Non puoi guardare qua sotto
La polemica riguardante lo spot di Liason dangereuse (la fonte che cito fà i soliti erroracci, ma lasciamo perdere) in cui una donna indossa provocanti indumenti intimi sotto a un niqab, mi dà modo di compiere una specificazione riguardo alla religione islamica nel suo complesso.
Le prescrizioni islamiche sono di natura normativa e riguardano la sfera pubblica, cioè il rapporto del credente con la comunità (come poi si determini il discrimine fra pubblico e privato è un altro discorso, molto lungo).
Qualora si accetti la prescrizione del velo, in qualsiasi sua forma, l'”obbligo” di portarlo non implica – di norma – alcun genere di “morale” su cosa la donna debba indossare sotto di esso, cioè in privato.
Non so se avete presente le Mille e una notte.
Sulle vicende legate all’underwear o, se preferite, all’underveil segnalo questo post riguardante l’Arabia Saudita.
Un altro articolo su cui discutere, su Libano e Siria, sarebbe qui.
Dal mio punto di vista, comunque, lo spot, nel suo complesso, ha ben poco di islamico.
La norma che impone il velo, che la si approvi o meno, trova giustificazione unicamente nella protezione della donna e di questa idea, nello spot, non c’è traccia.
Lo spot, anzi, porta con sé un gusto del proibito abbastanza cristiano.
https://in30secondi.altervista.org/2010/01/25/non-puoi-guardare-qua-sotto/Doppio velofrance24,germania,islam,liason dangereuse,lingerie,niqab,velo
Agreed. Il solito equivoco dei cultural studies: l’altro è diverso da noi solo perché ce lo immaginiamo molto uguale a come siamo quando non ci piacciamo. Per cui se una donna si toglie il niqab è molto etnica mentre se si toglie i jeans no, quando poi in finale stanno facendo la stessissima identica cosa.
Equivo per cui qualcuno pensa che chi mangia carne helal appartiene a una civiltà.
quello che mi ha colpito nello spot è che sia un pubblicità occidentale mandata in un paese occidentale dove, per quanto ne so, per la prima volta una donna musulmana viene considerata donna. donna oggetto sessuale, certo, ma a questo siamo abituate.
Un gusto dell’esotico di impronta (ovviamente) maschile … di vecchia data (l’orientalismo in pittura ad esempio) quanto duro a morire o comunque riesumato ciclicamente.
beh, sul fatto che che il *gusto del proibito* sia cristiano ci sarebbe da discutere.
Forse sarebbe meglio sostituire *proibito* con *trasgressivo* (e pure su questo ci sarebbe da discutere) considerando il fatto che il perdono è sempre a portata di mano (e in ogni caso questo riguarderebbe il cattolicesimo, cioè poco più della metà del mondo cristiano)
Parlavo di un retaggio ampio quanto generico (“peccato originale”). “Trasgressivo” potrebbe essere più corretto, anch’io avevo pensato al collegamento con l’idea del perdono (che nell’islam è molto più sfumata) ma più circostanziato (però anche nel protestantesimo c’è una dinamica “peccato/perdono”, non mi pronuncio invece sul cristianesimo ortodosso, che in questo senso non conosco). E comunque discutiamone: a che servono i commenti se non a questo? Mica sono un tuttologo :-)
non sarai un tuttologo, ma hai colto benissimo il collegamento peccato/perdono: promosso :-)
Per quanto riguarda il cristianesimo ortodosso (termine generico che dice tutto e niente, ma vabbè, per capirci) in questo campo è molto vicino al cattolicesimo
Trovo tutta la polemica decisamente futile e fuori luogo.
Innanzitutto non c’è nulla di trasgressivo né di peccaminoso (a parte il voyerismo della macchina da presa), dato che per pubblicizzare un prodotto come la sexy lingerie femminile bisogna pur far vedere qualcosa.
Pensare che in un tale spot si debba far capire che “la norma che impone il velo trova giustificazione unicamente nella protezione della donna” è, permettilo, veramente assurdo: è uno spot, non un documentario di History Channel!. Oltretutto, forse quel messaggio tutto sommato ci può anche stare (perché altrimenti lei si metterebbe il niqab prima di uscire?)
Circa l’immaginario orientalista da bagno turco, penso che il messaggio dello spot fosse piuttosto indirizzato a una clientela musulmana, la quale per altro non credo che abbia bisogno di spot ad hoc per essere sedotta. Ma ovviamente qui si rientra nel discorso dell’islam-mercato che tu hai già ampiamente trattato.
I musulmani che hanno protestato sono evidetentemente i soliti bacchettoni che ovunque nel mondo criticano la pubblicità troppo spinta, e dunque non li degnerei di risposta.
Nemmeno l’illustre studiosa, che intrpellata avrebbe detto: «E’ sbagliato associare il vestito arabo alla sessualità e non alle virtù e alla morale», ci prende, dato che il “vestito arabo” non attiene nemmeno alla virtù o alla morale, ma solo a un ordine tradizionale della Penisola Araba.
Infine, mi sembra ancor più deprimente la campagna delle donne saudite che chiedono una legge per imporre commesse donne nei negozi di biancheria intima.
Se e vero che in Arabia Saudita la parità fra uomini e donne è negata in nome della dottrina religiosa, risolvere la questione legalizzando un’ulteriore discriminazione è oncettualmente un paradosso. Ovviamente questo è un ragionar da occidentali e non ci voglio cascare. La cosa se non altro mostra come sia forviante applicare logiche e discorsi “europei” a realtà diverse.
Ma questo dovrebbe valere anche per le attiviste saudite, che rischiano di ritrovarsi a combattere le mosche coi bazooka (o gli elefanti con gli spilli).
D
Non stavo dicendo che
> in un tale spot si debba far capire che “la norma che impone
> il velo trova giustificazione unicamente nella protezione della donna”
sto dicendo che di islamico in quello spot non c’è nulla, nemmeno il niqab.
E poi non penso che uno spot che mandano in Francia e in Germania sia primariamente indirizzato a donne musulmane.
Penso più alla ricerca di un erotismo vagamente esotico, almeno dal punto di vista di chi lo ha inventato.
ps. ma perché ti sei loggato così?
non so, sono entrato da fuori e mi ha loggato così.
Cmq il dubbio su a chi sia indirizzato lo spot resta: se fosse come dici tu, sembrerebbe indirizzato a un pubblico maschile, che, sì, a volte acquista lingerie femminile (per farne un regalo o per indossarla lui stesso?), ma difficilmente è il target primario.
D
direi che il velo non è una questione di ‘morale’ o ‘penisola araba’, ma solo un modo per controllare il corpo e la sessualità della donna, sia niqab, hijab o che dir si voglia
concordo con l’osservazione sulla richiesta di commesse donne nei negozi di abbigliamento intimo, tuttavia ha il merito di evidenziare la contraddizione.
del resto dove le donne per legge sono esseri inferiori credo che le possibilità di azione siano ridotte
Non capisco come possiate denigrare una donna in questo modo. Che porti un tajeur o un velo integrale è sempre una donna… Lo spot a parer mio è geniale e mette in risalto la purezza di una donna sotto qualsivoglia abito.
Io vi consiglio di dare una nuova occhiata al video: http://tv.city.it/?v=410
Karen
Ristabiliamo un punto. Il mio post riguardava il rapporto fra islam e sfera privata. Riguardo alla purezza di una donna qualsivoglia, con qualsiasi abito o non-abito addosso, non mi sono pronunciato. Anche perché il mio pensiero in merito non è granché originale.
Parli di gusto del proibito come accezione di un cristianesimo ben lontano dalle rigidità islamiche o di qualsivoglia religione. Ci tengo innanzitutto a precisare la definizione di religione come “un complesso di credenze, comportamenti, atti rituali e culturali, mediante cui un gruppo umano esprime un rapporto con il sacro”. Non c’è nulla sulla privazione, sui limiti, sugli obblighi e tantomeno sulla morale… Credo sarebbe meglio parlare quindi di gusto del proibito assolutamente imposto dall’uomo…
Perché d’altronde alla genesi di ogni forma di religione c’è un furbetto, colto, intelligente, capace di ammaliare e di trascinare e nulla più. Il rapporto tra il sacro e l’uomo è forse qualcosa che ognuno dovrebbe cercare dentro se stesso, a prescindere da un simbolo religioso, anch’esso imposto.
Detto questo, purtroppo, il furbetto, millantatore e ammaliatore, casualmente è sempre stato UOMO, e mai donna… e allora, a chi imporre il proprio predominio se non alla donna??? carissimi maschietti, se il millantatore fosse stata donna oggi giravate tutti col velo e in silenzio per non rischiare di essere uccisi!!!
Sul maschilismo feroce e funesto di questo mondo siamo d’accordo. Ma credo che anche uno spot che vende lingerie femminile ne sia in qualche misura il prodotto.