Non voglio dire “l’avevo detto” perché effettivamente l’avevo solo pensato.

Poi, parlando con un po’ di amici mi sono reso conto che il pensiero era comune, intuitivo: fare isole  artificiali – a forma di palma o di mappamondo poco importa – di fronte a Dubai per poi venderne pezzi a cifre stratosferiche non era un’ottima idea.

Infatti, nonostante l’architettura dinamica e creativa, l’hotel a 7 stelle, lo skyline e la torre e il campo da tennis in cima al palazzo, alla fine chi doveva comprare si è guardato intorno e non si è trovato bene.

Perché nessuno che abbia un po’ di buon senso compra un pezzo di isola, seppur lussuoso, al centro di un disastro ambientale di proporzioni bibliche.

Dubai è un posto dove l’acqua costa più del petrolio e ultimamente insolite quantità di pesci giacevano paralizzate sul bagnasciuga.

Dove una nube di caligine a 300 metri dal suolo, si mescola con la polvere del deserto e con l’inquinamento della città.

A nulla è servito riprendere in chiave contemporanea antiche intuizioni architettoniche come le torri del vento o fare metropolitane per evitare le emissioni dei SUV: l’urbanizzazione di Dubai è un ecocidio, non il paradiso degli architetti.

Dubai è pura monnezza petrolifera. Costruita sulla pelle di migliaia e migliaia di persone ridotte in stato di schiavitù.

E io, anche se avessi tutto l’oro del mondo, non mi ci fermerei nemmeno per sbaglio.

Lorenzo DeclichLa grande seteacqua,ambiente,dubai,economia,emirati arabi uniti,golfo persico,petrolio
Non voglio dire 'l'avevo detto' perché effettivamente l'avevo solo pensato. Poi, parlando con un po' di amici mi sono reso conto che il pensiero era comune, intuitivo: fare isole  artificiali - a forma di palma o di mappamondo poco importa - di fronte a Dubai per poi venderne pezzi a...