E’ uscito nel 2003 “La mistica della guerra” di Dag Tessore (Fazi). Si tratta di un libro che, come dice il sottotitolo, vuole porre la questione della “spiritualità delle armi nel cristianesimo e nell’islam”. Vale la pena, dunque, di soffermarsi un po’ su questa lettura, anticipando – tuttavia – che essa ci racconta molto su pregiudizi e ingenuità del mondo accademico italiano e poco sull’argomento in sé (di per sé non degno di disprezzo).

Partiamo con una affermazione che troviamo a pagina 98: “La civiltà cui l’integralismo islamico si oppone è quella laica antireligiosa e semiatea, ma questa di fatto coincide con i paesi tradizionalmente cristiani. Ne consegue che il cristianesimo, visto paradossalmente come la religione dell’ateismo, del modernismo e della secolarizzazione, è preso di mira dalla stragrande maggioranza dei musulmani ortodossi”. I problemi che sorgono leggendo queste righe sono tanti.

Per prima cosa: cosa significa “musulmani ortodossi?”. Il “musulmano ortodosso” è, di regola, il musulmano che ottempera ai suoi doveri di fedele, seguendo una delle diverse dottrine che si sono formate nella storia dalla nascita dell’isl_am ad oggi. In questo senso non è vero che la “stragrande maggioranza” di essi prenda di mira il cristianesimo. “Ortodossia” si oppone a “eresia”. Entrare nel discorso eresiografico islamico non è un’operazione facile né breve. Ogni scismatico dell’isl_am ha rivendicato la sua scelta teologica, politica, giuridica, in nome del vero isl_am. Ed è ovvio che non potrebbe essere altrimenti. La parte maggioritaria, quella sunnita, ha per secoli proposto una sua versione dell’ortodossia, così come quella minoritaria. Entrambi si sono richiamati alla “tradizione” per giustificare il proprio punto di vista. Lo stesso fanno gli integralisti. Ne concludiamo che l’autore – preoccupato altrove di stabilire che non è vero che gli integralisti siano dei mistificatori – giudichi questi i “veri ortodossi”. Il fatto è paradossale, evidentemente: una cosa è dare agli integralisti una “legittimità” dottrinale, un’altra è dar loro lo scettro dell’ortodossia. C’è però un altro vizio “generalizzante”. Quali sono i “paesi tradizionalmente cristiani” di Tessore, semiatei e antireligiosi? Gli Stati Uniti – e cioè lo Stato più preso di mira dagl integralisti – dove il 50% della popolazione attende a funzioni religiose cristiane?

Il problema è mal posto e sottende l’accettazione acritica della teoria dello scontro di civiltà. Si parla di isl_am e cristianesimo come poli unitari di paragone. Il risultato è una contrapposizione fra “la maggioranza dei musulmani ortodossi” e la cristianità: niente di più falso.

L’altro problema è l’idea che Tessore ha del _gih_ad (1).

Inoltre se da principio ci si affretta a specificare che _gih_ad non significa “guerra santa” subito si usa la parola _gih_ad per indicarla. Si specifica che “il concetto” di _gih_ad è espresso con un’altra parola. Viene dunque il sospetto, anzi molto di più di un sospetto, che l’autore usi la parola _gih_ad in modo improprio, facendolo equivalere a “guerra santa” pur affermando il contrario. Il difetto sta nel fatto che la categoria “_gih_ad” è usata da Tessore nel senso di “significato omologo a guerra santa”.

Quando leggiamo: “Il Corano parla in molte occasioni della guerra e della guerra santa in particolare” ci chiediamo dunque: che cos’è questa “guerra santa”? Un pro-memoria: traduciamo “santo” dall’arabo in rarissimi casi, quando incontriamo le parole “qiddis” o “muqaddas” (la usano soprattutto gli arabi cristiani). Nel Corano, come sottolinea anche Tessore, troviamo l’espressione “combattere (qit_al) sulla via di Dio” ma, a meno chè non sia specificato altrove, non siamo autorizzati a chiamare questa una “guerra santa” a meno chè non vogliamo aprioristicamente assimilare questa espressione con la “nostra”.

L’ambiguità prosegue poco più avanti: “La guerra santa fa parte del cammino dell’uomo verso Dio è un modo per avvicinarsi a Dio e per vivere sempre più in profondità la propria fede”. Di cosa intende parlare, del _gih_ad o del “guerreggiare sulla via di Dio”? Segue una citazione coranica “O voi che credete! Temete Dio e cercate i mezzi per avvicinarvi a lui e combattere sulla sua via” (5, 34). Quale parola è usata qui per indicare il “combattimento sulla via di Dio”? E’ usato il verbo da cui deriva la parola _gih_ad… quindi potremo tradurre anche “e sforzatevi sulla via di Dio”. L’autore ha citato una frase in cui compare la radice della parola _gih_ad, mentre ci ha detto prima che il termine usato è “qit_al“. Il problema, un’altra volta, è di “traduzione culturale”. Le parole qit_al e _gih_ad individuano due campi semantici diversi fra loro. Per quello che ne sappiamo così come _gih_ad può essere inteso metaforicamente come “guerra” anche “qit_al” può essere inteso metaforicamente come “sforzo”. Ma si ha l’impressione che l’impostazione data alla trattazione costringa Tessore a considerare solo la prima ipotesi. E’ lui, dunque, a generare la guerra santa, e certamente “Gli Integralisti” la pensano come lui. Fortunatamente, come ricordato prima, non li si può prendere come parametro senza considerare, o perlomeno rendere conto, di altre impostazioni.

Un altro brano ci illumina sul vizio di impostazione che porta Tessore a pensare che il vero isl_am sia quello integralista e a liquidare le altre espressioni dell’isl_am come “corrotte”. A p. 97 afferma: “E’ evidente però che i salafiti [movimento di ritorno alla purezza originale dell’isl_am] erano infatuati del mondo occidentale e che facevano di tutto per piegare l’isl_am a valori che erano radicalmente estranei ad esso. Tale forzatura ebbe breve vita. Con l’inizio del XX secolo molti salafiti rivelarono la loro vera identità di filo-occidentali a oltranza. Comincia così la corrente del modernismo islamico, tutta pervasa da un’ammirazione incontenibile per il “Paradiso delle scoperte scientifiche”, secondo l’espressione di al-Mashriqi. Il modernismo è ancor oggi molto vivo nel mondo islamico ed è rappresentato da pensatori residenti in Europa”.

Passiamo alle osservazioni:

  • Non si capisce, o perlomeno non è spiegato, quali siano questi “valori” estranei all’isl_am.
  • L’autore dimentica che molti degli integralisti che lui indica – in quanto detentori dei “valori” islamici – come i veri musulmani, non hanno nessun problema ad accettare la scienza e la tecnologia occidentale. Anzi, essi sono i primi ad andare in Occidente per studiare ingegneria o meccanica (vedi ad es. Bin Laden).
  • I “salafiti”, Tessore lo dovrebbe sapere, sono “puristi” che ritengono necessario “tornare all’isl_am primordiale”. I primi salafiti non erano né integralisti né “filo-occidentali”, o meglio erano un po’ tutte e due le cose. Oggi, però, con i salafiti si identificano frange dell’isl_am politico radicale.
  • L’integralismo islamico è un’ideologia moderna, che agisce nella modernità, e se non si riconosce questo ci si incammina per una strada molto pericolosa.

Gli autori che Tessore cita di seguito come esempi di “rifiuto dell’Occidente” (`Abduh, ad esempio) sono anche i maestri di quelli che oggi parteggiano per una scissione definitiva fra potere politico e potere religioso. La loro tradizione risale agli anni ’20 di questo secolo, nasce contemporaneamente a quella degli integralisti. Solo una parte di questi laici dell’isl_am risiede in Europa. Essi hanno la stessa legittimità culturale degli integralisti anzi forse maggiore, essendo in gran parte letterati, umanisti e non scienziati. Tuttavia, secondo Tessore “alcuni seguaci del movimento salafita, rendendosi conto che tale mantenimento dell’identità islamica era inconciliabile con i valori dell’Occidente, optarono per un rifiuto di quest’ultimo”.

Dunque ricapitoliamo:

  • Tessore dimostra di aver letto male la storia della .sal_afiyya. Nessun salafita “optò” per il rifiuto dell’Occidente dopo averlo ammirato incondizionatamente. Bensì all’interno della salafiyya, un fenomeno che potremmo definire di sociologia degli intellettuali, vi sono “da sempre” state due tendenze, l’una di accettazione dell’occidente l’altra di rifiuto.
  • L’autore pensa che i valori dell’Occidente sono per antonomasia opposti all'”identità islamica”. Ritorna dunque la questione dei “valori” in maniera poco chiara, anzi ambigua. Di quali valori parla Tessore? Abbiamo già detto che quanto a “scienza e tecnologia” gli integralisti non storcono il naso. Si parla allora di valori religiosi? Essi sono certamente diversi (anche se in fondo non troppo), non solo nel mondo degli integralisti, ma anche in quello degli intellettuali laicizzanti. O i “valori” sono quelli del “capitalismo liberista”? Allora siamo in pieno movimento “no-global”, quindi obiettivamente fuori strada; l’opposizione a questo tipo di capitalismo non è faccenda degli integralisti anzi: molti di essi nascono grazie ad esso e non lo rifiutano, anzi ci vanno d’accordo. I valori sono la “desacralizzazione” della vita sociale e culturale? Questi non sono valori, nemmeno per gli occidentali, quanto invece risultanti di una dinamica sociale, politica e culturale che se si vuole può risultare aberrante o meno. Quindi, se gli integralisti si oppongono alla “mancanza di valori”, i valori sono quelli del vivere integralmente la religione? Su questo argomento c’è accordo fra integralisti e quei musulmani che affermano ed hanno affermato l’esatto contrario degli integralisti. Questi ultimi non sono “meno musulmani” dei primi, non pensano che la religione debba essere vissuta “alla carlona”. E non si capisce perché Tessore debba occultarli. Certo, ci si aspetta che svolga correttamente il compito che si è dato, e cioè descrivere una “mistica della guerra”. Ma ci si aspetta anche che egli non “cancelli” una parte di realtà al solo scopo di dimostrare le sue teorie. C’è bisogno di applicare questa sorta di “negazionismo” per dare più credito alle proprie argomentazioni? C’è bisogno di dare ancora una volta per scontato un “conflitto di civiltà” in atto?

Insomma: a guardar bene l’autore – che nella quarta di copertina viene definito “un orientalista” – non sembra aver letto uno dei capisaldi della sua disciplina, “Orientalismo” di Edward Said.

In quel libro si spiega come nella storia l’Occidente abbia costruito l’Oriente, ne abbia definito i confini, le caratteristiche, abbia preteso di “conoscerlo meglio” di quanto esso stesso si conoscesse e, dopo aver fatto tutto questo, abbia imposto – in un ottica imperiale – ai popoli d’Oriente di comportarsi come l’occidente si aspettava che l’oriente si comportasse, abbia “fatto parlare” gli orientali nel modo in cui si voleva che parlassero.

Note

(1) Si vedano a questo proposito “Un universalismo “extra-coranico”: gihad, dar al-islam, dar al-harb” e “L’islam come norma” L’autore dice: “questo concetto di jihad [sforzo], innanzi tutto interiore e poi anche esteriore, è presente nel Corano, ma il termine usato non è _gih_ad, bensì qit_al, ovvero “guerra, uccisione”; il Corano è quindi molto più “concreto” e non permette interpretazioni meramente spiritualistiche”. L’operazione è singolare. Prima si parla della parola _gih_ad per poi affermare che essa non è usata nella funzione che è stata descritta.

23/apr/2007