Ho già parlato di Daniel Pipes rilevandone l’intento incendiario e la pretestuosità.

Lo scorso 29 aprile se n’è uscito con questo “My peace plan: an Israeli victory“, un articolo rimbalzato poi su “Il Legno Storto” e infine su “Liberali per Israele“.

Secondo Pipes la guerra finisce quando qualcuno la vince e a vincere deve essere Israele.

Ovviamente, i palestinesi sarebbero i primi a giovarsene.

L’acuto commentatore, tuttavia, imposta l’articolo con un vizio di base.

Definisce ciò che sta succedendo una guerra “arabo-israeliana”.

Dimenticando che Israele è in pace con Egitto e Giordania.

Che il “grande nemico” di Israele è l’Iran.

E che gli unici che tirano qualcosa addosso agli israeliani sono palestinesi.

Ciò che davvero è pernicioso in Pipes non è il suo punto di vista pro-israeliano – ognuno la pensa come vuole – bensì il suo modo di fare il gioco delle tre carte.

I suo è un vero e proprio occhio coloniale, a sfondo paternalista.

Dire “guerra arabo-israeliana” non è solo un’approssimazione, una “licenza poetica”.

Se Israele sterminasse tutti i palestinesi Pipes, con la questa sua storiella, riuscirebbe a negarne l’evidenza.

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Ho già parlato di Daniel Pipes rilevandone l'intento incendiario e la pretestuosità. Lo scorso 29 aprile se n'è uscito con questo 'My peace plan: an Israeli victory', un articolo rimbalzato poi su 'Il Legno Storto' e infine su 'Liberali per Israele'. Secondo Pipes la guerra finisce quando qualcuno la vince e...