Sull’onda del successo (speriamo/e per adesso…) dei manifestanti egiziani e tunisini, l’opposizione iraniana ha indetto una manifestazione di solidarietà ai manifestanti in questi due paesi.

La mossa è non molto implicitamente una strategia per manifestare in favore della democrazia e delle riforme.

I toni, poi, acquistano le sfumature del paradossale, perché le autorità iraniane sin dall’inizio hanno dichiarato il loro pieno sostegno (e gaudio: qui) per la caduta del dittatore Mubarak.

Però hanno anche pensato di non concedere l’autorizzazione per il 14 di Febbraio. Paradossale, certo, ma le autorità iraniane di fronte ai paradossi provano poco imbarazzo, sapendo che la posta in gioco è assai più importante.

La cosa succede da mesi; l’opposizione cerca in ogni modo di trovare un pretesto per portare la gente in piazza, che sia l’Ashura, anniversari della rivoluzione, o 14 di Febbraio…, come un motore d’avviamento di una rivolta più grande.

Da un certo punto di vista, il malcontento della gente è ampiamente manifestato telematicamente e nei passaparola. E le autorità sanno che se parte una manifestazione (quelle iraniane dopo le elezioni di Giugno 2009 erano numericamente più imponenti di quelle egiziane) c’è il rischio di innescare qualcosa di difficile da fermare, a meno di ulteriori stragi.

Molti siti, che apparentemente si rifanno ai movimenti verdi (jonbesh-e Sabz), stanno diffondendo continue notizie sugli sviluppi di una possibile protesta.

Come vedete le ipotesi sono all’ordine del giorno.

Inter alia, uomini vicino a Mousavi hanno ribadito che nonostante non ci sia il permesso di manifestare, “calls for protests by Mousavi and fellow Green Movement leader Mahdi Karroubi are “serious” and that “there are no plans to call off” the planned march on 14 February” (qui).

Riporto qui un estratto breve del testo:

Amir-Arjomandi who headed Mousavi’s legal committee during the 2009 presidential election, argued that recent freedom and pro-democracy movements in Iran and the Arab World had a mutual impact on each other. “The impact of freedom-seeking and anti-dictatorial movements on each other is mutual. Just as the experience of the Green Movement, the broadcast of news and pictures from the people’s will and the tyrants’ treatment of the people in Iran had an impact on the seekers of freedom in Egypt and Tunisia, the movements of the region also tend to have an effect on us too.”

Karrubi è stato messo agli arresti domiciliari e ha la possibilità di essere visitato solo dalla moglie Rahnavard.

Un altro sito affronta il tema ricorrente dei basiji pagati per intervenire “volontariamente” a contenere e sopprimere ogni forma di manifestazione.

Ovviamente si fa riferimento a pagamenti e simili per i volontari. (qui in farsi).

Da tenere presente alcune cose:

in Iran il dissenso è ampio, ma anche le forme di organizzazione dello Stato per reprimere il dissenso sono molto ben organizzate.

Anche su internet entrambe le parti sono molto ben equipaggiate, per chi non lo sapesse l’Iran ha sì molti blogger e studenti informaticamente letterati, ma anche l’arma dei Pasdaran ha sezioni specializzate sul controllo telematico e informatico del paese, (for instance: qui).

E poi in Iran il rischio di una quasi guerra civile sarebbe molto alto. L’esercito è lo stato-governo sono istituzioni quasi overlapped al momento, transizioni all’egiziana non sono possibili, la lotta iraniana è anti-ideologica e contro tutta una categoria governativa ampissima, e anche anti-pasdaran, notoriamente una forza grande numericamente, potente materialmente).

Quindi, non basteranno 18 giorni…

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Sull’onda del successo (speriamo/e per adesso…) dei manifestanti egiziani e tunisini, l’opposizione iraniana ha indetto una manifestazione di solidarietà ai manifestanti in questi due paesi. La mossa è non molto implicitamente una strategia per manifestare in favore della democrazia e delle riforme. I toni, poi, acquistano le sfumature del paradossale, perché...