Terroristi: se non vi liberiamo come facciamo a darvi la caccia?
Il Patto di riconciliazione nazionale in Algeria è stato messo al vaglio al suo quinto anno di vita.
A partire dal 2005 sono usciti dal carcere 7.500 terroristi a cui, in cambio dell’abbandono della lotta armata, è stato offerto un programma di riabilitazione e ri-inserimento.
Il capo dell’unità di controllo dell’applicazione giudiziaria della Carta per la riconciliazione nazionale, Merouane Azzi, ha evocato un’amnistia, nella quale rientrerebbero almeno 81 “emiri” e anche Hassan Hattab, l’ex capo del Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento (الجماعة السلفية للدعوة والقتال), poi divenuto nel gennaio 2007 al-Qaida nel Maghreb Islamico (تنظيم القاعدة في بلاد المغرب الإسلامي, AQMI), che si arrese nell’ottobre del 2007 rinunciando alla lotta armata.
I fatti sono freschi (il 2007 è solo 3 anni fa) e i numeri sono macroscopici.
E se è vero ciò che dice Jeremy Keenan, e cioè che esiste una strategia di “allarme terrorismo” dei servizi segreti algerini per far passare l’idea di un riarmo dell’esercito algerino, la liberazione di tutti questi terroristi è preoccupante.
Considerato anche che con questa storia dell’AQMI, l’Africa del Sahel si sta riempiendo di soldati americani e francesi.
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