Ho trovato questo articolo vintage apparso sul Corriere della Sera il 2 aprile 1996.

E’ da leggere integralmente, neretti miei.

Qui Tunisi, la minaccia fondamentalista è lontana

TUNISI . Come appare lontana la minaccia dell’ integralismo islamico nella dolce Tunisia, a noi tanto vicina. Nelle strade sono rare le donne velate, e quelle poche sono anziane, mentre i giovani barbuti nella lunga veste tradizionale, classico segno di riconoscimento, sono scomparsi. I dirigenti del movimento islamista sono in esilio o in prigione, gli attivisti ancora liberi sopravvivono nella clandestinita’ sapendo che il momento non e’ propizio per una azione di forza che li vedrebbe sicuramente perdenti poiche’ sono state disintegrate dall’ azione repressiva le “cellule” islamiste sufficientemente strutturate ed aggregate. Ennahda (Rinascita), il movimento integralista oggi fuorilegge che nelle elezioni politiche del 1989 aveva ottenuto il 15 per cento dei voti, e il suo braccio armato “Avanguardia del Sacrificio” attendono tempi migliori. “Guardano all’ Algeria . dice Kamel, un giovane universitario che non e’ simpatizzante del governo .. Se ad Algeri gli islamisti del Fronte di salvezza islamico riusciranno ad avviare un dialogo con il regime militare dopo le elezioni presidenziali e si arrivera’ ad un accordo politico, ad un compromesso, aspettatevi un ritorno di fiamma di Ennahda [ciò non avvenne n.d.r.]. Tutto dipendera’ dall’ Algeria, almeno a breve termine. Il governo tunisino non potra’ chiudere la porta in faccia agli islamisti se ad Algeri si pratichera’ una politica di apertura agli oppositori del Fis”. Il governo del generale Zin El Abidin Ben Ali, al potere dal 1987 grazie al “golpe costituzionale” contro il vecchio dittatore Burghiba, tiene la situazione sotto ferreo controllo perche’ sa che il fondamentalismo islamico, pur ferito, rimane l’ unica vera forza di opposizione e l’ unica alternativa. Anche lo sguardo del generale e dei suoi collaboratori, tutti uomini risolutamente “modernisti” e anti islamisti, e’ rivolto ad Algeri, inquieto per i possibili compromessi che su queste sponde sarebbero estremamente sgraditi, compromessi che nessuno si sente di escludere nonostante la chiara vittoria del regime alle elezioni presidenziali del 16 novembre. Il governo tunisino pensa che il bagno di sangue in Algeria sia stato provocato dal lassismo dei dirigenti algerini dell’ epoca nei confronti del pericolo islamista. Ben Ali non ha voluto commettere lo stesso errore e quando ha visto che nelle scuole secondarie e nelle universita’ gli integralisti, incoraggiati dai successi elettorali del Fronte di salvezza islamico in Algeria, facevano il bello e il cattivo tempo e’ intervenuto. Accusati di complottare “contro la sicurezza interna dello Stato” e di progettare la creazione di una “repubblica islamica” in Tunisia, 279 dirigenti e militanti del movimento islamista sono comparsi dinanzi a due tribunali militari di Tunisi nel 1992. Quarantasei imputati, fra cui l’ emir Rashid Ghannushi, leader del movimento allora in contumacia e oggi esule a Londra, sono stati condannati all’ ergastolo. Gli altri a pesanti pene detentive. Benche’ i crimini la comportassero, nessuna pena di morte e’ stata comminata dietro pressione del presidente Ben Ali, unico capo di Stato arabo contrario alla pena capitale. Il potere ha usato tutti i mezzi a sua disposizione per distruggere i fondamentalisti contando sulla accondiscendenza di una buona parte dell’ opinione pubblica nazionale e internazionale, preoccupata quest’ ultima che ad un passo dalla Sicilia potesse crearsi una situazione come quella algerina. A Tunisi restano convinti che gli islamisti non hanno mai seriamente pensato di piegarsi alle regole democratiche e l’ equazione e’ : Ennahda eguale terrorismo politico. Ennahda risponde che l’ Islam si puo’ conciliare con la democrazia e il pluralismo. Il suo leader Ghannushi si affanna a spiegare che gli islamisti tunisini, pur ancorati alle tradizioni, non intendono rinunciare a perseguire un modello di societa’ tollerante e differente rispetto alle esperienze in Iran, in Pakistan e in Sudan. Parla di “un regime islamista democratico basato su libere elezioni”, poiche’ e’ convinto che “il liberalismo economico e politico possano coesistere benissimo con l’ Islam”. Non si puo’ sapere se questi discorsi da agnelli mascherano lupi. Ghannushi in un’ intervista ha affermato che il suo movimento e’ favorevole a mantenere, una volta al potere, alcune conquiste civili della Tunisia laica e “modernista” di Burghiba, quali l’ abolizione della poligamia, il bilinguismo arabo francese, la promiscuita’ nelle scuole, il controllo delle nascite. Quasi in contemporanea, il portavoce di Ennahda ha smentito il suo capo dichiarandosi in favore di una totale arabizzazione, contro il bilinguismo, le scuole miste e la politica governativa di controllo delle nascite. Qualunque sia la verita’ , gli islamisti tunisini rappresentano l’ unica sfida globale per un regime che li usa come utile spauracchio per serrare le fila dell’ opinione pubblica. Nel suo doppio obiettivo di sradicare ogni velleita’ di islamizzazione della societa’ e di perseguire, nello stesso tempo, riforme strutturali, il governo di Ben Ali dispone della forza del Raggruppamento costituzionale democratico (RCD), partito figlio del Neodestur burghibiano che domina incontrastato la vita politica del Paese. Il controllo del RCD e’ tale che Ben Ali, solo candidato alla presidenza della repubblica, e’ stato eletto con il 99,27 per cento dei voti nel 1989 e cinque anni piu’ tardi ha fatto ancora meglio ottenendo il 99,91 per cento. Il parlamento eletto nel 1989 era composto interamente da deputati del partito al potere ma nel marzo 1994 ha accolto 19 deputati dell’ opposizione “buona”, vale a dire non islamista. Non e’ che gli oppositori, pur moderati, abbiano vita facile. Mohamed Moada, capo del Movimento dei socialdemocratici, principale partito dell’ opposizione legale, e’ stato arrestato perche’ era in possesso di documenti che rivelavano relazioni “segrete e compromettenti” con “un Paese straniero”. Moada non ha mai fatto mistero delle sue idee panarabe e delle sue simpatie per la Libia. L’ arresto e’ stato visto dagli oppositori come un atto di rappresaglia nei confronti di un documento indirizzato dall’ ufficio politico dei socialdemocratici a Ben Ali il mese scorso. Non contenti di denunciare il carattere “egemonico” del partito al potere, Moada e i suoi compagni avevano condannato la “corruzione” e il carattere “autoritario” del regime in materia di difesa dei diritti dell’ uomo e della liberta’ di espressione. Il documento, diffuso pochi giorni prima della visita di Chirac, doveva essere trasformato in “lettera aperta” e distribuito in tutto il Paese. Prima della sua diffusione, Moada e’ stato arrestato. “Oggi il potere . dice l’ avvocato Mohamed Ben Slama del Movimento dei socialdemocratici . dispone del pieno controllo. Quattro anni di buoni raccolti, di grande afflusso turistico e di vantaggi dall’ embargo contro la Libia hanno creato una congiuntura favorevole. La vita politica e’ calma, a prezzo dell’ imbavagliamento delle liberta’ fondamentali, ma e’ una calma apparente. Oggi a Tunisi regna la calma che regnava a Praga. Il successo del governo sarebbe piu’ sicuro in un clima di liberta’ reale”.

Vignolo Mino

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Ho trovato questo articolo vintage apparso sul Corriere della Sera il 2 aprile 1996. E' da leggere integralmente, neretti miei. Qui Tunisi, la minaccia fondamentalista è lontana TUNISI . Come appare lontana la minaccia dell' integralismo islamico nella dolce Tunisia, a noi tanto vicina. Nelle strade sono rare le donne ...