L’Islamic fashion festival è parte della Malaysia’s International fashion week.

Come sottolinea la BBC:

Fashion that adheres to Islamic rules is a largely untapped market and Malaysia is trying to position itself as the fashion capital for the Muslim world, says the BBC’s Jennifer Pak in Kuala Lumpur (fonte).

La notizia non è nuovissima – il festival è alla sua terza edizione – ma descrive perfettamente il virare delle merci in base alla domanda.

Come sottolinea uno degli stilisti coinvolti, Tom Abang Saufi:

many non-Muslims equate Islamic wear to draping yourself in black. But one can be religious and fashionable at the same time

E, come nel caso del film su Maometto, la moda islamica può attrarre sia musulmani che non musulmani.

Un miliardo e mezzo, e anche più, di gente molto chic e contemporaneamente islamicamente corretta?

Finché c’è merce c’è speranza, si direbbe. Ma a me la cosa puzza di bruciato.

La notizia appena commentata fa il paio con quella, lanciata dalla CNN qualche giorno fa, secondo cui decine di migliaia di bibbie sarebbero state confiscate dal governo malese perché in esse il nome di Dio è Allah, esattamente come nel Corano e questo potrebbe confondere i fedeli e portarli al cristianesimo.

In malese Dio si dice Allah (il ché fra l’altro ci spiega da dove provenga il monoteismo in Malesia) e quindi non si capisce come si possa usare un altro nome nelle bibbie. Come se Dio avesse un nome proprio… La cosa assurda è che nei paesi arabi, luogo da cui la parola arriva, cristiani e musulmani usano entrambi Allah e quindi non si capisce perché questi malesi si siano messi a fare sofisticazioni.

Andando avanti nella lettura dell’articolo che sto glossando compaiono altre notizie un po’ inquietanti fra cui:

  1. il Consiglio Nazionale delle Fatwa ha vietato ai musulmani di fare yoga perché in esso vi sarebbero elementi induisti che corromperebbero l’islam;
  2. il Consiglio ha vietato capelli corti e atteggiamenti maschili alle donne perché ciò incoraggerebbe l’omosessualità.

Insomma, questo governo maelsiano ha paura dei gruppi estremisti e quindi si dota di strumenti atti a non offenderli.

Non si fa così.

Tornando all’Islamic Fashion Festival l’idea è ormai chiara. Come nel caso del film su Maometto si cerca di fare un film che non porti gli islamisti a farsi esplodere nei cinema, nel caso della islamic fashion siamo di fronte a un tentativo di fare i soldi con gli abiti evitando di essere obiettivi di un qualche kamikaze.

Questo è il potere della merce? Be’, tenetevelo. Perché con questo sistema una bomba prima o poi vi esplode in faccia. E a quel punto – come si suol dire – ve la siete cercata.

p.s. All’Islamic fashion festival c’è anche la sezione burkini.

donna in burkini

La modella assomiglia molto alla Carfagna. Vero?

Lorenzo DeclichDoppio veloIslamercatoislam,Islamic fashion festival,malesia,moda,politically correct
L'Islamic fashion festival è parte della Malaysia's International fashion week. Come sottolinea la BBC: Fashion that adheres to Islamic rules is a largely untapped market and Malaysia is trying to position itself as the fashion capital for the Muslim world, says the BBC's Jennifer Pak in Kuala Lumpur (fonte). La notizia non...