Il Comitato per l'antislam italiano
Meditavo da qualche giorno di scrivere un post sull’inattività del nostro neonato Comitato per l’Islam Italiano.
Nell’attesa di qualche nuova notizia, monitoravo l’attività pubblicistica di alcuni dei suoi membri che fra l’altro, ultimamente, mi sembravano un po’ fiacchi.
Ma dal Ministero degli interni non giungevano voci di sorta (vedi qui) e mi chiedevo se laggiù non si fossero dimenticati dell’esistenza stessa di ciò che avevano creato 2 mesi fa.
Stamattina, finalmente, grazie a Karima Moual de “Il Sole 24ORE” (e non al Ministero) arrivano nuove:
- sono stati nominati 4 gruppi di lavoro;
- un membro del comitato si è dimesso.
I 4 gruppi di lavoro dovrebbero esaminare:
- formazione imam
- moschee
- burqa
- matrimoni misti.
Il dimissionario, Mario Scialoja “si dice sconcertato per le nomine”:
Sono stati nominati come sostenitori, e neanche relatori, solo 2 musulmani su 8 – dice Scialoja –. Ma la cosa più vergognosa è che i due più importanti temi, la formazione degli imam e le moschee in Italia, siano stati affidati a relatori non musulmani come Carlo Panella e Andrea Morigi che hanno sempre avuto atteggiamenti notoriamente islamofobi. Ci sono un’infinità di articoli a riprova del loro pensiero. Questo io lo considero vergognoso, inaccettabile e insultante per la comunità musulmana.
Carlo Panella e Andrea Morigi.
Ripeto, Carlo Panella e Andrea Morigi: due giornalisti di destra.
E’ davvero una presa in giro: siamo d’accordo (si fa per dire) nel metterli dentro al Comitato per rappresentare la “voce” clericale, reazionaria e destrorsa che erutta dal ventre di questo nostro paese.
Ma metterli a capo di un gruppo di lavoro no, non è davvero ragionevole.
E’ come far giocare Francesco Totti nella Lazio e dargli la fascia da capitano: cosa pensate che faccia, in campo?
Il pezzo de “Il Sole” prosegue con la chiamata in causa di altre persone “coinvolte” per un verso o per un altro nella vicenda del Comitato.
E qui inizia un altro giro di giostra.
Ad appoggiare la scelta dell’ex ambasciatore, con l’invito rivolto al segretario generale della grande moschea di Roma Redouane a fare altrettanto, ci pensano gli Intellettuali Musulmani, già in precedenza molto scettici sulla composizione dei membri in quota musulmani del comitato: «La presenza islamica è del tutto insoddisfacente sia sotto il profilo della rappresentatività, sia sotto quello della competenza culturale e religiosa» dichiara senza mezzi termini Ahmed Giampiero Vincenzo, presidente degli intellettuali musulmani. Che sottolinea: «A parte i due esponenti della Moschea di Roma, gli altri musulmani fanno parte di formazioni di scarsissimo rilievo, in alcuni casi create solo in funzione della partecipazione al Comitato. Per questo apprendiamo con piacere la decisione di Mario Scialoja di rassegnare le dimissioni e abbiamo consigliato al Segretario della Grande Moschea di Roma di fare lo stesso».
Bene: l’osservazione è condivisibile, ma c’è da dire che gli “Intellettuali Musulmani Italiani“, sebbene un po’ più “vecchi” dei “Musulmani moderati” &Co. (cioè gli Amici di Sbai) rappresentati nel Comitato, non sono granché rappresentativi a loro volta (il ché, ovviamente, non vieta loro di avanzare un parere).
Rappresentativi, eccome, sarebbero invece – come sottolinea poco più sotto Paolo Branca – i musulmani di seconda generazione.
Cioè quelli che dovrebbero già essere italiani ma che, a causa di una legge sulla cittadinanza iperburocratizzante e razzista de facto, tribolano in un penoso limbo apolide.
Loro non sono stati proprio interpellati, chissà perché.
Vediamo nei prossimi giorni come si svolgerà la vicenda.
https://in30secondi.altervista.org/2010/04/27/il-comitato-per-lantislam-italiano/https://in30secondi.altervista.org/wp-content/uploads/2010/04/palermo3.jpghttps://in30secondi.altervista.org/wp-content/uploads/2010/04/palermo3-150x150.jpgLe destre e l'islamandrea morigi,carlo panella,comitato per l'islam italiano,imam,intellettuali musulmani italiani,islam,italia,karima moual,mario scialoja,ministero dell\'interno,moschee,movimento musulmani moderati italia-europa,musulmani moderati,paolo branca,roberto maroni,suad sbai
Davvero! trovo scandaloso che Andrea Morigi sia in questa consulta…
Caro Lorenzo, ti ringrazio della nota che hai pubblicato, interessandoti delle sorti di un Islam italiano decisamente bistrattato. Hai ragione, non intendiamo essere rappresentativi nel senso numerico, ma vogliamo proprio esprimere pareri su come vanno e potrebbero andare le cose nel mondo islamico e interno ad esso. Anche perché la maggior parte di noi fa parte dell’Assemblea Generale della Grande Moschea di Roma e vorremo che fosse quest’ultima piuttosto a essere veramente rappresentativa della comunità islamica italiana. Non può essere però uno sforzo individuale che può raggiungere un tale scopo, quanto il lavoro e le preghiere di molti musulmani convinti che la Grande moschea sia un bene collettivo, un simbolo della presenza islamica nel nostro paese. Per questo riteniamo non sia accettabile squalificarla al punto in cui si è arrivati in questo Comitato. Abbiamo ricostruito i curricula dei musulmani chiamati a far parte del Comitato e siamo rimasti basiti nello scoprire che tra i presunti super consulenti del Ministro Maroni si annoverano venditori ambulanti, magazzinieri, autotrasportatori, immigrati leghisti, persino due imam senza luogo di culto. E questo nell’Italia delle oltre 700 moschee. Tra i 19 c’è anche spazio per gli ismailiti, comunità ritenuta dai musulmani non propriamente ortodossa e che conta appena qualche decina di seguaci in Italia.A parte un paio di studiosi, a dire il vero non proprio a loro agio con le problematiche religiose, sembra proprio una composizione fatta ad arte per tenere in una soggezione terzomondista il mondo islamico. Spero che tu voglia tornare anche in futuro sull’argomento…
Grazie Ahmad di essere intervenuto. Seguo la vicenda da un po’ e credo proprio che non demorderò. La traiettoria del Comitato era già purtroppo delineata in febbraio, con le nomine assurde di cui questo blog si è occupato. All’atto dello scrivere l’agenda del Comitato i nodi sono venuti immediatamente al pettine. Vedremo ora gli sviluppi.
Beh, il punto 1) del programma mi sembra di cogente attualità; i l tempo vola, i Mondiali si avvicinano e ancora ignoriamo la formazione degli imam, se privilegerà il classico catenaccio all’italiana (o alla guantanamera), o se azzarderà un tridente d’attacco (ma il tridente è simbolo induista, potrebbero nascere fraintendimenti); neanche un cenno, poi, a chi resterà in panchina.
Naturalmente anche il punto 3) ci attanaglia, visto che le nostre metropoli sono gremite di temibili afghane in burqa, che nelle ore di punta diventano persino un serio problema per la viabilità.
Allo scottante tema del punto 4) ne aggiungerei un altro ancora più bollente:
5) fritti misti
Infatti, visto che gli hanafiti tendono a ritenere haram seppioline, totani & c, si potrebbero creare pericolose divisioni e polemiche in seno alla comunità, per non dire dei tumulti nelle pizzerie. Speriamo si rimedi al più presto.
Colgo l’occasione per candidarmi hic et nunc ai due posti vacanti, che come è noto fare il consulente è sempre meglio che lavorare. Ma Panella è lo stesso che scriveva i testi per Lucio Battisti? (sostituendo giustamente Mogol, nome in odore d’autocrazia musulmana)
“Rappresentativi, eccome, sarebbero invece – come sottolinea poco più sotto Paolo Branca – i musulmani di seconda generazione”
Il punto è che per Paolo branca SOLO i musulmani di seconda generazione sono rappresentativi.
E a tal proposito chiederei anche, senza polemica né ironia, per quali motivi la Grande Moschea di Roma debba “essere veramente rappresentativa della comunità islamica italiana”.
@letturearabe&mizam: avete ragione ambedue. Ne abbiamo già discusso in altri post riguardanti il Comitato e la vecchia Consulta (vedi qui).
Scialoja è collegato alla Moschea di Roma e quindi porta acqua al suo mulino, così come gli “intellettuali musulmani italiani”. Anche Branca fa lo stesso.
Ho avuto uno scambio epistolare con Karima Moual, l’autrice dell’articolo del Sole, che mi ha segnalato questa intervista a Scialoja (grazie Karima).
Indovinate dove è pubblicata? Sul Secolo d’Italia, il giornale di Fini.
Poiché sono naive e non complottardo, ma neanche scemo, ritengo che questo non sia un caso: il Comitato, che parte come entità non rappresentativa dei musulmani italiani nel loro complesso, è invece rappresentativo in buona misura di quelle fazioni politiche italiane che hanno deciso di mettere il cappello, o il timbro, sull’islam italiano. Abbiamo gli Amici di Sbai, che Scialoja oggi critica, e gli islamofobi alla Morigi, che sono ampiamente berlusconiani. Poi abbiamo anche dei finiani (fra cui Scialoja, immagino) e dei democristiani (un Branca).
ecco, appunto. mi pare siamo d’accordo.
Cari amici, mi fa piacere leggervi e vedere come le cose possono essere viste dal vostro punto di vista che non vi nascondo fa riflettere. Che ci sia la voglia di alcuni di mettere le mani sull’Islam italiano, è indubbio, se non le hanno già messe da tempo. Che glielo abbiamo lasciato fare finora, è altrettanto da registrare. Siamo soprattutto noi italiani a essere stanchi di una certa situazione. L’articolo del Secolo d’Italia, infatti, è dovuto più all’interessamento di Omar Camilletti, che vi tiene una rubrica settimanale, che ad altre cose. In un certo senso saremmo quasi contenti di poter vedere un riscontrare un’attenzione così grande da parte di interi partiti. Dal nostro punto di vista, le cose sono purtroppo più banali e quindi, anche per questo, più difficili da risollevare. Ci sono inerzie, servilismi e cattive abitudini che sono difficili da sradicare. Ma ci stiamo provando seriamente.
Per quanto riguarda il ruolo della Grande Moschea, noi italiani la vediamo soprattutto come un segno della presenza dell’Islam in Italia. Secondo alcune tradizioni, l’Islam sarebbe dovuto arrivare anche a Roma. La Grande Moschea è il simbolo di questa presenza, non militare certo, ma spirituale.
Be’, ci piacerebbe sapere, a questo punto, qual’è il vostro pensiero sui musulmani di seconda generazione e sui musulmani residenti ma non cittadini, che sono la stragrande maggioranza dei musulmani che attualmente si trovano nel nostro paese.
Che la grande moschea di Roma sia un segno dell’Islam in Italia non c’è dubbio; non militare, senza dubbio, ma non solo spirituale, visto che una struttura simile implica un aspetto decisamente temporale e politico — dai fondi per costruirla, alla gestione economica, alla scelta degli imam e via dicendo.
Va anche detto che ” Rum” delle tradizioni non implica necessariamente Roma, ma chissà.
Tra gli immigrati che arrivano in Italia si riscontrano spesso due tipi di comportamento. Alcuni per evitare di avere due problemi, straniero e musulmano, scelgono di vivere solo il primo, accantonando il fatto di avere una religione diversa dalla maggioranza degli italiani. Smettono di praticare e si allontanano dalla religione pur rimanendo musulmani nel fondo dell’anima. Mentre altri, pensando di preservare la loro fede, si rinchiudono in una sorta di ghetto, mentale prima che materiale, cercando di limitare al massimo i rapporti con l’esterno. Certo, molti altri vivono senza traumi la loro identità, anche se non è facile, perché viviamo in tempi che non sono tempi tranquilli per nessuno. Gli italiani musulmani possono favorire un maggiore equilibrio, aiutando gli altri a “rialzare la testa”, senza isolarsi o scontrarsi con la società occidentale. D’altra parte non si può prescindere dall’esperienza vissuta di una tradizione profondamente intellettuale e spirituale, che è proprio ciò che fa difetto a molti europei. Siamo “condannati” a essere uniti, a essere complementari. La comunità dovrebbe ritrovare la sua integrità. Lo so che può apparire un po’ idealistico, eppure qualcosa del genere sta già accadendo in Turchia. Potrebbe succedere anche da noi.