Traduco questo articolo in risposta a questo di S. Romano, tanto per sottolineare la differenza.

Rivoluzioni di K. Selim

Il popolo egiziano è sceso in strada. Il suo messaggio è di una forza straordinaria e di un’implacabile limpidezza. Vuole la fine del regime che ha istituito il disprezzo della popolazone come metodo di governo. Vuole la partenza di una figura che si impone da oltre trent’anni con l’aiuto e il sostegno degli Americani. L’obiettivo è già stato raggiunto, anche se Mubarak e Omar Suleyman tentano di giocare la carta del prolungamento, densa di gravi conseguenze.

Gli Egiziani hanno già vinto. In attesa di organizzare il nuovo corso, hanno già ristabilito la sovranità del popolo come fonte unica di legittimità dei governanti. Pongono così termine a una situazione umiliante in cui gli Occidentali, Americani in testa, erano divenuti la fonte di legittimità dei loro dirigenti. Conducono una rivoluzione di portata storica. Gli avvenimenti produrranno necessariamente altri dirigenti che dovranno tener conto dell’ambiente esterno e degli interessi dell’Egitto. Ma saranno dirigenti che dovranno render conto alla popolazione e che saranno passibili di successo ma anche di scacco.

Si tratta, a continuazione della rivoluzione in Tunisia, in maniera più ampia, di un big bang formidabile della democratizzazione del mondo arabo. La nozione di popolo è stata troppo svilita dai regimi autoritari che imbavagliano i cittadini per parlare in loro nome. I popoli, schiacciati da troppo tempo, esistono e si mettono in movimento. Prendono la parola in momenti eccezionali, storici. E questo da luogo a trasformazioni radicali.

Quel che succede in Egitto è una rivoluzione nel pieno senso del termine. Uomini e donne che riprendono possesso del loro paese e del suo destino e che sono decisi a non permettere più il ritorno dell’autoritarismo. I domani delle rivoluzioni nazionali hanno fallito nei nostri paesi perché si sono tradotti in una confisca della sovranità da parte di regimi autocratici. Quello che si compe in Egitto e in Tunisia è la ripresa della marcia della Storia, fino a oggi paralizzata dagli autoritarismi. E possiamo star certi che i domani saranno diversi, perché si tratta di società che hanno deciso che era giunto il momento di rimettere in moto il paese istituendo regole di funzionamento democratiche.

Tutti i problemi non saranno risolti dalla libertà. Le cose sono evidenti per un paese come l’egitto, dove la metà della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. Ma la democrazia – poiché implica la resa die conti – permetterà di gestire meglio le risorse e di evitare le gestioni forzate che hanno destrutturato le economie. E, ancor più fondamentale, ristabilisce una cittadinanza finora proibita.

Tunisini ed Egiziani che si sentono finalmente “fieri”, non è solo uno stato d’animo. È un’evoluzione essenziale che gli altri popoli osservano e invidiano. Coloro che persistono nella politica dello struzzo, della cecità, del far finta di credere che la loro popolazione non pretenda diritti politici, commettono un rave errore di valutazione. Il movimento toccherà inevitabilmente gli altri paesi, fissi in un’apparente stabilità.

In tutto l’aere arabo le società sono in uno stato psicologico di disponibilità alla rivoluzione. L’unica vera domanda è sapere come accadrà e a quale prezzo.

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Traduco questo articolo in risposta a questo di S. Romano, tanto per sottolineare la differenza. Rivoluzioni di K. Selim Il popolo egiziano è sceso in strada. Il suo messaggio è di una forza straordinaria e di un’implacabile limpidezza. Vuole la fine del regime che ha istituito il disprezzo della popolazone come...