Era ben noto che da anni il Nordafrica fosse l’area più prolifica del mondo, dove la crescita demografica si misura annualmente in percentuale (e non in “permiliare” come in Europa) e dove fino a agli anni ’90 si aveva una media fra i 6 e i 7 figli per donna.

Sebbene il trend sia in calo, negli ultimi decenni i paesi del Nordafrica hanno assistito alla formazione di almeno un paio di generazioni di giovani, cui l’economia locale non riusciva a offrire uno sbocco soddifacente in termini occupazionali e di benessere.

Per molto tempo per questa pressione demografica ha funzionato la valvola di sfogo dell’emigrazione, in particolare verso l’Europa.

Poi da un lato la crisi finanziaria (e riduzione degli investimenti stranieri), dall’altro, per usare un eufemismo, la cattiva gestione dei flussi migratori da parte di molti stati europei — condizionati anche da settori politici ispirati dal pensiero xenofobo che ben conosciamo (e vedi un po’ a chi dovrà dare la colpa Bibì per il fatto di trovarsi accerchiato da fanatici musulmani!) — hanno ridotto, se non chiuso del tutto, il funzionamento di questa valvola, aggiungendo negli ultimi anni combustibile a quella bomba.

A questo punto la miccia era pronta e bastava solo una scintilla (ad esempio l’aumento dei prezzi delle materie prime) perché la deflagrazione avesse luogo.

Questa interpretazione puramente socio-demografica delle recenti rivoluzioni e rivolte dell’altra sponda del Mediterraneo può sembrare semplicistica, ma focalizza uno dei fattori di fondo che sta dietro a tante altre con-cause.

E soprattutto rivela un punto importante.

Perché non l’avevamo previsto.

Nonostante l’osservazione costante, la segnalazione di sintomi e segnali, la registrazione di scontri e discussioni.

Nonostante questo, in realtà la cosa ci ha davvero (anche piacevolmente) colto di sorpresa. Se non altro per i modi in cui si è svolta, anzi si sta svolgendo.

Forse perché troppo distratti, anche noi, dal discorso religioso che spadroneggia nel dibattito occidentale-orientalista, e che invece sulle vicende recenti influisce davvero poco — se non per i riflessi economici che il fenomeno “islamercato” ha o potrebbe avere sui futuri assetti politici degli stati interessati.

Forse perché troppo impegnati a smontare l’odioso concetto di “scontro delle civiltà”.

O forse perché troppo concentrati a dibattere sui diritti più o meno negati dalla religione, perdendo di vista quelli, ben più “basilari”, negati dalle tirannidi più o meno morbide.

Fatto sta che il dato socio-demografico, prima ancora di quello economico, è passato sotto la nostra indifferenza, per lo meno la mia.

Starò più attento.

D

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Questo post è stato ispirato da alcune osservazioni lette in un articolo sulla questione Tunisia apparso su “Lotta Comunista” di gennaio.

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Era ben noto che da anni il Nordafrica fosse l'area più prolifica del mondo, dove la crescita demografica si misura annualmente in percentuale (e non in 'permiliare' come in Europa) e dove fino a agli anni '90 si aveva una media fra i 6 e i 7 figli per...