La tradizione giudaico-cristiana non esiste (o quasi)
Era il 1980 e Almut Shulamit Bruckstein Coruh, una giovane ricercatrice di filosofia ebraica, si trovava a Gerusalemme, presso la Hebrew University.
In quel periodo laggiù insegnava Jacques Derrida che verso la fine dell’anno pronunciò la seguente esclamazione: “Ah, se Maimonide sapesse!”
Chi è Maimonide? E perché Derrida disse la frase che disse?
Moshe ben Maimon (Cordova, 1138 – Il Cairo, 13 dicembre 1204) è uno dei più importanti pensatori dell’ebraismo rabbinico. Era di lingua araba (apparteneva alla comunità ebraica maghrebina).
Jacques, nel contesto succitato, spiegava:
Avrebbe mai potuto riposare in pace Maimonide se solo avesse saputo che un giorno l’intera tradizione ebraica sarebbe stata reclutata all’interno di questo strano conflitto e che, senza che lui lo sapesse, egli sarebbe figurato come firmatario di un patto con la Germania post-luterana? (fonte)
Derrida si riferiva al tentativo di far rientrare l’intera tradizione ebraica all’interno di una storia occidentale-cristiano-giudaica, quel costrutto che – in soldoni – oggi traduciamo in “radici giudaico-cristiane del’Europa”.
Maimonide, invece, era un arabo che partecipava, come tutti gli arabi, alla costruzione della cultura mondiale in un periodo che dal punto di vista intellettuale appare fra i più fecondi della storia degli arabi.
Come si legge anche su Wikipedia la Guida dei perplessi , ovvero la sua opera più conosciuta, ebbe attenzione ed influenza non solo in ambito ebraico, ma anche cristiano e islamico.
Quanto al mondo cristiano, le tre versioni latine medioevali della Guida dei Perplessi sarebbero state realizzate assai presto, rispettivamente a Roma nel 1224, in Francia intorno al 1242 e a Parigi nel 1242-1244. La diffusione del pensiero di Maimonide è legata anche al progetto culturale pro-aristotelico dell’imperatore Federico II, dove pure si ebbe una traduzione in latino (Dux neutrorum). Nel XIII secolo sono variamente debitori a Maimonide grandi Scolastici come Alberto Magno, Tommaso d’Aquino e Duns Scoto; dopo il 1300 l’opera continuerà a influenzare vari rappresentanti della Scolastica, soprattutto Meister Eckhart.
Mentre in Europa si interpretava l’opera alla luce di Aristotele e di Averroè, nei paesi islamici essa veniva interpretata in chiave neoplatonica, sulla scorta di Avicenna e di al-Ghazali, come mediazione tra la filosofia e la tradizione religiosa ebraica.
Tutti insieme appassionatamente, insomma.
E ora torniamo ad Almut Shulamit, oggi professoressa di Filosofia ebraica a Bonn, che su al-Qantara ci racconta questa ed altre storie per spiegarci quanto la “tradizione cristiano-giudaica” sia un costrutto artificioso nato all’indomani della shoah, soprattutto in Germania, e destituito di ogni fondamento storico reale.
C’è infatti un grande rimosso, il mondo arabo-islamico, per il tramite del quale l’ebraismo oggi è quel che è. E c’è un grande pericolo: la rimozione del trattamento che l’Occidente per secoli ha riservato agli ebrei – esclusione e separazione.
Esattamente ciò che sta per succedere nei prossimi anni con i musulmani.
Dimenticare questo piccolo dettaglio ci priva di un essenziale elemento di analisi del mondo contemporaneo, ed espone tutti noi a grossi rischi:
Il fronte è cambiato. Cosa leggiamo nei giornali oggi? “L’islam è una forma di monoteismo militante che non può nascondere di essersi originato in una società di spaventosi arabi nomadi” o anche “Sei milioni di musulmani in Germania pongono problemi in rapporto all’assimilazione e all’integrazione”
In tempi come questi, nei quali i musulmani sono guardati con sospetto, abbiamo bisogno di rinnovare la relazione fra intellettuali ebrei e musulmani in questo paese. E’ di nuovo venuto il tempo di manifestare le nostre convinzioni. Dove i musulmani vengono trattati come estranei anche noi verremo trattati come estranei.
Aggiungo qualcosa di mio.
Di fronte a tutto questo, a rivoltarsi nella tomba, forse, sono anche i padri dell’Europa, quelli veri, del cui Manifesto cito qui un brano:
https://in30secondi.altervista.org/2010/10/25/la-tradizione-giudaico-cristiana-non-esiste-o-quasi/Le destre e l'islamalmut shulamit bruckstein coruh,assimilazione,cristianesimo,ebraismo,ebrei,europa,germania,integrazione,islam,jacques derrida,maimonide,occidente,qantara.dela linea di divisione fra i partiti progressisti e partiti reazionari cade perciò ormai, non lungo la linea formale della maggiore o minore democrazia, del maggiore o minore socialismo da istituire, ma lungo la sostanziale nuovissima linea che separa coloro che concepiscono, come campo centrale della lotta quello antico, cioè la conquista e le forme del potere politico nazionale, e che faranno, sia pure involontariamente il gioco delle forze reazionarie, lasciando che la lava incandescente delle passioni popolari torni a solidificarsi nel vecchio stampo e che risorgano le vecchie assurdità.
Jacob Neussner, lucidissimo storico del giudaismo, ha scritto qualcosa da qualche parte sulla falsità del concetto di “giudeocristianesimo”, che è semplicemente uno slogan “integrativo” statunitense, quando gli ebrei sono usciti dalla condizione di cittadini di seconda classe e si sono affiancati ai Wasp.
ah però..
Confermo, Miguel
Proprio ieri leggevo una review di Joseph Massad su un altro libro simile: Peter Novick, The Holocaust in American Life.
Si tratterebbe, a quanto si legge, di aggiustamenti discorsivi che avrebbero preso piede tra il ’67 e il ’73. La cosa riguarderebbe non solo la costruzione della tradizione giudaico-cristiana, ma anche la centralità dell’Olocausto nell’identità ebraico-americana.