C’è un solo dettaglio che non sembra esser chiaro leggendo i titoli riguardanti i disordini in Kashmir: le “cose attaccate” sono cristiane, le “persone uccise” sono manifestanti.

Con questo non voglio dire che non ci sia un problema di “tolleranza religiosa” laggiù: la presenza cristiana in luoghi come il Kashmir o il Pakistan è minacciata, per un motivo o per un altro, lo sanno tutti.

Voglio dire che se io vengo ammazzato da un poliziotto mentre tento di lanciargli addosso qualcosa, la notizia è che un poliziotto mi ha ammazzato, non che io ho tirato una cosa a un poliziotto.

Certo, posso capire che quelli di Asianews, direttamente coinvolti nella vicenda, titolino: “Proposta ‘brucia il Corano’: incendiate una chiesa e una scuola cristiana nel Punjab”

Ma se sono il Corriere certamente non intitolerò in prima pagina: “Assalto per il Corano, strage in Kashmir”, sottotitolo: “Una scuola cristiana bruciata dalla folla” .

Intitolerò: “Kashmir: strage di manifestanti anti-reverendo”, sottotitolo: “La protesta si concentra sulle missioni: una scuola cristiana bruciata dalla folla”.

Altrimenti poi la gente capisce male, come succede a questo blogger, che scrive:

In India oggi sono state uccise 15 persone (molto probabilmente cristiani)

Dove voglia arrivare il Corrierone nazionale lo capiamo puntando lo sguardo un po’ più in basso, dove Angelo Panebianco si cimenta in un impegnativo: “Gli occhi chiusi dell’Occidente” (qui).

Il pezzo, infatti, al di là degli allarmi (assolutamente condivisibili) sul continuo rischio di esplosione del radicalismo islamico, non analizza un bel niente: è un puro esercizio di retorica (esattamente come quello di Battista a inizio agosto, vedi qui).

Partiamo con un piagnisteo:

Nei nove anni trascorsi dall’11 settembre la sfida del radicalismo islamista non è stata sconfitta. È stata fatta solo una disperata, e costosissima, opera di contenimento. Ma la minaccia è sempre lì. Come lo è la volontà di ampia parte del mondo occidentale di non prendere atto della natura del problema.

Angelo ci dice che si è provato a contrastare il “radicalismo islamista” ma non ci spiega con quale strategia ci si è provato. Ovvero: non fa una critica alle politiche di contrasto all'”estremismo islamista” – più avanti spiegherà che bisogna continuare a tirargli bombe addosso – bensì critica quelli che secondo lui minimizzano il problema e quelli che non hanno il coraggio di simpatizzare con chi “ha manifestato idee contrarie all’islam” e che sono minacciati di morte dai fondamentalisti:

Prendiamo il caso dei tanti occidentali che vivono sotto scorta perché, avendo manifestato idee contrarie all’Islam, sono minacciati di morte dai fondamentalisti. Non si sono mai visti in giro molti slanci di simpatia per queste persone né molto sdegno morale per la loro condizione. Si teme forse l’accusa di islamofobia?

Qui siamo nel fulcro della retorica panebianchiana.

Si parla di moti anticristiani scatenati da gente “malata” che noi non sappiamo più come contenere e, assieme a questo, si cita l'”islamofobia” – un chiarissimo ed evidentissimo fenomeno osservabile in un numero sempre maggiore di contesti socio-politici in America e in Europa – ma al positivo, ovvero si accredita la possibilità che tanti e tanti individui, sebbene siano stufi di questi cattivoni, restino zitti-zitti per paura di apparire islamofobi.

La qual cosa è semplicemente ridicola: il mondo è pieno di islamofobi patentati che urlano quotidianamente contro i musulmani come e quanto vogliono e, talvolta, formano partiti o movimenti d’opinione (questo blog li recensisce ogni giorno, il reverendo Jones è solo uno dei più fortunati dal punto di vista mediatico).

E poi: non è venuto in mente a Panebianco che forse questi slanci di simpatia non si manifestano perché queste persone effettivamente non risultano simpatiche nonostante vi sia una martellante e sinceramente stucchevole continua riproposizione dei loro strani, razzisti e destrorsi punti di vista?

Quanto allo sdegno morale per la loro situazione non so proprio come prenderla.

Non ci si può svegliare ogni mattina con l’obbligo di recitare il mantra dello sdegno morale.

Nel mio caso, poi, la cosa diventerebbe sinceramente penosa: parlando solo di islam contemporaneo dovrei star lì ogni giorno a far litanie, e già ho difficoltà a stare dentro i 30 secondi.

Comunque: l’esempio tirato fuori dall’Alato Opinionista del Corsera per dimostrare il suo teorema è davvero infelice: Panebianco infatti cita Thilo Sarrazin, il banchiere che è stato fatto fuori dall’establishment tedesco non tanto per le sue idee islamofobe, pur esistenti e strutturate in un fortunatissimo libro (La Germania si estingue), quanto per il suo antisemitismo (la vicenda è narrata qui nel Post, un’analisi è qui su Italia2013).

Eppure, da bravo Piagnone Identitario, Panebianco si chiede:

È stato oggetto di linciaggio morale e di provvedimenti punitivi. Perché? Non ha diritto alle sue opinioni? E perché quelle opinioni vengono esorcizzate anziché discusse?

Sarrazin, stando in questa nostra democratica e pluralista Europa è stato costretto a dimettersi dal suo incarico per motivi di decenza – ricordo vagamente che in Germania c’è stata la Shoà – ma nessuno ha ritirato dal commercio il suo libro islamofobo. Insomma nessuno ha, come dice Panebianco, “esorcizzato” un bel niente (preferirei “ostracizzato”, non so voi).

Quanto poi ai manifestanti del Kashmir le loro idee sono certamente perverse ed esecrabili, oltre che espresse in maniera violentissima. Ma non credo meritassero di morire (nessuno lo merita) e anche questo non dovrebbe essere “esorcizzato” bensì dovrebbe essere argomento di discussione.

Cosa che Panebianco nemmeno considera, visto che auspica ulteriori seppur faticose smitragliate contro di loro.

In verità il Nostro non discute affatto di ciò che è successo in Kashmir perché il suo obiettivo è un altro: parlare di Eurabia, dell'”invasione musulmana dell’Europa”, ovvero di quella favola che da ormai troppo tempo circola e che tanti danni ha già fatto:

Qualche risposta, nel caso dell’Europa, ce la dà il combinato disposto di flussi migratori e di tendenze demografiche. Le comunità islamiche sono in grande crescita. Già oggi l’Islam è qui la seconda religione. Inoltre, il differenziale demografico fra musulmani e non musulmani fa sì che entro pochi decenni, se il trend non si invertirà, la maggioranza dei giovani europei, dai vent’anni in giù, sarà di religione musulmana. Uno dei più prestigiosi missionari italiani, padre Piero Gheddo (come riporta Il Foglio, 10 settembre), parla, come già lo storico Bernard Lewis, di un’Europa alle soglie di un grande cambiamento, sul punto di essere fortemente condizionata, nelle sue leggi e nei suoi costumi, dalle pressioni di comunità islamiche in espansione.

Su Bernard Lewis rimando qui, su Piero Gheddo e il Giornale qui. Riguardo alla favola dell’invasione “demografica” si veda qui.

Consiglio inoltre a Panebianco di aggiornarsi un po’ sugli argomenti che affronta, magari leggendo qualcosa sull’islam (in Europa e altrove) che non sia pubblicato su un giornale notoriamente islamofobo da un giornalista notoriamente islamofobo come Giulio Meotti.

Altrimenti l’accusa di islamofobia se la prende tutta.

E poi noi ci rifiutiamo di parlare con lui, esorcizzandolo.

In conclusione il nostro carissimo editorialista se la prende contro quelli che chiama “minimalisti”:

Bisognerebbe però sbarazzarsi della tesi minimalista che molti hanno adottato in Occidente (e che contribuisce a spiegare, ad esempio, il tiepido appoggio europeo all’impegno Nato in Afghanistan): la tesi secondo la quale una minaccia globale non esiste, essendo i vari conflitti in cui opera il radicalismo islamico figli solo di circostanze e situazioni locali. Per cui serie sconfitte occidentali in Afghanistan, in Medio Oriente o nel Corno d’Africa non avrebbero implicazioni altro che per l’Afghanistan, il Medio Oriente o il Corno d’Africa.

Siamo alle solite, sembra quasi di leggere Sartori: si indicano dei responsabili, i “minimalisti”, che spingerebbero verso una sottovalutazione del problema.

Il fatto è che questi minimalisti, come a suo tempo i multiculturalisti di Sartori, non esistono o quasi.

Dovremmo intenderci, inoltre, su alcuni punti:

  1. chi è che pensa che una minaccia terroristica globale non esista?
  2. chi è che pensa che al-Qaida non sia un brand e che l’organizzazione non si è regionalizzata?

La risposta è “nessuno”.

E’ vero, un Fareed Zakarya sul Newsweek si chiede proprio qualche giorno fa quanto al-Qaida sia ancora una minaccia, (vedi una riduzione in italiano qui sul Post), ma Obama non fa che dire ogni giorno che il problema “non è l’islam ma al-Qaida”, cioè (approssimando) il terrorismo islamico.

E, in ogni caso, pensare sul piano della “minaccia globale” non significa che non sia assolutamente necessario fare delle analisi su ciò che succede oggi (non a caso) in Kashmir, in Afghanistan etc. etc.

Anche nell’ottica panebianchista è necessario chiedersi perché la carneficina è avvenuta in Kashmir e non altrove, no?

Perché se c’è un (ridottissimo) rischio di non considerare il fenomeno nella sua dimensione globale c’è un (enorme) rischio di non considerare il fenomeno nella sua dimensione locale, col risultato, sempre panebianchista, di individuare un’unica soluzione: l’uso delle armi da fuoco contro quasi tutti.

Se considerare questi fenomeni nella dimensione della loro interconnessione col resto del mondo, islamico o meno, significa solo semplificare situazioni, agglutinare concetti e mettere tutto nello stesso calderone con l’etichetta “terrorismo islamico” o peggio “islam”, allora non ci siamo:  lo scontro di civiltà è robaccia, è un riduzionismo inaccettabile, e basta.

Una panzana che già ha fatto abbastanza danni.

Il problema, però, è che Panebianco sta ancora lì, come tanti altri, sul bastione. E dice cose come: “non c’è differenza fra quanto accade oggi e quanto è accaduto in altre vicende del passato, dalle lotte fra cattolici e protestanti nell’Europa del XVI secolo allo scontro globale fra comunisti e anticomunisti nel XX secolo”, una frase che bollerò qui come “senza senso” solo per non infierire: come sarebbe a dire che non c’è differenza?

Secondo Panebianco le lotte fra cattolici e protestanti, fra comunisti e anticomunisti sono uguali fra loro! E queste lotte sono uguali alla lotta al terrorismo islamico!

E questo solo in virtù del fatto che si tratta di conflitti “transnazionali”:

Quei conflitti traevano sempre nutrimento da circostanze locali fra loro diversissime, ma erano poi unificati da ideologie comuni e da solidarietà transnazionali che si concretizzavano in appoggi, finanziamenti, flussi di combattenti da un luogo all’altro. E dalla presenza di vaste reti di simpatizzanti. Non c’è incompatibilità, oggi come in passato, fra le ragioni locali dei vari conflitti e gli scopi sovrannazionali delle ideologie che li connettono.

Come dire: John McEnroe e Rafael Nadal sono uguali perché ambedue usano la racchetta.

La chiusa di Panebianco, in un pezzo che passa senza batter ciglio dai disordini in Kashmir all’Eurabia per giungere allo scontro di civiltà, non può che finire con la Turchia, il paese che fu luogo di addestramento di Bernard Lewis e del suo maestro, Arnold J. Toynbee (… e qui ci vedo un altro zampino sartoriano).

Ironia della sorte.

Il fatto è che con i moti anticristiani in Kashmir la Turchia degli affari demo-islamica che approva il referendum costituzionale e forse vuole entrare in Europa davvero non c’entra niente (mi riservo un post sulla questione).

Se non per il fatto che Panebianco ha messo i suoi tag sul mondo e la Turchia ha un tag in comune col Kashmir: “islam”.

Un consiglio ad Angelo e ai suoi amici: aprite gli occhi.

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p.s. Il Corriere di oggi 14 settembre contiene anche un affascinante suggestione letteraria a firma Magdi Cristiano Allam: una lettera a Oriana Fallaci. Oh, che incanto: leggetela orsù! (15 sett.) Salam(e)lik su Allam: attenzione al crescendo rossiniano :-))

p.p.s. un grazie ad Andrea per la segnalazione. Il suo post: http://ilpensieroselvaggio.blogspot.com/2010/09/la-deriva-islamofobica-del-corriere.html

(15 sett.) p.p.p.s. Angelo, sul Kashmir leggi questo pezzo su Kelebekler: Dal Kashmir al Giornale, l’universalismo cialtrone. Capirai cosa intendo quando scrivo che è assolutamente necessario fare delle analisi su ciò che succede oggi in Kashmir. Cosa scrive oggi il tuo giornale sull’argomento?

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C'è un solo dettaglio che non sembra esser chiaro leggendo i titoli riguardanti i disordini in Kashmir: le 'cose attaccate' sono cristiane, le 'persone uccise' sono manifestanti. Con questo non voglio dire che non ci sia un problema di 'tolleranza religiosa' laggiù: la presenza cristiana in luoghi come il Kashmir...