Ricevo il bollettino dell’Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose, uno di quegli osservatori che vale la pena tenere sotto osservazione perché compie un monitoraggio serio della giurisprudenza prodotta in Europa in materia.

Fra le ultime sentenze riportate ce ne sono due di particolare interesse “identitario”:

Sentenza 30 novembre 2009
Regno Unito: McFarlane vs. Relate Avon LTD. Contrasto tra convinzioni religiose e prestazioni lavorative
Autore: Employment Appeal Tribunal
Data: 30 novembre 2009
Argomento: Divieto di discriminazione, Lavoro, Libertà religiosa, Obiezione di coscienza
Dossier: Lotta alla discriminazione, Regno Unito, Lavoro e Religione, Paesi Unione europea
Nazione: Regno Unito
Parole chiave: Lavoro e religione, Licenziamento, Divieto di discriminazione, Orientamento sessuale, Rapporto di lavoro, Convinzioni religiose, Religione cristiana, Omosessuali, Consulenza, Famiglia, Religion or belief, Dismissal, Employment, Religious discrimination, Family, Counseling, Same sex couple, Sexual orientation

Abstract: Il licenziamento di un consulente familiare di religione cristiana, che ha rifiutato di svolgere il suo lavoro con coppie omosessuali, è legittimo e non è discriminatorio in base ai regolamenti “Employment Equality (Religion or Belief) Regulations 2003”. (qui)

Sentenza 12 febbraio 2010
Regno Unito: Eweida v. British Airways
Autore: Corte d’Appello
Data: 12 febbraio 2010
Argomento: Divieto di discriminazione, Lavoro, Libertà religiosa, Simboli religiosi
Dossier: Regno Unito, Simboli religiosi, Lavoro e Religione, Libertà religiosa, Paesi Unione europea
Nazione: Regno Unito
Parole chiave: Simboli religiosi, Crocifisso, Divisa, Hostess di volo, Abbigliamento, Libertà religiosa, Convinzioni religiose, Discriminazione religiosa, Divieto di discriminazione, Lavoro e religione, Crucifix, Religious symbols, Uniform, Dress code, Employment, Religious discrimination, Religious freedom

Abstract: Non si è in presenza di discriminazione indiretta quando lo svantaggio derivante da una norma neutra riguarda un singolo individuo e non un gruppo religioso. Nel caso di specie, la ricorrente (hostess di British Airways) sosteneva che l’obbligo di indossare una divisa, senza mostrare oggetti di gioielleria né simboli religiosi, le aveva causato una discriminazione indiretta poiché le aveva impedito di portare una catenina con una croce, espressione della sua religione. In base all'”Employment Equality Regulations (Religion or Belief) 2003” una discriminazione indiretta è dimostrata quando uno svantaggio sussiste non solo per il ricorrente, ma anche per il gruppo confessionale di appartenenza, fatto che non risulta dimostrato nel caso di specie.
La sentenza sottolinea anche che qualora fosse sufficiente dimostrare lo svantaggio subito da un singolo lavoratore per provare una discriminazione indiretta, ciò imporrebbe un onere insostenibile per i datori di lavoro, tenuti a conoscere e a prevedere ogni credenza presente nella società, anche se professata da un singolo individuo o addirittura fittizia. La Corte ha inoltre rilevato che il codice di abbigliamento di British Airways, che vieta gli ornamenti visibili, sarebbe comunque stato giustificato come un mezzo proporzionato per raggiungere uno scopo legittimo, ai sensi dei regolamenti del 2003, art. 3 (1) (b) (iii).
(qui)

Lorenzo DeclichDoppio velogiurisprudenza,identità,identità cristiana,regno unito
Ricevo il bollettino dell'Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose, uno di quegli osservatori che vale la pena tenere sotto osservazione perché compie un monitoraggio serio della giurisprudenza prodotta in Europa in materia. Fra le ultime sentenze riportate ce ne sono due di particolare interesse 'identitario': Sentenza 30 novembre 2009 Regno Unito:...