Non è una novità quella dello scontro toponimico fra Persiani e Arabi, riguardo alla denominazione del Golfo – quello che sta fra l’Arabia Saudita e l’Iran per capirci.

Ai giochi Asiatici che si stanno svolgendo in questi giorni, l’Iran ha esposto una protesta ufficiale verso gli organizzatori cinesi, perché nelle attività d’apertura dei giochi, la carovana della seta (raffiguranti tutti i paesi asiatici) passavano per il Golfo Arabo e non per il Golfo Persico.

Riporto qui sotto un’appendice della mia tesi di Laurea su questo problema (sperando di non annoiare e cercando nei limiti di essere neutrale):

Oltre ad essere una mera lotta linguistica arabo-persiana, la vicenda ha una forte valenza politica, indicatore dei rapporti di forze e dello sviluppo politico della regione.

La diffusione della diatriba attraverso i canali mediatici, satellitari ed internet, ha contribuito all’accrescimento, per lo meno apparente, della sua importanza; così sono fiorite numerose manifestazioni pro e contro le rispettive denominazioni, oltre a divieti, ammonizioni, arbitrati linguistici, ect., diffusi  via etere prolissamente e seguiti con ampio interesse dalle popolazioni, spesso non facendo altro che istigare un sfiducia, per non dire un odio, fra persiani ed arabi. [1]

La contesa ha  un inizio storicamente individuabile solamente a partire dalla metà degli anni ‘50, con l’ascesa del nazionalismo arabo, ed in particolare con la figura di Jamal ‘Abdel Nasser. In precedenza, la grande maggioranza degli storici e dei geografi erano soliti indicare il corpo acquoso che divide l’altopiano iranico dalla penisola araba Sinus Persicus, Bahr Fars o Khalij Fars (in arabo, “Mare dei persiani”, o “Golfo dei Persiani”). Questa denominazione era di uso normale anche fra gli storici arabi, che denominavano Bahr al-‘arab, il Mar Rosso.

Tuttavia, dopo la disfatta araba nella Guerra dei Sei Giorni, il presidente egiziano Nasser cercò in qualche modo di alleviare le pressioni a cui doveva far fronte, spostando l’attenzione sulla questione del Golfo. In seguito molti paesi arabi adottarono quale nome ufficiale Golfo Arabo o Golfo degli Arabi (in arabo: Khalij al-‘arabi o Khalij al-‘arab); a questa mossa l’Iran reagì duramente – permettendoci di intuire come la questione sia solo apparentemente linguistica – facendo ricorso all’organismo delle Nazioni Unite incaricato di stabilire la denominazione geografica ufficiale. Il contenzioso non venne risolto se non con la ratifica del 18 Agosto 1994 da parte del Segretariato delle Nazioni Unite che dichiarò, “[a]ttention is once again drawn to editorial directive ST/CS/SER.A/29 and Corr.1 and Add.1 on the use of the term “Persian Gulf”. The purpose of the present addendum is to urge that care be taken to ensure the appropriate use of this term in documents, publications and statements prepared by the Secretariat. The full term “Persian Gulf” should be used in every case instead of the shorter term “Gulf”, including in repetitions of the term after its initial use in a text” – qui.

Ciononostante la guerra psicologica fra l’Iran e i paesi arabi del Golfo, ed in generale con i paesi arabi, non terminò. Essa è divenuta parte del power struggle della regione, acquisendo tout à fait il valore di arma capace di persuadere e animare le rispettive popolazioni della pericolosità, o perlomeno la malafede del proprio avversario regionale.

Le conseguenze della diatriba sono spesso arrivate ad estremi imprevedibili.

L’Iran riconosce solamente la denominazione di “Golfo Persico” e non riconosce altre denominazioni quali “Golfo Arabo” oppure “il Golfo”. Quest’ultima denominazione è considerata non una soluzione imparziale, ma una tentativo di omissione della reale dimensione storica del Golfo Persico. Di conseguenza le compagnie con riferimenti espliciti nel loro nome, o che indirettamente utilizzano cartine geografiche o mappe indicanti “Golfo Arabo” vengono multate o nel peggiore dei casi, vedono ritirata la loro licenza di volo nello spazio aereo iraniano.

Nel 2009 in occasione dello svolgimento dei Islamic Solidarity Games, a Teheran, i paesi arabi hanno inizialmente boicottato la manifestazione sportiva per l’impossibilità di trovare un accordo sul logo, che riportava la nominazione di “Persian Gulf”. [2]

Nel corso dei decenni passati sono occorse anche tentativi di riavvicinamento, promuovendo denominazioni nuove, possibilmente mediane tra le parti. Per esempio nel periodo immediatamente successivo alla Rivoluzione Islamica, ci fu la proposta, di cui peraltro non si conosce bene l’origine, [3] di adottare quale nome ufficiale il “Golfo Islamico”. La proposta ad ogni modo fu prontamente respinta all’occorrere dell’invasione irachena in Iran. Rimane comune, sennonché emblematico, l’uso di questa terminologia da parte degli islamisti radicali arabi, primo fra i quali Usama Bin Laden. [4]

Altri hanno tentato di saltare l’ostacolo proponendo un equidistante “Golfo Arabo-Iranico” o “Golfo Arabo-Persiano”; tuttavia ogni tentativo di mediazione finora è stato inutile. Non solo, pare che con l’intensificarsi delle pressioni internazionali sulla regione, specialmente sulla sponda iraniana, la questione abbia assunto il valore di emblema inattaccabile della nazione. Infatti nel 30 Aprile del 2010, si è tenuta in Iran la “National Persian Gulf Day” a ricordo della cacciata dei portoghesi dal Golfo Persico e a tutela della storicità di questa denominazione. Ovviamente per l’occasione si sono svolte i convegni e i festeggiamenti del caso, specialmente nelle città del litorale sud, con la presenza e la partecipazione di studiosi di storia e di geografia esperti della regione, accompagnate da un prevedibile coro di polemiche, minacce e accuse da entrambe le sponde.

C’è stato anche un fiorire di piazze, strade ed autostrade denominate “forever Persian Gulf highway” ,[5] “Persian Gulf Square”, ect..

Nel corso degli anni la posizione dei paesi arabi è talora mutata, producendo un avvicinamento sulla questione, come nel caso dell’ambasciatore del Kuwait a Teheran Majdi Ahmad Ebrahim al-Zafiri che ha accreditato all’Iran la prerogativa della denominazione di Golfo Persico, affermando, “[h]istory is clear and the name of this sea has been Persian Gulf since the old days. The name of Persian Gulf has been written down on various geographical maps and no body can change it”. [6] Ovviamente questa posizione non è condivisa unanimemente, soprattutto da quei paesi che contendono con l’Iran il ruolo di potenza regionale, come Arabia Saudita ed Egitto. [7]

Come ha scritto un giornalista arabo, “[t]here is a big Gulf, but the biggest gulf that separates us from the Iranians is that they insist and will remain calling it Persian, and that it is our victory that the seven Arab Gulf states and the other fourteen Arab states call it Arab.” [8]

La sponda araba insiste su due punti per sostenere la propria tesi:

1.       L’Iran (o Persia) non è mai stato una potenza marittima, e quindi non è mai stato in grado di dominare il Golfo tanto da poter dichiararlo persiano;

2.       La maggioranza degli abitanti delle zone litorali al Golfo sono arabe, e quindi esso stesso sarebbe naturalmente arabo.[9]

Per tutta risposta l’Iran sia a livello ufficiale che a livello popolare, ha intrapreso una strategia di fortissimo attivismo.

Nel 2004 un blogger iraniano, soprannominato Pendar Yousefi creò una Google bomb[10] contro “Arabian Gulf”, rendendo la ricerca nulla e reindirizzandola a “Persian Gulf”.

L’Iran percepisce il Golfo Persico quale suo bacino naturale di interessi, ed estendendosi lungo tutta la sua costa settentrionale si preserva una posizione di dominio, in forza anche delle dimensioni del paese. “It is Iran’s natural mission to have the dominant position in the Persian Gulf. Besides its long history and the importance of political and military power during the Shah’s era, Iran is a big country with a large population and a major coastal power. Its shores span half the Persian Gulf [c. 1,050 miles], Iran has numerous islands and is an exclusive economic zone”[11] spiega Davoud Bavand, Professore di Diritto Internazionale all’Imam Sadeq University.

In definitiva, il Golfo resta Persico per i persiani e Arabo per gli arabi, mentre il restante mondo cerca di assumere posizioni non compromettenti e che permettano la normale attività politico-economica e diplomatica in una regione che fra i tanti conflitti che già vive, non sembra necessitare di quest’ulteriore conflitto linguistico.

Nel computo generale delle confuse e tribolate relazioni arabo-iraniane, “[i]t is not at all wise for a group of countries to gather and then decide on their own to change the name of what has been historically known as the Persian Gulf to the ‘Arabian Gulf. What purpose does it serve, when your honorable neighbor is offended or a sense of insecurity is created in the region” ,[12] secondo le parole di Ayatollah ‘Alì Akbar Rafsanjani.


[1] A complicare la già intricate questione, v’è una ulteriore denominazione, ovvero quella della Turchia che ancora oggi conserva l’eredità toponimica ottomana, chiamando il Golfo, Golfo di Basra.

[2] Press Tv, 28/04/2009. Consultabile all’indirizzo: http://www.presstv.com/detail.aspx?id=92771. E anche: The Guardian online, 17/01/2010. Consultabile al: http://www.guardian.co.uk/world/2010/jan/17/islamic-solidarity-games-cancelled

[3] Alcuni giornalisti suggeriscono i nomi di Ruhollah Khomeini, Mehdi Bazargan e Sadegh Khalkhali.

[4] Oppure si potrebbe accogliere la provocazione di Ameen Rihani che nel 1930 disse, “Security and peace, England has brought to the Arabs of the Gulf. This, no one doubts. The fruits of security and peace, in navigation and trade, the Arabs now enjoy with little or no discrimination.This, too, is beyond doubt. But what is it costing the Arabs? TheGulf should be renamed: it is neither Persian nor Arabian, it is British.”, in Rihani, Around the Coasts of Arabia, Constable, London, 1930. p. 300.

[5] La Persian Gulf high. percorre simbolicamente l’Iran dal Caspio al Golfo.

[6] Press Tv, 19/02/2010. Consultabile all’indirizzo: http://www.presstv.com/detail.aspx?id=118976

[7] L’Iraq che prima dell’invasione americana del 2003 era fra i più convinti sostenitori del Golfo Arabo, non affronta generalmente la questione, vista la necessità di mantenere buone e strette relazioni con i vicini iraniani.

[8] al-Watan, 24 December 1994.

[9] Nizar ‘Abd al-Latif Hadithi, Al-Hudud Assharqia lil-Watan al-‘Arabi, Dirasa Tarikhiya, Jami’a al-Mu’arrikhin wa al-Athariin fi al-‘Iraq, Baghdad Dar Wasit, 1980. p. 10.

[10] “[T]ecnica usata per sfruttare una caratteristica dell’algoritmo PageRank usato dal motore di ricerca Google in base alla quale viene attribuita importanza ad una pagina in rapporto a quanti link verso essa si trovano all’interno di altri siti web; in sostanza, più persone parlano di una data pagina attraverso l’inserimento di un suo link entro altri siti, più importante diventa la pagina stessa”. Consultabile all’indirizzo: http://it.wikipedia.org/wiki/Googlebombing

[11] Christin Marshall, Iran’s Persian Gulf Policy (from Khomeini to Khatami), RoutdlageCurzon, 2003, New York. p. 4.

[12] Ibidem.

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