Martedì scorso Perez Trabelsi, capo della comunità ebraica di Gerba (isola tunisina famosa per ospitare, oltre a molti turisti, una comunità ebraica e una comunità di musulmani ibaditi, una confessione né sciita né sunnita presente solo lì, in qualche zona desertica dell’Algeria e della Libia, a Zanzibar ma principalmente in Oman, dove è la confessione maggioritaria), aveva dichiarato che una sinagoga di el-Hamma, un paese a 30 chilometri da Gabes, era stata data alle fiamme insieme a un rotolo della Torah (qui).

La cosa ha fatto un certo rumore, ovviamente.

Subito si è pensato alla pista terroristica e molti hanno ricordato l’autobotte esplosa di fronte alla sinagoga di Gerba nel 2002, che fece 21 morti (di cui 5 tunisini. Per l’attentato furono condannati, all’inizio del 2009, Christian Ganczarski, un tedesco convertito, e Walid Nawar, fratello del kamikaze che morì nell’attentato: Nizar Nawar).

In una situazione instabile come quella tunisina, e con questo clima di paura che (artatamente) monta di giorno in giorno, la notizia ha generato grandissimo allarme.

Invece sembra che l’incendio non ci sia stato (e comunque la sinagoga – poco più che una sala di preghiera – è solitamente chiusa, viene usata molto raramente).

Il giorno dopo Perez Trabelsi ha affermato che lui quelle cose non le aveva dette, o quasi.

Certo, il “problema” dei 1.600 ebrei di Tunisia, ora esiste.

[vedi commento, la notizia è ufficialmente smentita, 6 febbraio] Lorenzo DeclichIn fiammechristian ganczarski,ebrei,el-hamma,gerba,ibaditi,Nizar Nawar,perez trabelsi,rivoluzione tunisina,terrorismo,tunisia,walid nawar
Martedì scorso Perez Trabelsi, capo della comunità ebraica di Gerba (isola tunisina famosa per ospitare, oltre a molti turisti, una comunità ebraica e una comunità di musulmani ibaditi, una confessione né sciita né sunnita presente solo lì, in qualche zona desertica dell'Algeria e della Libia, a Zanzibar ma principalmente...