della rivoluzione contro Bashar, e la galassia dell’attivismo nonviolento (che ho citato prima).

Queste due entità sono le uniche a poter parlare con proprietà e autorità degli argomenti con cui Meyssan titola i suoi paragrafi.

Quindi è ovvio che questi tenti di cancellarle.

Così come, fin dal marzo 2011, tenta di fare Bashar, sparando sulla folla.

E così come, con iniziative “civetta” raccolte maldestramente da gruppuscoli di pacifisti decerebrati in mezzo mondo, tenta di fare da qualche tempo la monaca di Bashar, Marie Agnes de la Croix.

L’unico modo che ha Meyssan per raggiungere l’obiettivo, dal punto di vista retorico, è quello di appropriarsi delle parole e dei concetti dell’opposizione reale, in modo da costruire su di essi una realtà parallela in cui l’opposizione reale non esiste più e “i buoni” sono gli amici di Bashar, identificati come un ideale “popolo” di “poveri” che vuole “la libertà” e la “democrazia” e combatte contro “l’oscurantismo”.

Vediamo come fa.

Meyssan ci dice più o meno “tutti parlano di guerra civile quando invece c’è stata un’aggressione esterna”.

La verità, invece, è che si parla di “guerra civile” quando dovremmo parlare della distruzione di un paese e di un popolo da parte di un clan mafioso che non vuole mollare l’osso (ricordate le scritte sui muri? “O Asad o bruciamo il paese”).

Poi ci dice che Bashar ha fatto leggi sulla libertà di espressione tanto che oggi – visto che “la Siria è cambiata” – tutti parlano di politica.

Ma non ci dice che ci sono decine di migliaia di prigionieri politici in carcere.

Che ci sono fosse comuni vicino a queste carceri.

Che ci sono centri di tortura segreti sparsi in tutto il paese*.

Poi ci dice che oggi, visto che la Siria è cambiata, c’è chi lotta per “la libertà di coscienza”, per la libertà confessionale etc. prendendo le armi e combattendo contro gli oscurantisti terroristi che, foraggiati dall’Occidente, stanno all’opposizione.

Ma fra queste persone che lottano non inserisce chi davvero la lotta l’ha fatta, rivoltandosi contro Bashar, pagando spesso con la propria vita, e divenendo oggi vittima di quegli estremisti – i quali fra l’altro non si identificano con la rivoluzione del marzo 2011, hanno un’altra agenda – che Bashar ha fatto di tutto per fomentare.

Queste persone sono gli attivisti e i rappresentanti di quei Comitati di Coordinamento Locali di cui sopra.

Persone che Meyssan  vuole semplicemente cancellare dalla faccia della terra.

Ma che simpaticone.

Un pacioccone che poi ci racconta che ci sono così tanti partiti  che non riusciamo nemmeno a contarli.

Che prima la gente guardava al-Jazeera e adesso guarda i canali governativi o i canali del network sciita.

Che i cecchini che sparavano sulla folla erano terroristi, non erano dell’esercito di Bashar.

Che i servizi di informazione interna siriani, le mukhabarat, se prima erano un po’ buoni e un po’ cattivi ora sono diventati assolutamente buoni e lottano con noi, con tutti noi a oriente a occidente a nord a sud, per la libertà.

Seguono altre amene menzogne, fino ad arrivare alle “reazioni di classe”, cioè alla chicca finale.

Meyssan, senza citare ovviamente i mafiosi che stanno al potere, riesce a dire che i ricchi se ne sono andati ed è rimasto il popolo, un popolo che combatte contro il male dell’Occidente incarnato dai terroristi.

Un popolo che vincerà contro tutto e tutti.

La cifra della menzogna si riassume tutta in questa penultima frase:

Questa guerra ha insanguinato la Siria, di cui la metà delle città e delle infrastrutture sono state distrutte per soddisfare gli appetiti e le fantasie delle potenze occidentali e del Golfo.

Mentre la tragica verità è che l’efferato dittatore Bashar al-Asad ha distrutto la Siria e ha massacrato il popolo siriano al solo scopo di non lasciare il potere e il privilegio.

E che non esiste alcuna soluzione al conflitto se lui e la sua banda di criminali non se ne vanno a morire lontano dalla Siria.

—————–

* già immagino lo scemo pro Asad che dice: “se sono segreti come fai a sapere che ci sono”? La mia risposta è “vaffanculo, idiota“.

—————–

p.s. i miei complimenti vanno a Megachip ma soprattutto agli amici del network di “Globalist”, cui in passato ho collaborato. Questa roba, cari, è davvero raccapricciante e non c’è alcuna politica dei click e dei “mi piace” che possa giustificarne la pubblicazione, nemmeno via syndication. Fatevi un’analisi, datevi delle risposte. Oppure lasciate andare, ché tanto il mondo va così e fra una tetta e un Meyssan in fondo c’è poca differenza.

 

Lorenzo Declichsyrianaislametro,Prequel
Thierry Meyssan sceglie con cura dove abitare. Al tempo della guerra in Libia stava a Tripoli, nei palazzi di Moammar Gheddafi. A guerra finita si è trasferito a Damasco, dove vive da due anni. Ma, secondo quanto scrive su Megachip, conosce la Siria da dieci anni. E domenica 3 novembre 2013, cadendo improvvisamente...