Allahu akbar (الله  أكبر) letteralmente significa “Iddio è il più grande”.

Iddio, e non dio, perché questa parola è – dal punto di vista linguistico – un peculiarissimo agglutinarsi dell’articolo determinativo al (ال) e della parola ilah (إله), “dio, divinità”.

La qual cosa è sottintesa nella shahada, ovvero la professione di fede dei musulmani, in cui si dice: la [non c’è] ilah(a) [una divinità] illa [se non] allah [iddio], che non è uno scioglilingua bensì una frase che letteralmente suonerebbe: “non c’è dio se non iddio” e che potremmo rendere con un “non c’è altro dio all’infuori di Allah”.

Il dio musulmano è “la divinità”, l’unica esistente e la parola usata per indicarlo ce lo ricorda benissimo.

Potremmo darne una spiegazione storica molto stringata: l’islam nasce in un ambiente principalmente politeista e afferma il monoteismo con una forza prima sconosciuta anche in rapporto alle altre due religioni abramitiche: non è uno e trino, fra lui e gli uomini non c’è una mediazione come avviene nei cristiani attraverso Cristo, non c’è un dialogo – dio parla con i profeti – come avviene nell’ebraismo con qualche membro del “popolo eletto”.

Il ché ci porta alla seconda parola della frase: akbar.

Akbar è il superlativo di kabir, grande.

Il verbo essere in arabo al presente non si mette. Quindi: Iddio è il più grande.

L’operazione di dire allahu akbar in arabo si definisce con una parola: takbir, che letteralmente vorrebbe dire “rendere grande, ingrandire”.

Ora. Possiamo tradurre allahu akbar come “dio è grande” o “allah è grande” ma dobbiamo tener conto che questa è una approssimazione, non del tutto peregrina ma un’approssimazione.

In particolare non registra un dato che appartiene nel profondo all’islam: l’affermazione della definitiva unicità del dio musulmano, della sua “solitudine”, della sua ineluttabile superiorità alla quale il musulmano si abbandona o, se volete, si sottomette.

L’espressione si usa in apertura e chiusura dell’invito alla preghiera, viene ripetuta dai muezzin moltissime volte al giorno.

Si usa nelle situazioni più diverse e appartiene a tutti i musulmani così come, ad esempio, la bandiera italiana appartiene a tutti gli italiani (anche a quelli che ci sputano sopra).

Certo, qualcuno può usare questa espressione per sottolineare la radice religiosa di un gesto che compie, ma molto più spesso “allahu akbar” rappresenta un’invocazione generica, una sorta di “monito” automatico che un musulmano qualsiasi, anche il meno solerte, inserisce nel suo modo di parlare da quando è nato.

Un’invocazione, molto simile – se non per le tue radici teologiche – al nostro “oh dio”.

La usavano anche i manifestanti di Sidi Bouzid il 18 dicembre scorso, ma a nessuno è venuto in mente di dire che la rivolta tunisina avesse radici “religiose”.

Lo dicevano a piazza Tahrir, in Egitto, molto spesso.

Lo dicono continuamente gli insorti di Brega, Libia, nel servizio di Corrado Formigli ad Annozero.

Loro, in particolare, hanno un motivo in più per dirlo: il loro inno nazionale si intitola “Allahu akbar”.

E se leggete il testo dell’inno capirete che forse gli insorti dicono “allahu akbar” molto spesso perché vogliono riappropriarsi del loro caro vecchio modo di dire che Gheddafi ha scippato loro appropriandosi del “discorso nazionale”.

Così come io, ai tempi di Forza Italia, avrei voluto dire “forza Italia” durante una partita della nazionale di calcio senza dover per forza citare – in automatico – il partito di Berlusconi.

In conclusione: qualsiasi illazione sull'”estremismo religioso” della rivolta libica basata sul fatto che la gente dice continuamente “allahu akbar” è – come posso definirla? – una vera cazzata.

Ed ora cito titolo e sottotitolo del “Post” sul servizio di Formigli:

Le immagini di Brega ad Annozero

Il servizio di Corrado Formigli sulla presenza del fondamentalismo islamico nella rivolta libica

Bella prova.

Sulla vicenda degli alqaidisti e di altri jihadisti (più o meno takfiri) in Libia leggi invece: Gheddafi e la polpetta avvelenata.

[Leggete i commenti, mi si contesta di aver criticato Il Post ma non Formigli. A me la critica al servizio di Formigli sembrava scontata] https://in30secondi.altervista.org/wp-content/uploads/2011/03/libya-flag.jpghttps://in30secondi.altervista.org/wp-content/uploads/2011/03/libya-flag-150x150.jpgLorenzo DeclichIn fiamme2011.02.17,allahu akbar,divinità,inno nazionale,islam,libia,moammar gheddafi,rivolta
Allahu akbar (الله  أكبر) letteralmente significa 'Iddio è il più grande'. Iddio, e non dio, perché questa parola è - dal punto di vista linguistico - un peculiarissimo agglutinarsi dell'articolo determinativo al (ال) e della parola ilah (إله), 'dio, divinità'. La qual cosa è sottintesa nella shahada, ovvero la professione di...