Si può fare (anche a Sonnino), ma il Corriere non ci sta
Eravamo rimasti con un Andrea Sechi, l’irresponsabile bevitore di brunello con parrucca, che predicava guerra e lanciava la donna marocchina in burqa, in pasto ai suoi lettori (qui, notizia n. 3).
Come lui diverse centinaia di minus habens avevano agitato il caso della “maestra nera”, quella specie di mostro che si aggirava per la scuola di Sonnino spaventando i nostri bambini.
Il fatto avveniva all’indomani del divieto di velo integrale in Francia: quale occasione migliore per tutti quelli, e sono davvero ormai troppi, che su queste faccende costruiscono consenso e bacini elettorali?
Riportavo, mestamente, che la società civile di Sonnino si era già attivata e che il sindaco, ex-insegnante della scuola, dichiarava “siamo un paese solidale”.
E che forse bisognava chiedersi perché una donna marocchina porta il burqa, visto che in Marocco nessuno porta e ha mai portato quell’indumento in uso principalmente in Afghanistan.
Oggi la questione è risolta, almeno su un piano.
La donna si toglierà il velo a scuola e si farà vedere dai bambini (qui).
Non farà nulla che non sia previsto dall’islam.
Il velo, di qualsiasi genere, viene messo per “coprirsi” di fronte a maschi adulti che non appartengano alla famiglia della donna (nel Corano, Sura delle Donne, v. 23).
I bambini possono vedere tutte le donne, per l’islam.
Tanto che gli impuberi, tradizionalmente, andavano al hammam (for dummies: il bagno turco) femminile.
La “soluzione” del caso è avvenuta dopo la riunione annunciata dal sindaco qualche giorno fa, cui hanno partecipato tutte le parti (tranne la donna, va detto).
In questo contesto è stato intervistato il marito della donna, l’imam di Priverno.
Dice:
Non stiamo facendo niente contro la legge, siamo rispettosi delle leggi italiane, ma se questo è un problema mia moglie potrà togliersi il velo che copre il viso quando entrerà a scuola. Perché mia moglie non porta il burqa come è stato detto erroneamente ma il niqab.
Lo dicevo io che ‘sta cosa del burqa marocchino era strana!
Ora: i vari conflittori di civiltà non riportano la notizia in questa forma.
Un vergognoso, rabbioso titolo del Corriere della Sera fa così: “Guerra del burqa: la madre magrebina toglierà la maschera entrando a scuola” (qui).
La guerra? Non c’è stata nessuna guerra.
La “madre maghrebina”? Perché dire “maghrebina” se sappiamo che è marocchina? Vi piacerebbe, a voi, essere definiti “sudeuropei” o “mediterranei”?
Il burqa? Era un niqab! La specificazione sul tipo di indumento indossato dalla donna sul Corriere non compare, sebbene l’imam nella conferenza stampa l’abbia messo in evidenza.
Sono mesi che l’opinione pubblica viene sobbillata con questa cosa del velo integrale.
C’è tutta la documentazione possibile, non si può più sbagliare.
A meno ché non si voglia farlo, in maniera velatamente razzista.
E questo fa il Corriere: invece di usare il dovuto rispetto, perché il rispetto si deve a chiunque, specialmente se si scrive sul giornale, usano un derisorio “maschera”, dicono “maghrebina”, sbagliano indumento.
Davvero inqualificabili.
A loro, è evidente, non va proprio giù che in Italia vi sia una società civile che talvolta lavora a soluzioni condivise.
E come facciamo noi, che stiamo co’ ‘na scarpa e ‘na ciavatta, a costruire una società civile intelligente e responsabile se i giornali più importanti del nostro paese continuano a generare astio e conflitto?
Come facciamo a introdurre il concetto che vorremmo, ora, che alla donna sia chiesto se il suo velarsi integralmente è un fatto di scelte personali o un’imposizione del marito?
Che alla donna, come a tutte le donne, deve essere assicurata una rete di protezione in caso di scelte che possano mettere in pericolo la sua sicurezza?
https://in30secondi.altervista.org/2010/09/21/si-puo-fare-anche-a-sonnino-ma-il-corriere-non-ci-sta/Doppio veloburqa,hijab,imam di priverno,islam,italia,niqab,sonnino,velo
Perché altrimenti non esisterebbero più i giornalisti.
ma se il meglio che si riesce a fare è il video di zanardo “il corpo delle donne”, ora anche un libro (di quelli che non credo leggerò), e viene osannato e premiato mentre in spagna l’hanno preso in giro per un’intera puntata di una trasmissione satirica, che ti aspetti sul fronte diritti delle donne?
Speravo di poter guardare a queste piccolezze del nostro paese con il sollievo dovuto alla coscienza di essere altrove. Dopodiché, quattro omofobi del cazzo, per una partigianeria squisitamente partitica che peraltro hanno avuto la faccia tosta di rinfacciare alla controparte, hanno votato contro l’abolizione del Don’t ask, don’t tell. Sarà da ridere: sai quanti fra i più quotati interpreti professionisti esperti in lingue mediorientali sono gay e quindi sono stati già fatti fuori dall’esercito in un momento in cui interpreti bravi per quelle lingue servono come il pane?
C’è una destra mondiale che continua, giorno dopo giorno, a vincere battaglie culturali. E un mondo dell’informazione che ama sguazzare nella melma.
mmmm… non si potrebbe escogitare qualcosa?
tipo??
Ma il punto focale della questione, a mio parere è che la donna era esclusa dalla riunione in cui si è deciso il da farsi. Se non ho capito male, nessuno l’ha sentita personalmente e la questione è stata trattata solo dal marito. Procedura, diciamo così, strana e alla quale dedichi solo uno striminzito inciso.
Be’, più che uno striminzito inciso è la chiusura di un post – polemica – in cui si fa presente il vero problema, di cui parli. C’erano, d’altronde, una serie di temi da affrontare, soprattutto quello del tipo di attenzione che i media dedicano a queste vicende.
Terrò comunque conto della tua critica. Raramente se ne vedono di così costruttive.
@frine: giusta osservazione.
@lorenzo. dunque se l’obbiettivo è arrivare a un pubblico più vasto e fare un po’ di controinformazione si potrebbe innanzitutto creare sulla barra a dx un nome con i blogger e ogni blogger riportare sul proprio blog lo stesso box (voglio dire non nell’elenco generico dei link ma in un gruppo a parte)
poi si potrebbe andare da una radio (non so roma ) e chiedere uno spazio magari all’inizio ti mettono la sera tardi ma poi se fai ascolti ti spostano e a turno ognuno per le proprie competenze partecipare
queste mi sembrano le due cose più economiche, per altro ci vogliono fondi
poi potresti fare un tour negli atenei (invitato)…
Berne, mettiamo in cascina le idee.
Con Melone si parlava anche di un socialnetwork capce di mettere in rete tutti i contributi (tipo NING). Il problema è che NIN costa del denaro.