Lorenzo mi segnala un’intervista a Mark Curtis uscita su Al-Masry al-Youm (qui ce n’è un’altra).

Curtis è l’autore di Secret Affairs: Britain’s Collusion with Radical Islam. Non l’ho letto ma sembra interessante. A quanto si legge nelle interviste, il libro ricostruisce i rapporti informali tra l’Inghilterra e la galassia dell’islamismo radicale in Medio Oriente, Nord Africa e Asia Centrale, con l’intento di mostrare come questo fenomeno sia in realtà frutto di processi storici in cui i paesi occidentali compaiono in veste di co-protagonisti. Su Al-Masry al-Youm, Curtis si concentra sui Fratelli Musulmani di Hasan al-Banna (1928-1949) e sui rapporti di questi con l’intelligence britannica.

La dimensione internazionale degli Ikhwan [for dummies: i Fratelli Musulmani] è un capitolo tuttora poco studiato, e spesso in maniera discutibile. L’autore sostanzia una chiave di lettura leggermente diversa da quelle care a certo giornalismo. Attualmente, infatti, uno dei filoni più sviluppati riguarda i contatti tra i Fratelli Musulmani e il nazismo, contatti attribuiti a due personaggi in particolare: Hajj Amin al-Husayni, Gran Mufti di Gerusalemme, e Hasan al-Banna.

Apro una parentesi sul primo. Hajj Amin al-Husayni ricopre un ruolo centrale nella costruzione del nemico islamico, in questo caso gli Ikhwan. E non c’è da stupirsi, perché era membro dei Fratelli Musulmani e i suoi rapporti col nazismo sono un fatto storico.

Nel 2009 le ambasciate israeliane ricevono la foto di un incontro tra il Gran Mufti e Hitler con l’ordine di usarla nelle pubbliche relazioni. Uno spin-off gentilmente offerto dal Ministro degli Esteri israeliano “in persona” (lo dice la BBC), Avigdor Lieberman. Da tempo Hajj Amin al-Husayni viene usato come un’icona del profondo anti-semitismo che anima il progetto islamista.

Ma questa narrazione ignora convenientemente altri dettagli. Ad esempio che, almeno in un primo momento, al-Huseyni fu uomo vicino all’amministrazione coloniale britannica. Talmente vicino che -sebbene coinvolto in manifestazioni e violenze contro il potere coloniale- furono proprio gli inglesi a nominarlo Gran Mufti di Gerusalemme. E basta Wikipedia per scoprire che la comunità musulmana locale si oppose duramente a questa scelta, “poiché al-Husaynī non aveva ricevuto una formazione religiosa adeguata”. Fu solo in un secondo momento, quando venne scaricato dagli inglesi, che il Gran Mufti entrò nell’orbita della Germania nazista sposandone la retorica. Solo che a questo punto il Gran Mufti rappresentava a mala pena sé stesso, come fa notare Gilbert Achcar:

Le autorità sioniste cominciarono ad accusare il Gran Mufti di Gerusalemme […] a partire dal 1945. […] Husseini era già ampiamente delegittimato nel mondo arabo, se non in Palestina, e i suoi inviti ad entrare nell’Asse facevano poca impressione. […] Eppure i sionisti continuarono a definire il Mufti un rappresentante ufficiale di palestinesi e arabi e nel 1945 chiesero (senza successo) che fosse consegnato al tribunale militare internazionale di Nuremberg, come se avesse avuto un ruolo chiave nella macchina genocida nazista. Articoli, pamphlet e libri furono prodotti per presentare Husseini come un candidato alla prosecution. Il Mufti servì uno scopo simbolico, consentì ai sionisti di addossare le responsabilità del genocidio anche ai palestinesi, per giustificare la creazione di uno “stato ebraico” su territorio palestinese.

Hajj Amin al-Husayni è dunque un personaggio discutibile a cui tuttavia due potenze mondiali dell’epoca hanno dato credito e fiducia. Resta da capire perché (o forse no?). Di sicuro c’è che la sua figura non rappresenta alcun diffuso sentire nella regione, dato che nemmeno la comunità da cui proveniva lo vedeva di buon occhio.

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[questo post è apparso su Melone] MelonePer la precisioneal-masry al-youm,avigdor lieberman,europa,fratelli musulmani,gran bretagna,hajj amin al-husayni,hasan al-banna,islam,mark curtis,nazismo
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