Giovanni Sartori l’ha rifatto. Ha voluto metter bocca su cose che non conosce. Cose che – diceva la mia prozia – ha sentito mentovare o poco più.

Roberta commenta: occhio, questo è un vecchiazzo osannato se spara merda su B., pressoché ignorato se spara cazzate sul Medio Oriente.

Ha ragione, ma io non ce la faccio a dargliela vinta.

Perché l’articolo apparso sul Corriere di ieri mi fa venire il veleno, e io il veleno lo devo espellere perché tengo famiglia e ho delle responsabilità.

Con Illusioni e delusioni Giovanni colleziona l’ennesima figuraccia e c’è da chiedersi fino a quando lo lasceranno ancora spargere fuffa dalla colonna più importante del più importante giornale italiano.

Si parte con un cappello sul fatto che:

gli Stati Uniti si sentono investiti della missione di diffondere la libertà e la democrazia nel mondo. L’intento è nobilissimo. Ma le buone intenzioni possono generare cattivi risultati.

E già qui siamo fuori rotta perché gli Stati Uniti seguono semplicemente i loro interessi: alla Bush quando c’è Bush e alla Obama quando c’è Obama.

Se non siete convinti andate a vedere la gerarchia dei finanziamenti americani all’Egitto negli ultimi anni. O, anche, ragionate sulla politica statunitense in Arabia Saudita (qui qualche esempiuccio a corto raggio). Ma davvero Giovanni Sartori non sa distinguere fra la retorica della democrazia e la promozione della democrazia?

Si dà il caso che in alcune situazioni (non tutte, anzi decisamente poche) promuovere “democrazia e diritti umani” sia per gli americani la strategia migliore, e questo è il caso dell’Egitto di questi giorni.

In altre situazioni, invece, una retorica della democrazia e dei diritti umani è fondamentale per non presentarsi al mondo come “quelli che vanno a prendere il petrolio” o anche “quelli che fanno i loro interessi più o meno bene” (vedi in Iraq).

Risultato: “democrazia e diritti umani” sono sempre sulla bocca dei politici americani, ma per motivi di volta in volta diversi.

E il missionarismo sartorile davvero non c’entra niente.

Andiamo avanti:

[…] Il grosso sbaglio del missionarismo americano è stato l’Iran. Lo scià Reza Pahlavi era sì un despota, ma un despota illuminato inteso a modernizzare il suo Paese. Quando scoppiò la rivolta istigata dal clero islamico, gli americani consigliarono ai generali dello scià di non resistere, di arrendersi. Khomeini rientrò trionfante da Parigi e li fece tutti fucilare. E da allora l’Iran degli ayatollah minaccia tutti i suoi vicini.

Gli americani non sbagliarono in Iran per motivi di “missionarismo”.

Sbagliarono perché fecero una cosa sbagliata: aiutarono lo Shah, che era il loro businnesman, contro Mossadeq, che era un democratico.

Aiutarono lo Shah per motivi di interesse, non perché pensavano che questi fosse più democratico o garantisse più diritti umani.

Sbagliarono, poi, quando scoppiò la rivoluzione? Può essere, ma non a causa del loro “spirito missionario”, non prendiamoci in giro, please.

Passando all’Iraq, probabilmente Bush credeva davvero che Saddam Hussein fabbricasse armi nucleari;

Sì, vabbene.

ma in ogni caso credeva che la sua guerra avrebbe instaurato una democrazia a Bagdad.

Ahò, ma davvero? Ma allora sei in cattiva fede, Giovanni.

Poverino, l’intelligenza non è mai stata il suo forte.

Mentre invece noi “lettori del Corriere” ci facciamo prendere in giro da Giovanni Sartori che ci viene a dire che la politica estera di Bush era sbagliata perché Bush era un po’ scemo.

E lo stesso discorso si dovrà fare al più presto per l’Afghanistan, dove il problema non è di trasformare un millenario sistema tribale in uno Stato democratico, ma di impedire che diventi, o ridiventi, uno «Stato canaglia » nel quale il terrorismo islamico possa liberamente produrre micidiali armi chimiche e batteriologiche.

Sì, col “metodo Sartori“, che consiste in una fortificazione militare che sorveglia il territorio dall’alto con i droni.

Ma veniamo all’oggi, al fatto che parte dell’Africa araba che si affaccia sul Mediterraneo (Algeria, Tunisia, Egitto) è subitamente esplosa. C’era da aspettarselo? No, nel senso che tutti sono stati colti di sorpresa.

Direi meglio: tutti coloro che si occupano di Nordafrica e Medio Oriente a tempo perso, come ad esempio Giovanni Sartori, sono stati presi di sorpresa.

Ma sì nel senso che sappiamo, o dovremmo sapere, che Internet, telefonini cellulari e simili sono formidabili strumenti di mobilitazione istantanea, e quindi anche di esplosioni insurrezionali (a fin di bene o a fin di male che siano).

Questa è proprio da vecchio trombone. A parte che non capisco bene cosa significhi  “a fin di bene o a fin di male” ritrovo un Sartori tecnologo/tecnocrate (vedi appunto come voleva sconfiggere i Talebani) convinto che il fatto di avere un telefonino o internet sia foriero di per sé di insurrezioni “subitanee” : non ci sono altri motivi validi che spingono i tunisini e  gli egiziani a rivoltarsi, secondo lui, e quindi non c’era modo di prevedere ciò che sta succedendo.

Mubarak era buono. Ben Ali pure. Ma ‘sti aggeggi, mannaggia, creano rivoluzioni!

Cosa che qui da noi però, nonostante siamo comandati da un puttaniere buono e siamo strapieni di telefonini, non succede.

Chissà perché.

Va bene. Lasciamo perdere e passiamo all’analisi sull’Egitto:

Al momento il caso più preoccupante è quello dell’Egitto […]  il rischio è (come ha scritto sul Corriere Benny Morris) di ripetere «un secondo Iran».

Questa affermazione non è basata su alcun argomento. Perché ci sarebbe questo rischio? L’Egitto è sciita? No. La rivolta è portata avanti dagli islamisti? No.Voglio dire: altri, in questi giorni, hanno provato a fare il parallelo, ma almeno portando temi, nozioni. Sartori invece no, dà per scontato l’assioma, rivelando un forte pregiudizio, del quale si delineano i contorni leggendo ciò che segue:

Mubarak è stato un leale alleato dell’Occidente, ha firmato la pace con Israele, non è stato un dittatore sanguinario e ha bloccato i Fratelli musulmani (che si presentano come un islam moderato che però appoggia Hamas in Palestina).

Ma anche: è stato un alleato americano per moltissimi anni nonostante non sia un democratico. La qual cosa nega – se ce ne fosse bisogno – il discorso di apertura sul “missionarismo” americano.

Sul fatto poi che Mubarak non sia stato sanguinario dobbiamo stabilire dei parametri. Se i parametri sono i nostri, quello di Mubarak è sempre stato un regime sanguinario.

Cosa diresti dell’Italia, mio caro Giovanni, se domani qualcuno ti sbattesse in prigione e ti picchiasse a sangue per il fatto di aver scritto sul giornale? E magari i poliziotti ti ammazzassero proprio in mezzo alla strada a bastonate come è successo a Khaled Said, il simbolo della rivolta egiziana, lo scorso giugno?

Perché questo “sguardo dall’alto”? Chi ti dà il permesso? Chi K@))= sei, Sartori, per trattare in maniera così milioni e milioni di persone?

Sartori è davvero irricevibile, specialmente perché il suo discorso è sostanziato di luoghi comuni sbagliati, stupidi e sordi.

Dove stai Giovanni? In quale paradiso ti trovi? Perché parli degli egiziani o dei tunisini come se fossero gente che viene da un altro mondo?

Spero che Obama sappia come è andata in Iran e che non ripeta gli errori di allora. Viviamo in un mondo pericolosissimo, che dobbiamo fronteggiare non da missionari ma scegliendo il male minore.

Noi chi? Noi che abbiamo nemici? Noi che abbiamo privilegi e ci costruiamo nemici? Quale “male minore”?

Caro il mio Giovanni, temo che tu davvero non abbia capito quale sia il “male minore” nel mondo di oggi.

Lorenzo DeclichIn fiamme2011.01.25,afganistan,arabia saudita,barack obama,egitto,george w bush,giovanni sartori,khaled said,rivolta
Giovanni Sartori l'ha rifatto. Ha voluto metter bocca su cose che non conosce. Cose che - diceva la mia prozia - ha sentito mentovare o poco più. Roberta commenta: occhio, questo è un vecchiazzo osannato se spara merda su B., pressoché ignorato se spara cazzate sul Medio Oriente. Ha ragione, ma...