Il 20 Ottobre, un gruppo di famiglie dei prigionieri politici in Iran, ha scritto una lettera indirizzata agli ‘ulama’ [for dummies: i giuristi islamici] e ai maraaje’ (lett.: “fonti” –  di emulazione – ovvero i Grandi giuristi islamici).

Nella lettera si legge (traduco da qui, il sito è Kalame, autorevole voce riformista) :

Ricordate che noi, con questa lettera, abbiamo bussato alla porta delle vostre case e, con la modestia e l’autostima propria dei musulmani, abbiamo condiviso con Voi parte della nostra sofferenza e pena giornaliera. Chiedete per nostro conto al Leader del paese dei musulmani se mai un dominatore  o un esecutore ha con tanta facilità perso il proprio sostegno pubblico e parte della propria essenza nazionale e popolare, e con tranquillità ha immaginato il popolo come parte dell’esercito nemico.

Chiedete se è possibile che la gran parte degli artisti, dei pensatori, degli intellettuali, dei politici, dei professori, degli studenti e della gente comune e del bazar di tutto il paese, sia costituita da cospiratori e da agenti del nemico

Queste e molte altre domande vengono poste nella generale cornice di una importante visita dell’Ayatollah Ali Khamenei (cioè il Leader Supremo, la più alta carica politica e religiosa dell’Iran) a Qom (centro del clero sciita) nell’anniversario della morte dell’Ottavo Imam ‘Alì al-Ridha (Alì Reza secondo la versione persiana).

Si chiedono come mai in Francia gli scioperi di questi giorni sono scanditi da proteste anche radicali senza conseguenze, mentre in Iran ogni opposizione concreta viene tacciata di fitna (ovvero “guerra interna” civile, intestina. Con valore molto negativo nell’Islam).

Le domande sono molte ben poste e indicano una coscienza politica molto sviluppata e una capacità di individuare le questioni salienti.

Le famiglie lo fanno rivolgendosi ai “ nostri cari leader religiosi”, quelli di Qom insomma.

Non si contesta dittatura o islam, ma la macchina giudiziaria iraniana che imputa ai manifestanti un’azione eversiva, manipolata dall’estero.

Mi chiedo se queste accuse di eversione western-based non siano un’ossessione che deriva dalla consapevolezza delle strategie regionali dei pasdaran: ovvero che a forza di gestire cellule pro-iraniane dappertutto, non si abbia paura che anche gli altri facciano così.

Però mi ricordo che questa è la miglior accusa mediorientalmente pensata di delegittimare l’avversario. Anche a costo, come si legge nella lettera, di perdere il sostegno popolare. Perderlo su vasta scala, come sta succedendo in Iran.

I leader religiosi di Qom ultimamente hanno dimostrato di essere tropo passivi, e le loro denunce pur molto forti, non sono mai state accolte estensivamente dalla popolazione. Non rappresentano più un’avanguardia politica per le riforma e la lotta.

E le famiglie dei prigionieri politici, a mio avviso, hanno colto l’occasione di scrivere una lettera ai maraaje’ per esprimere lo sconforto e la disillusione. Per fare un atto di accusa proprio a loro e solo dopo al Leader Supremo.

In Iran alleggia un’aria da morte degli dei. Anche se gli dei sembrano ancora non accorgersene…

L’avanguardia, ora, è il popolo stesso.

p.s. fra l’altro hanno scritto anche a Rafsanjani, per ricordargli che non ha mantenuto le sue promesse di riconoscimento dei diritti dei prigionieri: qui.

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Il 20 Ottobre, un gruppo di famiglie dei prigionieri politici in Iran, ha scritto una lettera indirizzata agli ‘ulama’ e ai maraaje’ (lett.: “fonti” -  di emulazione – ovvero i Grandi giuristi islamici). Nella lettera si legge (traduco da qui, il sito è Kalame, autorevole voce riformista) : Ricordate ...