La grande stampa scopre l’islamercato, ovviamente nella maniera storta.

Repubblica, qualche giorno fa, pubblica questo acritico articolo sulla presentazione, alla Farnesina, del marchio “Halal Italia”.

Il titolo fa: Al via il marchio “Halal Italia” Prodotti italiani “fedeli” all’Islam, e già qui siamo in errore.

Il marchio Halal Italia esiste già da molto tempo. Fa parte di una “filiera” politico economica Regione Lombardia, Co.re.is-Halal Italia. Come scrivevo qui qualche mese fa non si tratta dell’unico marchio halal italiano. C’è un’altra filiera, quella “toscoemiliana”, che ha tutti altri padrini.

Vi prego, leggete il post e non fatemi ripetere tutto.

Si tratta di un antagonismo commerciale in cui irrompe il governo italiano con 3, dico 3 ministri: Frattini, Fazio e Galan (esteri, salute, agricoltura).

Firmano una convenzione interministeriale con la Coreis – una associazione di musulmani italiani assolutamente minoritaria il cui unico merito è di sapersi infilare nelle stanze giuste al momento giusto – per sostenere il progetto del marchio (leggete questo post di Kelebek).

Un marchio che garantirebbe “pulizia” dal punto di vista islamico, cosa di cui mi permetto di dubitare fortemente, visti i precedenti in Europa e nel mondo, e farebbe partire il businness del cibo halal made in Italy, un giro d’affari di 5 miliardi.

Il fatto è che questo businness viene garantito solo ai possessori del marchio, cioè solo a una parte del mercato (quella lombarda, evviva Formigoni).

Al di là delle valutazioni su che cosa sia davvero questo mercato halal, si crea una situazione di monopolio prima ancora di appoggiare quel mercato.

Prima ancora che ci sia una legge seria sulla cittadinanza, prima ancora di mettere mano in un modo o nell’altro alla vicenda ormai trentennale della presenza di cittadini (decine di migliaia) e residenti (centinaia di migliaia) musulmani:  prima di tutto decidiamo chi ci deve fare i soldi, installiamo la CORPORAZIONE.

Sono tutti contenti, in Sardegna, per i loro salumifici, e anche la confagricoltura esulta.

Senza sapere che dei banditi, i soliti banditi, hanno fatto i loro soliti stolidi fatti propri.

E si prenderanno la stecca.

Invece a “Repubblica” (e omologhi), presi dall’esotismo dell’evento e concentrati nello spiegare che cosa sia il cibo o la farmaceutica halal, nessuno si è accorto di niente.

Niente, deserto dei tartari, nessuno che vada oltre di un centimetro, che faccia una ricerchina su cosa succede altrove (guardate nella categoria “mercato islam” e troverete molto in merito), magari in Europa.

Stiamo parlando di un’operazione di trusting, UNA COSA VERGOGNOSA che “riesce bene” perché vi si inseriscono il suddetto “esotismo” e, anche il lato “animalista” della vicenda, che copre il tutto con una cortina di fumo.

Infatti l’unica cosa “di opposizione” che ho visto in giro riguarda il trattamento che subiscono gli animali islamicamente macellati.

Una roba che davvero con la notizia non c’entra NIENTE.

Ma niente – dico – perché la questione della macellazione halal nasceva all’inizio di quel processo che ha portato alla rapina di un mercato da parte di pochi – ovvero più o meno negli anni ’80, quando in Italia hanno iniziato a macellare halal e anzi molto prima, ben più di 2000 anni fa, quando gli ebrei, i veri romani de Roma, arrivarono nella capitale dell’impero romano e iniziarono a sgozzare i loro animali – non alla fine del processo, nel momento in cui la rapina si perpetrava.

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La grande stampa scopre l'islamercato, ovviamente nella maniera storta. Repubblica, qualche giorno fa, pubblica questo acritico articolo sulla presentazione, alla Farnesina, del marchio 'Halal Italia'. Il titolo fa: Al via il marchio 'Halal Italia' Prodotti italiani 'fedeli' all'Islam, e già qui siamo in errore. Il marchio Halal Italia esiste già da...