Schiere di controjihadisti ed eurabisti nostrani invocano la civiltà francese quando si parla di vietare niqab e burqa.

Bene, affinché pesi e misure siano univoche, invito queste persone a riflettere, a riflettere molto sulla civiltà francese nel caso che illustro qui sotto (fonte principale).

Impareranno qualcosa sulla libertà.

In un intervista a Le Monde del 19 aprile 2003 Jean-Marie Le Pen, disse:

Il giorno in cui avremo in Francia non cinque ma 25 milioni di musulmani allora saranno loro a comandare. I francesi cammineranno rasi ai muri e terranno gli occhi bassi al momento di scendere dai marciapiedi. E se non lo facessero gli verrebbe detto: “Che hai da guardare in quel modo? Cerchi rogna?” e voi, se non vorrete prendervi una scarica di botte, non potrete far altro che filar via .

Il 2 aprile 2004 il politico destrorso fu condannato a 10.000 euro d’ammenda dal Tribunal correctionnel di Parigi che l’aveva riconosciuto colpevole d’incitazione all’odio razziale (il precedente 13 febbraio l’accusa aveva chiesto 8.000 euro d’ammenda e 1 anno di ineleggibilità.

Il 30 aprile dello stesso anno, rispondendo alla rivista Rivarol, Le Pen rincarava:

Quando dico che con 25 milioni di musulmani da noi i francesi camminerebbero rasi ai muri, la gente in sala mi dice, non senza aver ragione: “Ma signor Le Pen, è già così adesso”

Per questa dichiarazione il 30 giugno 2004, la Ligue de droits de l’homme lo citava in giudizio davanti al Tribunal correctionnel: le accuse non cambiano.

Il 25 novembre 2005, il tribunale annullava la citazione per non-conformità con le disposizioni legali.

Il 29 marzo 2006 la corte d’appello annullava il giudizio del tribunale e rinviava l’esame della vicenda a un’ulteriore udienza.

Il 12 marzo 2008 la corte d’appello condannava Le Pen a pagare altri 10.000 euro d’ammenda per i motivi seguenti:

« (…) A travers les propos poursuivis, Jean-Marie Le Pen, qui ne conteste pas en être l’auteur, explique sans détour qu’alors qu’il se contente lui-même, en sa qualité de président du Front national, de faire valoir aux « gens » qu’une forte croissance de la communauté musulmane constitue une menace pour les Français qui seront dominés, humiliés et victimes de violences, ceux-ci, qui, au-delà de ses électeurs et du lectorat de Rivarol, forment le peuple Français, lui disent que, d’ores et déjà, en présence de musulmans, ils doivent se tenir à distance d’eux et faire preuve de soumission à leur égard.

(…) Ce faisant, le prévenu oppose les « Français » aux « musulmans », les « gens » de France, dont les réactions vont bien plus loin que ses propres propos condamnés, à une communauté étrangère présentée comme une multitude envahissante, et tend à susciter, par le sens et la portée qu’il donne à son message, et à celui des « gens », qu’il fait finalement sien, un sentiment de rejet et d’hostilité envers la communauté musulmane. »

La sentenza precisa che la libertà d’espressione del ricorrente non può giustificare osservazioni che comportano una istigazione alla discriminazione, all’odio o alla violenza verso un gruppo di persone.

Il 3 febbraio 2009 chiudeva la partita francese (8 faccio presente che la partita francese si giocò su una legge sulla libertà di stampa del 29 luglio 1881).

Ma la sentenza definitiva del primo caso era intanto già arrivata il 24 febbraio 2005 e Le Pen a quel punto aveva fatto ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

La quale, il 20 aprile scorso, ha dichiarato inammissibile la citazione di Le Pen contro la Francia.

La Corte infatti ha considerato che la punizione imposta al richiedente dallo Stato francese per le sue frasi riguardanti i musulmani in Francia era giustificata.

La Corte ha ribadito che attribuisce la massima importanza alla libertà di espressione nel contesto del dibattito politico in una società democratica, e che la libertà di espressione si applica non soltanto alla “informazione” e alle “idee” che sono accolte favorevolmente ma anche a quelle che offendono, scioccano, disturbano.

Inoltre, chiunque sia coinvolto in un dibattito che ha per materia il pubblico interesse può ricorrere a un certo grado di esagerazione, provocazione, a condizione del rispetto della reputazione e dei diritti altrui.

Punto.

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Schiere di controjihadisti ed eurabisti nostrani invocano la civiltà francese quando si parla di vietare niqab e burqa. Bene, affinché pesi e misure siano univoche, invito queste persone a riflettere, a riflettere molto sulla civiltà francese nel caso che illustro qui sotto (fonte principale). Impareranno qualcosa sulla libertà. In un intervista a...