L’Italia degli affari non si cura molto della democrazia e dei diritti umani.

E, come sottolineava Darm qualche giorno fa, racconta mezze verità o nasconde lati oscuri quando si tratta di far tintinnare il soldo.

Esempi.

Libia. La vicenda dei nostri rapporti con la Libia, un paese democratico e libero, è ormai sotto gli occhi di tutti. L’Italia berlusconi-style fa affari miliardari laggiù e vede aprirsi la porta dell’Africa, di cui Gheddafi ha le chiavi, passando sopra la vita e le speranze di una moltitudine di diseredati e prendendo in giro l’Europa.

Iran. La vicenda dei nostri interessi in Iran, altro paese di grandissima apertura, l’abbiamo riassunta in breve qui, ma c’è un update: di qualche giorno fa è l’attivazione di un help desk per le imprese italiane in Iran:

In coordinamento con l’Associazione Bancaria Italiana (Abi) e con le Amministrazioni competenti, Confindustria ha avviato diverse azioni riguardo alle nuove disposizioni europee concernenti misure commerciali restrittive nei confronti dell’Iran.

Tali azioni sono volte a ottenere chiarimenti e predisporre soluzioni adeguate alle difficoltà che le imprese italiane incontrano nelle transazioni con il mercato iraniano. Al fine di assicurare un efficace sostegno alle imprese, Confindustria ha attivato insieme a Assafrica & Mediterraneo (l’associazione specializzata per l’Africa e il Medio Oriente) un “help desk” a cui le imprese possono fare riferimento per problematiche o chiarimenti inerenti alle nuove disposizioni europee a riguardo (fonte).

Le azioni, insomma sono tese a fare affari lo stesso, nonostante le sanzioni.

Paesi del Golfo, Arabia Saudita. Di qualche giorno fa è anche la visita di una foltissima delegazione italiana nei paesi del Golfo, noti per le loro avanzatissime democrazie.

Urso apre le danze qualche giorno prima (e anche le porte alla finanza islamica, vedi qui).

Marcegaglia esulta (vedi qui).

Nel contesto del Forum economico italo-saudita, Frattini dice che: “fra l’Italia e l’Arabia Saudita c’è una straordinaria sintonia” (fonte).

Fine esempi.

Si dirà: dov’è il problema? Pecunia non olet

I problemi ci sono, eccome, e sono di 2 ordini:

  1. se in contesto economico/di businness non figura alcun “problema islam”, l’islamofobia in politica interna fa di giorno in giorno passi da gigante. Ciò danneggia i poveracci e non tocca neanche vagamente i riccastri che fra l’altro, probabilmente, compreranno anche l’A.S. Magica Roma;
  2. si suppone che questo fiorire di canali di investimento permetta al nostro Ministero degli esteri, che ne è l’orchestratore principale, di interporre una qualche anche piccola protesta nei confronti di paesi che si fanno un baffo del rispetto della democrazia e dei diritti umani (paesi del Golfo, Libia) o sono ufficialmente dichiarati “canaglia” (Iran). Ciò darebbe forse alla lunga un qualche vago sollievo ai poveracci che vivono in quei paesi, limitando, magari di poco, lo strapotere dei potenti locali.

Siamo o no democratici? Abbiano o no dei valori di libertà? Mica pago le tasse per spesare 4 milionari italiani in gita ad Abu Dhabi… o meglio: sarei al limite felice di pagar loro la trasferta se poi il mio Ministro degli esteri spendesse almeno 1 parola che è 1 per denunciare la violazione dei più elementari diritti dell’uomo nei paesi dove quei 4 vanno a far soldi.

E invece niente.

L’ultima protesta in merito proviene dalla Réseau Euro-méditerranéen des droits de l’Homme (REMDH) e riguarda i rapporti Italia-Tunisia:

“Sulla Tunisia l’Italia deve adottare un atteggiamento coerente”. Sottolineando il degrado dei diritti umani in Tunisia, il Réseau Euro-méditerranéen des droits de l’Homme (REMDH) lancia un appello al governo e alle istituzioni italiane per porre maggiore attenzione nei rapporti con il paese del Maghreb. In Tunisia, sottolinea il REMDH si assiste a un progressivo deterioramento del rispetto delle libertà e dei diritti fondamentali, ma l’Italia, che è il secondo partner commerciale del paese, non sembra essersi preoccupata fino ad oggi del regime di polizia e delle gravi violazioni che si commettono a pochi chilometri di distanza dai suoi confini. In sede Ue, il governo italiano continua anzi a dare un forte sostegno per la concessione al paese maghrebino dello status di partner economico privilegiato. Il REMDH ha guidato la scorsa settimana la visita di una delegazione tunisina a Roma, e al termine di vari incontri istituzionali al Parlamento, al Ministero degli esteri e alla Presidenza della Repubblica sottolinea la necessità di un cambio di rotta nelle relazioni con la Tunisia. Il governo italiano, scrive il Résau “deve inserire la questione del rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale al centro dei rapporti bilaterali che intrattiene con la Tunisia e deve utilizzare la propria influenza per promuovere queste questioni fondamentali a livello di Unione Europea”. Durante la visita in Italia la delegazione tunisina, composta da giornalisti, attivisti dei diritti umani e avvocati, ha messo l’accento sulle pressioni insopportabili applicate dal regime del presidente Ben Alì, contro tutte organizzazioni indipendenti della società civile e contro la stampa libera. Pressioni che vanno dal pedinamento, alla moltiplicazione dei processi contro i dissidenti, fino all’uso sistematico della tortura, come denunciano svariati rapporti di organizzazioni internazionali. Domenica scorsa, celebrando il suo 23° anno consecutivo alla guida della Tunisia, Ben Alì ha respinto ogni critica sullo stato dei diritti umani arrivando a sostenere che “la libertà di espressione è garantita dalla Costituzione”. Una garanzia puramente formale, vista la disinvoltura con cui si continuano a mettere in carcere i giornalisti che provano a smarcarsi dalla censura e dai controlli del regime. Uno dei casi più gravi riguarda il reporter televisivo Fahem Boukkadous, in carcere dallo scorso luglio a causa dei suoi reportage sulle manifestazioni del 2008 nelle zone minerarie di Gafsa. Nonostante le sue già precarie condizioni di salute Fahem ha iniziato lo scorso 8 ottobre uno sciopero della fame per denunciare le sue condizioni di detenzione e il processo farsa a cui è stato sottoposto. Il 16 novembre, dopo 39 giorni di digiuno, Fahem ha interrotto lo sciopero a seguito delle pressioni internazionali e delle rassicurazioni  sul miglioramento delle condizioni di prigionia. (fonte)

Lorenzo DeclichIslamercatoLibyan partyarabia saudita,banche islamiche,islam,islamofobia,italia,mercato,paesi arabi,paesi del golfo,tunisia
L'Italia degli affari non si cura molto della democrazia e dei diritti umani. E, come sottolineava Darm qualche giorno fa, racconta mezze verità o nasconde lati oscuri quando si tratta di far tintinnare il soldo. Esempi. Libia. La vicenda dei nostri rapporti con la Libia, un paese democratico e libero, è ormai...