L’Egitto al maschile che non finisce mai
Come sempre sulla questione del velo nel mondo islamico si fa un grande polverone e si finisce per farsi un’idea completamente decontestualizzata del problema.
Per prima cosa escludiamo il discorso coranico. La voce di wikipedia sulla parola hijab è sufficiente a dare una spiegazione di come il velo delle donne musulmane sia un fatto extra-coranico. Invito a leggerla.
Secondo: il “velo” delle donne musulmane è di vari tipi e questi vari tipi vengono usati in contesti socioculturali molto diversi fra loro. Uno di questi è il niqab che potrebbe andare sotto la categoria dei “veli integrali” che, a seconda dei casi, risultano più o meno punitivi. A volte, addirittura, vi è associata una maschera di metallo che copre i tratti del volto.
Eliminate le ambiguità su questi punti procediamo all’analisi di quanto è successo, chi è lo sheykh Tantawi e quale importanza ha. Tantawi, rettore dell’Università di al-Azhar, è la massima autorità sunnita istituzionale in Egitto. L’Università di al-Azhar, un tempo centro del sunnismo, è ora – come altre istituzioni islamiche del genere – declassata a luogo dell’islam egiziano “governativo” dove, in sostanza, si attua la mediazione fra un islam più o meno moderato e il potere di un rais, Mubarak, che da più di vent’anni comanda tramite finte elezioni.
Passiamo ora al “fatto”. Ecco il resoconto di “Repubblica”:
Mohammed Said Tantawi, durante una visita dedicata al tema dell’influenza H1N1 presso un istituto femminile gestito dall’università [di al-Azhar] a Nasr City (vicino al Cairo), è rimasto “colpito dalla presenza in classe di una studentessa che portava il niqab”. L’imam – “visibilmente adirato”, secondo alcuni testimoni – ha chiesto e ottenuto che l’allieva del secondo anno di liceo togliesse subito il velo. Alla resistenza della ragazza, Tantawi ha spiegato che “il niqab è un’usanza tribale che non ha niente a che vedere con l’islam”, “e io – ha aggiunto rivolto alla studentessa – mi intendo di religione molto di più di te e dei tuoi genitori”.
L’imam ha dato istruzione all’istituto religioso di non fare entrare nella scuola altre ragazze velate, a meno che non siano disposte a togliere immediatamente la “copertura”. Tantawi ha poi espresso l’intenzione di ”provvedere subito all’emissione di un comunicato ufficiale a nome di Al Azahar, per mettere al bando il niqab da tutte le istituzioni dipendenti dall’università”.
Precisazioni. Tantawi non ha dato istruzione di non fare entrare nella scuola altre ragazze velate. Lo ha vietato alle ragazze “col niqab” (le niqabat). Inoltre l’articolo di “al-Masri al-yom”, il quotidiano egiziano che ha dato la notizia lo scorso 5 ottobre non dice proprio usanza “tribale” ma “ereditata, tradizionale” (mawrutha). Veniamo alla spiegazione e chiudiamo il discorso. Il niqab è un tipo di velo che tradizionalmente non è in uso in Egitto (lo è invece – approssimativamente – in Arabia Saudita, Yemen, Bahrain, Kuwait, Qatar, Oman, UAE, Pakistan e Iran). Tantawi “si arrabbia” perché in Egitto, e in una scuola di al-Azhar, delle donne usano il niqab, che è un’usanza importata e non un articolo di Legge (religiosa) né parte della Tradizione del Profeta (sunna). Tantawi non è contro il velo in sé, bensì contro l’uso del niqab che, è sì in uso ma in altri luoghi, in altre tradizioni. Diremmo che è un conservatore degli usi e costumi egiziani e di al-Azhar in merito a come le donne devono/possono coprirsi.
Guardacaso il niqab è introdotto in Egitto per le vie del fondamentalismo sunnita di vecchia e nuova data. Un bel grattacapo per chi sta al potere (Mubarak) e per chi ne fa ossequio da decine di anni (Tantawi). Si capisce l’irritazione di Tantawi, o no? Un suo antagonista era sui banchi della sua scuola e lo dimostrava indossando il niqab.
Insomma. Spero si sia capito il punto: non c’è nessun “imam anti-velo” come titolano alcuni. Si tratta di questioni di politica culturale e sociale egiziana. Non generalizziamo, nel bene e nel male. Altrimenti non ci si capisce niente. Non credo che Tantawi, ad esempio, sia d’accordo con l’introduzione in Egitto dell’”imene artificiale per la verginità”, inventato da una ditta cinese e in vendita a circa 15 dollari a Londra (già condannato da un altro sheykh di al-Azhar). Quello sì – anche se per vie un po’ traverse – darebbe qualche problema ai tutori della tradizione in Egitto.
https://in30secondi.altervista.org/2009/10/08/hello-world/Doppio veloal-azhar,egitto,hijab,islam,niqab,velo
“Per prima cosa escludiamo il discorso coranico. La voce di wikipedia sulla parola hijab è sufficiente a dare una spiegazione di come il velo delle donne musulmane sia un fatto extra-coranico. Invito a leggerla”.
Allora, è da un po’ di tempo che ho scoperto il tuo blog ed oggi mi sto prendendo il tempo di leggerlo in lungo e in largo.
Ora, in alcuni post mi sembra di ravvedere un tentativo di spiegare l’islam con l’islam stesso e quindi ti vedo tutto impegnato nel lodevole sforzo di “oggettivizzare” le cose, poi in altri, come questo, per esempio, mi sembra che il pregiudizio anche per te, come per molti “esperti di islam”, abbia la meglio sulla ricerca della verità e addirttura, per dimostrare che il niqab con l’islam non c’entra niente, al posto di citare studiosi, scienziati e versetti coranici, mi vai a citare wikipedia.
No, non me lo vado a leggere cosa dice wikipedia sull’hijab. Cosa vuoi che dica, wikipedia?
Intanto ti scrivo il link la ritrattazione di Tantawi che assolutamente non può permettersi di screditare il niqab, nè adesso nè tra dieci anni:
http://ummusama.wordpress.com/2010/01/27/tantawi-il-niqab-e-i-mass-media-del-kufr-la-ritrattazione-passata-sotto-silenzio/
sicuramente sarai in grado da solo di verificarne l’autenticità, cosa che non ho fatto perchè so che a certi livelli non ci si può permettere di blaterare senza cognizione di causa. Quindi è ovvio che non ha detto quello che poi i giornalisti gli hanno messo in bocca.
Lui era semplicemente entrato in un’aula tutta femminile e aveva visto che c’era una sorella niqabata e quindi le ha detto che non doveva tenere il niqab in una classe tutta femminile… però probabilmente la sorella, il niqab se l’era rimesso proprio perchè era entrato lui e lui forse nemmeno ci ha pensato, però da questa piccola cosa è nato un polverone di tutt’altra natura! Le solite manipolazioni mediatiche, insomma. Però quando si tratta di niqab nemmeno i “difensori dell’islam” si scomodano a chiarire, chissà perchè.
Una delle “fanatiche sciroccate” firmatarie della petizione del provvedimento anti-niqab.
Allora: citavo wikipedia proprio perché è una fonte “bassa” ma sufficiente a spiegare che hijab è un termine usato nel Corano per indicare altro dal velo che oggi portano molte donne musulmane.
Il passaggio di senso da “schermo/cortina” a “indumento femminile” è extracoranico. Non discuto la validità di altre fonti per un credente: discuto il fatto che nel testo la parola significhi “velo/indumento femminile”.
Discutiamone, se vuoi. Il mio “mandato” – parlare delle cose in pochi secondi – è certamente restrittivo, ma nei commenti ci si può allargare quanto si vuole.
In secondo luogo: il termine usato nella surat al-ahzab per indicare l’indumento femminile non è niqab. Puoi intendere jilbab come un “vestito che copre tutto il corpo”, ma anche in diverse altre maniere. Puoi intendere il termine in rapporto al resto della frase come “il loro caratteristico mantello” perché dopo c’è scritto “in modo da essere riconosciute e non essere molestate” .
E un mantello che aiuti a riconoscere una donna musulmana da una donna non musulmana non deve per forza essere un niqab.
Comunque: non mi addentro nella interpretazione del versetto, che io leggo in maniera diversa dalla tua (ma non mi interessa dire come lo leggo perché non voglio, da non musulmano, dire a te, musulmana, cosa devi pensare del tuo Libro). Che tu, voi, Tantawi lo leggiate così è qualcosa che fa parte della libertà di ognuno di ragionare come vuole. Allo stesso tempo non ritengo che la tua sia l’unica lettura, anche in campo musulmano.
Sta di fatto che, ripeto, hijab nel Corano, non significa “velo che copre i capelli” e che “niqab” nel Corano non c’è.
Ma comunque discutiamone.
Terzo, dò per buono il tuo post su Tantawi: io mi sono fermato all’articolo di Misr al-yom e non sono andato oltre.
Ultimo. Ci tengo a precisare che, usando un artificio retorico, scrivevo:
“forse saranno delle sciroccate, delle fanatiche, quello che volete … però mi sembra che, per prima cosa, la petizione vada letta”.
Perché in quella petizione si manifesta una volontà argomentata e puntuale, un qualcosa che mi mi è sembrato esere il frutto di imposizioni di sorta.
Diverso, ovviamente, è quando un qualsiasi indumento viene imposto.
Ciao,
sono musulmano, d’islam preferisco scrivere sui blog dei non musulmani il meno possibile, per questioni di tempo e soprattutto per evitare lunghe discussioni che non portano da nessuna parte…
torno al tuo post: non mancano gli errori, anche se penso che siano stati fatti in buona fede..
dire che il niqab non c’era (o non c’è) in egitto è totalmente sbagliato, a meno che per te l’egitto è uguale al Cairo (e anche qui cì sarebbe da dire…), e per non andare troppo indietro nel tempo, ti dico solo che SAAD ZAGHLUL aveva rifiutato di ricevere le rappresentanti di un’associazione femminile egiziana perchè portavano il niqab..
dimentichi poi tutto il “maghreb” islamico, a partire dalla libia fino in marocco, il niqab è sempre stato l’unico abito della donna musulmana fino a tempi molto recenti, e solo la “civilizzazione” occidentale dei “barbari” che ha il “merito” di aver introdotto altri modi di vestire…
per el Azhar invece, il suo sunnismo è sempre stato ash’arita, quindi nessuna “autorità” …
infine (per farla breve insomma!) le fatawa di Tantaui e del Azhar in genere vanno studiate sotto più di un riflettore.. cosa che in “30 secondi” sarebbe impossibile.. persino a Magdi ;)
ti saluto.